«L’onestà è lodata da tutti, ma muore di freddo» diceva Giovenale. O di caldo, come nel caso delle terre del dott. Guglielmo Facchini in contrada Cagnara, che, in tre atti intimidatori avvenuti in anni diversi, sono state bruciate da incendi dolosi a causa del suo essersi schierato contro alcune ingiustizie ed illegalità della criminalità istituzionale, bloccando il progetto delle opere illecite di mitigazione idraulica del Terzo Pip e della zona ASI e gli appalti che sarebbero finiti nelle mani della criminalità istituzionale e organizzata del Terzo Pip e del Porto di Molfetta. Il primo incendio doloso avvenne il 26 novembre del 2017: nonostante l’obiettivo fosse che tutto prendesse fuoco, il risultato fu che le terre di campagna ne uscirono indenni; a bruciare furono solo un’automobile ed alcuni alberi. Il secondo tentativo ci fu l’11 luglio del 2018, quando furono bruciati pochi metri quadri degli appezzamenti. L’ultimo, invece, è datato al 21 giugno del 2019, data in cui fu dato fuoco al composto biologico infungato che funge da concime biologico. Circa 300 alberi di ulivo piantati da alcuni anni e oltre 100 alberi secolari e monumentali sono andati completamente bruciati, oltre a tutto l’impianto di irrigazione di quei terreni e le cui vittime collaterali furono gli alberi delle terre dei vicini. «È vietato costruire sulle Lame di Molfetta della zona ASI e PIP, annoverate tutte negli elenchi delle acque pubbliche da oltre 117 anni. Elenchi custoditi e protetti dalle leggi del codice delle acque pubbliche vigenti – dice Facchini -. Io mi sono battuto per sottolineare l’inedificabilità della ZES, perché sarebbe come costruire nell’alveo della corrente delle acque del Po o del Tevere o di un qualsiasi altro fiume di Italia in piena o in secca che sia. Farlo, vuol dire violare molte leggi del codice civile e alcune del codice penale in uso oggi, oltre che quelle elencate nelle oltre 1500 pagine del codice delle acque pubbliche in vigore. Lama Scorbeto che attraversa tutto il III PIP, è un affluente di Lama Marcinase, come pure Canale Savorrelli e Lama dell’Aglio che attraversano la zona ASI. Tutte affluenti di Lama Marcinase e tutte acque pubbliche, annoverate negli elenchi in vigore ed in uso. Lo stesso discorso vale per il Porto di Molfetta, a cui non giova certo il cantiere continuo dietro cui si cela la scorrettezza del fatto che esso stesso sia stato costruito su un deposito di bombe noto alla amministrazione locale e nell’area del “Parco Nazionale della Poseidonia Oceanica San Vito di Barletta”, sito SIC, cioè sito di interesse della Comunità Europea, la cui area comprende anche parte di tutto il porto di Molfetta. Il progetto che le amministrazioni succedutesi portano avanti è clamorosamente errato. Non tiene conto della direzione delle correnti marine ben note alla nostra marineria da generazioni, che lo spazzeranno via appena terminato. Esso porterà, se ultimato, alla distruzione del vecchio porto sottoposto a vincolo dalla soprintendenza. Per questo motivo i pescherecci sbattono contro i moli e la Tramontana sta spazzando via la diga foranea appena iniziata. Figuriamoci una volta terminata! Il nostro Porto storico non avrà lunga vita se non si correggono gli errori di questa progettazione». Facchini paga il prezzo delle sue battaglie contro l’illegalità diffusa a Molfetta, un problema che viene ignorato da alcune forze politiche conniventi, facendo rafforzare il timore che la criminalità organizzata e quella istituzionale a Molfetta abbiano messo radici, anche se questo non si vuole ammettere. Le forze dell’ordine, probabilmente, stanno indagando su alcuni attentati e segnali di impronta mafiosa che hanno avuto come vittime alcuni cittadini. Facchini, comunque, non si arrende, né si fa intimidire, continua a lanciare l’allarme criminalità e continuerà le sue battaglie contro l’illegalità, per evitare che la malavita possa infiltrarsi negli appalti per le opere pubbliche o che possa orientare la politica verso interessi illeciti. Altro fattore di rischio di infiltrazione criminale è quello delle opere di mitigazione idraulica. Qui il Dott. Facchini fa riferimento a un documento diffuso dai proprietari dei suoli per sottolineare la pericolosità di questi interventi: Progetto opere di mitigazione rischio idraulico Comune di Molfetta Denunciati i proponenti. «Ricevo l’incarico – dice Facchini - di inoltrare il presente comunicato stampa in qualità di portavoce dei proprietari dei terreni interessati dal progetto delle opere di mitigazione idraulica del Comune di Molfetta. Il progetto presentato dal Comune di Molfetta alle autorità regionali è errato: non mette in sicurezza il territorio che dovrebbe proteggere. Le autorità regionali lo hanno ribadito più volte. Ma alcuni amministratori locali, per favorire i soliti pochi, avrebbero ignorato la prescrizione della AdB, e usando relazioni posticce di comodo, da loro stessi elaborate, senza averne la minima competenza tecnica in materia, goffamente, si ostinano a portarlo avanti con scuse che tecnicamente non stanno in piedi. L’Autorità di Bacino ha auspicato di portare avanti il progetto presentato da un privato in collaborazione con il Comune, affinché lo scempio finisca, e, in concerto col progetto privato, il Comune di Molfetta, possa, giungere ad un elaborato valido che riesca veramente a mettere in sicurezza il nostro territorio senza stuprarlo nel rispetto delle leggi e senza spendere cifre da capogiro. Il progetto privato, è in linea con le leggi vigenti a differenza di quello comunale. Il progetto presentato dal privato, oltre ad aver avuto il benestare delle autorità sovra ordinate al Comune di Molfetta costa sei milioni di euro. Il progetto errato del Comune di Molfetta 26 milioni di euro. Tanto è bastato per preferirlo a quello dei privati. Il progetto privato, nel rispetto di tutte le leggi previste dal codice delle acque pubbliche, arricchisce la falda sotterranea, conserva il paesaggio che rimane completamente intatto, favorisce l’infiltrazione delle acque da qualsiasi evento alluvionale, eccezionale che sia, ecc. Il progetto pubblico fa l’esatto contrario: viola tutte le leggi del codice delle acque pubbliche, impoverisce le falde sotterrane, stupra il paesaggio, blocca l’infiltrazione delle acque. E’ studiato apposta per far spendere molti altri denari oltre ai 26 milioni previsti. Esso deve mettere mano ad attraversare la condotta del gas dell’ENI, la strada statale sedici bis, la ferrovia statale, la statale sedici, l’impianto di affinamento delle acque reflue, e, dulcis in fundo, sfregiando il territorio dopo aver devastato centinaia di ettari e svellendo migliaia di ulivi secolari e monumentali, sbocca con in area Sic, sito di interesse comunitario! Il progetto privato non fa niente di tutto questo, ma mette in sicurezza tutto il territorio di Molfetta: dal confine dell’agro del Comune di Bisceglie fino al confine dell’agro del comune di Giovinazzo, zona ASI, PIP, area urbana, tutto il territorio insomma. Quello del Comune di Molfetta interessa solo la zona ASI e PIP, per tutto il resto delle aree i cittadini di Molfetta possono anche morire affogati. Anziché collaborare con il progetto presentato dal privato, come auspicato dalla autorità sovra ordinate al Comune di Molfetta, cioè la AdB (Autorità di Bacino che è una autorità a sovranità inter regionale), il Comune di Molfetta, scarta il progetto presentato da privati. A titolo di esempio, basti questo: arriva, ad affermare tra le tante invenzioni, che l’area delle vore, cioè gli inghiottitoi previsti nel progetto privato per smaltire le piene degli eventi di pioggia, hanno un diametro non sufficiente per assorbire l’acqua delle piene! Esiste nell’alveo di Lama Scorbeto, analoga vora scavata dall’uomo già dagli anni Cinquanta! Questa ha inghiottito l’intero flusso delle disastrose ondate di piene del 56 , del 67 e quella piccolissima del luglio 2017. A valle non vi era presenza di una sola goccia di acqua, lasciando intatta ed in sicurezza l’intero percorso della Lama Scorbeto fino al suo naturale sbocco al mare. La società Arké non è nuova al trovarsi di fronte a tali opere dell’uomo. Chiamata a progettare opere di mitigazione idraulica nel Comune di Copertino, si è trovata di fronte a diverse vore scavate dall’uomo molti decenni precedenti, nell’alveo della lama nella quale doveva costruire canaloni, in contrada San Isidoro. Ha presentato al Comune di Copertino progetto alternativo preferendo l’uso delle vore già esistenti, e anche quello dei canaloni. Il Comune di Copertino ha scelto di mandare avanti le efficacissime vore lì dove e come erano, bocciando i canaloni. Inoltre Lama Scorbeto è nel tratto del III PIP, una lama il cui alveo è a rimodellamento rapido, il che vuol dire che non sappiamo mai in ogni singolo evento di piena, che direzione prenderà l’acqua. Potremmo assistere al 99% di probabilità, allo scorrere di tutta l’acqua in un canale naturale parallelo al canalone che la società progettatrice ha in animo di costruire illecitamente. Infine si va a costruire un canalone in piena campagna, dove ora non c’è nulla e dove, solo successivamente si costruiranno chilometri di strade, sbarramenti, capannoni industriali, venendosi a creare una area di pericolosità idraulica nuova totalmente diversa dalla attuale, mandando così a farsi benedire l’opera dei canaloni progettata da loro oggi, perché non più idonea. Alla luce dei fatti, i proprietari dei suoli soggetti ad esproprio dal progetto comunale, in diverse sedi di giustizia, locali, nazionali, hanno presentato denuncia querela con richiesta di punizione per i responsabili di cotanto scempio, per tutti i reati ravvisabili da loro volutamente commessi in questa vicenda di approvazione del loro progetto, che vede lo stesso teatrino di sempre su tutto il territorio nazionale: il trionfo dello spreco di denaro pubblico con un insostenibile indebitamento dei cittadini, la distruzione del territorio e dell’intero pianeta. Il portavoce dei proprietari dei suoli soggetti a esproprio per presunte opere di utilità pubblica, Guglielmo Facchini». © Riproduzione riservata