Guardia costiera e tutela del consumatore sui prodotti ittici
Il comparto della pesca marittima e dell’acquacoltura è un settore produttivo di difficile lettura ai non addetti ai lavori ma che riveste, con la sua complessa filiera, un importante ruolo economico per il Paese. Gli intensi e profondi cambiamenti orientati alla crescita sostenibile, all’innovazione ed al potenziamento delle professionalità degli operatori non possono prescindere da una stretta sinergia con gli organismi di controllo chiamati a garantire la legalità ed il rispetto dei vincoli normativi. In quest’ottica, il Comando Generale delle capitanerie di porto – Guardia costiera ha operato in stretta sinergia con i vertici ministeriali per l’implementazione della disciplina di settore e con la presenza capillare sul territorio del personale del Corpo ha supportato il ceto peschereccio, gli operatori del settore e le associazioni di categoria nel transito verso questa nuova fase. Alle azioni di ausilio e prevenzione si affiancano ogni giorno le attività di verifica e controllo, su tutto il territorio nazionale, durante tutto l’anno per scongiurare e reprimere eventuali fenomeni di illegalità. Di questo e molto altro si è parlato durante l’incontro – Il Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera e la tutela del consumatore: qualità e tracciabilità, dei prodotti ittici – organizzato dal Rotary Club di Molfetta presso il consueto Hotel Garden. Ad introdurre la serata il presidente del Club di Molfetta, Gen. Michele Catalano, che ha introdotto il relatore Capitano di Vascello, Attilio Maria Daconto che ha affrontato un problema all’ordine del giorno per una cittadina costiera come Molfetta, partendo dalla normativa che regolamenta il settore in materia di qualità e tracciabilità dei prodotti ittici. A tal proposito Daconto ha spiegato che oggi in Italia opera il Centro Controllo Nazionale Pesca (CCNP) – costituito con il DPR 9 ottobre 1998 n. 424 – il quale compito prioritario è la sorveglianza sullo sforzo di pesca e sulle attività economiche connesse, attraverso l’ausilio di strutture periferiche presenti presso ciascuna delle 15 Direzioni Marittime denominate Centro di Controllo Area Pesca (CCAP). Detta attività si espleta nei confronti dei pescherecci italiani (a prescindere dalle acque nelle quali essi operano o dal porto in cui fanno scalo) e nei confronti delle unità da pesca battenti bandiera estera, qualora operino in acque sottoposte alla giurisdizione nazionale. Questi organismi operano su diversi fronti. In primis sui controlli a bordo con la finalità di vigilare sulla pesca a strascico illegale sotto costa (spesso praticata a luci spente) e sulla misurazione delle maglie delle reti utili a supportare questa tipologia di pesca. Chiaramente nella categoria rientrano anche i controlli a terra effettuati per esempio sui ricci per evitare che siano frutto di una attività illegale e sui datteri, la cui pesca provoca un importante danno all’ecosistema marino. E ancora. Altra prerogativa è la tutela degli stock ittici nonché del consumatore attraverso i controlli a tappeto eseguiti a bordo dei pescherecci, nei magazzini dove il pesce viene depositato temporaneamente e nei ristoranti. Qui il l’accertamento viene eseguito non solo sulla taglia del pescato ma soprattutto sulle condizioni di conservazione dei prodotti ittici. A seguito di queste verifiche – come ha spiegato il capitano Daconto – diversi sono gli illeciti più diffusi. Primo fa tutti, la frode in commercio che consiste nello spacciare prodotti allevati per pescati, congelati per freschi oppure pregiati con altri somiglianti ma di minor valore economico. Non mancano casi di pubblicità ingannevole, depositi abusivi maltenuti, illeciti riguardanti la mancanza della documentazione sanitaria e sullo stato di conservazione del pescato. Dunque come può difendersi un consumatore? Di fondamentale importanza e utilità è di certo leggere l’etichetta che traccia il prodotto dalla cattura sino alla sua commercializzazione. © Riproduzione riservata
Autore: Angelica Vecchio