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Giovanni Salvemini e Le Ali della luce
15 ottobre 2018

L’uomo “vive la magica avventura negli spazi interplanetari come un novello Ulisse alla ricerca della sua origine e di mondi lontani e sconosciuti”. Questa Riflessione, posta a conclusione del volume Le ali della luce del molfettese Giovanni Salvemini, ne illumina l’intenzione, rendendo ragione dell’atteggiamento di incanto dinanzi alle bellezze del creato, evidente nella silloge. La nuova raccolta di Salvemini è stata pubblicata dalle edizioni Fos nel febbraio 2018 e presentata nel mese di settembre, con l’Aneb (associazione educatori benemeriti), diretta dal preside Michele Laudadio. Sono intervenuti per l’occasione Angela De Leo, prefatrice del volume, Michela Annese, in qualità di sensibile lettrice, e la pittrice Marisa Carabellese. Quest’ultima è artefice degli splendidi dipinti in copertina e sul retro, il primo, in particolar modo, connotato da un senso della spazialità e da una tensione all’infinito di grande suggestione e forza evocativa. Accanto alla lucida prefazione della scrittrice De Leo, il volume presenta anche altri scritti critici, tra cui un contributo del prof. Onofrio Antonio Ragno. La cifra della poesia di Salvemini, a nostro avviso, risiede nello stupore panico che coglie l’autore al cospetto dello spettacolo cosmico. Prevalgono, infatti, testi che muovono dalla contemplazione della natura, con una predilezione particolare per la stagione autunnale, cara all’io lirico. “Amo / questo inizio di stagione / dall’aria fresca / che odora di mosto / e splende di colori”. Ciò avviene forse perché il fascino dell’autunno, che nella visione esistenziale di Salvemini assume un chiaro valore allegorico, è legato al suo ritmo melanconico e suadente, così simile alla vita, nella quale, persino nelle stagioni amare, non cessano mai di affiorare nuove promesse. Promesse, sogni che si proiettano sullo schermo di un orizzonte che lo scrittore si scopre a contemplare con incanto sempre nuovo, proprio perché anima pura, limpida, che si emoziona allo sbocciare di un fiore, in quanto ne coglie la valenza miracolosa. In un ritmo analogico costante, il poeta pone in relazione l’esistere dell’uomo con la vita degli alberi, delle piante, con le evoluzioni del sole stesso e il brillare degli astri. Nel corpo adolescente dei nipoti scorre una “forza vitale” fresca come linfa nella loro primavera, l’amata è un fiore splendente sul “prato dell’amore”. La vita stessa è “verde prato”, è “rosa”. Il fatto che i suoi petali si allontanino per effetto di folate di vento non ne intacca l’armonia. Il ritmo ascendente della natura è grazia per gli uomini. Certo, per tutti giungeranno “i cavalieri della sera”, ma forse “l’arco inaccessibile del cielo” con i suoi “azzurri notturni” è presagio di speranza e non di oscuro annientamento. Anzi, la notte è il tempo del libero spaziare del cuore, come leggiamo nella lirica La notte silente. È una poesia, quella di Salvemini, che ha le corde del misticismo, senza ricercare particolari bellurie letterarie perché si fa dono ed effusione del cuore, mentre “L’animo / si schiude ai sogni”. © Riproduzione riservata

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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