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Giorno della Memoria: il 30 gennaio il Parlamento Regionale dei Giovani ricorda i militari pugliesi internati (1943-45)
27 gennaio 2012
BARI -
Lunedì 30 gennaio, alle ore 11, nell'aula consiliare in via Giuseppe Capruzzi 204, Bari, il Parlamento Regionale dei Giovani, in collaborazione con il Consiglio Regionale (Servizio Biblioteca e Comunicazione - Teca del Mediterraneo) e Ipsaic (Istituto per la storia dell'Antifascismo e dell'Italia Contemporanea), celebra il Giorno della Memoria.
L'iniziativa intende ricordare i militari pugliesi internati (IMI) nei lager tedeschi dal 1943-45, attraverso la presentazione dei volumi e delle memorie di Carla Giacomozzi, Nuccio Carriero, Vitoronzo Pastore, Luigi Di Cuonzo, Dionisio Altamura, Matteo Fantasia.
Dopo i saluti del Presidente del Consiglio Regionale, Onofrio Introna, i lavori saranno introdotti dal prof. Vito Antonio Leuzzi, direttore Ipsaic. Seguirà un breve intervento di Giorgio Salamanna, internato nel Campo di Concentramento di Zemun (Belgrado).
L'incontro è aperto al pubblico, agli studenti e ai rappresentanti delle associazioni partigiane.
L'appuntamento è per lunedì, 30 gennaio, ore 11, aula Consiliare (Via G. Capruzzi 204 - Bari) - Per informazioni 080.540.27.12 -
antifascismo@bcr.puglia.it
-
www.consiglio.puglia.it
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Greatest Generations - Tink Tank
27 Gennaio 2012 alle ore 16:42:00
Da ricordare per non dimenticare: la dignità dell'uomo. La testimonianza di un ex internato. Non “prigionieri di guerra”, ma “internati militari” (Italienische Militàr-Internierten) furono definiti dai tedeschi i soldati Italiani catturati in territorio metropolitano e sui fronti di guerra nel settembre 1943, dopo la proclamazione dell'armistizio. Così volle Hitler sia per vendicarsi degli italiani colpevoli (a suo dire) di essere venuti meno al patto di alleanza, sia per sottrarre questi internati al controllo e all'assistenza degli organi internazionali previsti dalla Convenzione di Ginevra del 1928. Seicentomila uomini, ufficiali, sottufficiali, soldati, medici, cappellani militari, chiusi nei carri ferroviari e trasferiti nei campi della Polonia e della Germania a languire di inedia o a lavorare come schiavi nelle miniere e nelle fabbriche belliche. “Finita la guerra - si legge nella presentazione del libro “Resistenza senz'armi” pubblicato nel 1984 a cura della Associazione nazionale ex internati - , su questa immensa tragedia calò un inesplicabile silenzio. Parve che nella coscienza nazionale fosse avvenuta una sorta di freudiana rimozione dell'evento”. Eppure furono proprio questi uomini separati dalla patria, senza alcun conforto e difesa che non quella della propria coscienza, che dettero prova di vero coraggio e di alta moralità, resistendo alle lusinghe e alle promesse fatte loro dagli emissari del restaurato governo fascista. Alla offerta di essere ricondotti in Italia sesi fossero impegnati a collaborare coi tedeschi e coi fascisti, essi opposero, a grande maggioranza, il loro NO. Fu un atto volontario e consapevole, che molti di loro (40.000 circa) pagarono con la vita. “Il nemico poteva circondarli di filo spinato, minacciarli dalle torrette, tormentarli con la fame, col freddo, opprimerli in mille modi, ma esisteva uno spazio in cui la LIBERTA' restava inviolabile e riscattava la dignità della vita”. “Rinasceva l'UOMO e ne era espressione quel NO che creava una prima linea politica”. Ma in Italia fu presto calato il sipario sulla loro vicenda, calato il sipario sul dramma della resa di un intero esercito, sulle responsabilità dell'internamento di tanti militari caduti in mano tedesca. “E l'amara odissea dei 60.000 fu sepolta negli archivi dei distretti militari”. Il NO che rifiutava la firma e respingeva l'offerta di una LIBERTA' condizionata fu la prima manifestazione politica dei militari ITALIANI”.
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