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Gente buona ed educata
15 marzo 2010

È freschissima di stampa la riedizione del saggio di Marco Ignazio de Santis “Molfetta nella descrizione dei viaggiatori del Settecento e la vicenda della nitriera borbonica al Pulo”, apparso per la prima volta nel lontano 1983 nel quaderno n. 4 dell’Archivio Diocesano di Molfetta. In realtà il volume, edito da “La Nuova Mezzina” di Molfetta e dedicato alla memoria di Angelo Alfonso Mezzina, si presenta come un prodotto del tutto originale, sia per le sostanziose integrazioni al testo, sia per la nuova veste tipografi ca ed iconografi ca, dovuta a Pasquale Modugno, che può considerarsi a buon diritto co-autore del lavoro, e sulla quale torneremo. Negli ultimi anni la bibliografi a sul Grand Tour settecentesco si è arricchita di pregevoli contributi, tra i quali soprattutto quelli di Cesare De Seta, Attilio Brilli e Atanasio Mozzillo. Sono stati pubblicati alcuni diari, rimasti inediti per oltre due secoli, e a lungo considerati immeritevoli di pubblicazione. In questa temperie di studi sono state confermate le motivazioni di fondo che spinsero in quel secolo inglesi, francesi e tedeschi al viaggio in Italia e cioè una generale curiosità del “diverso mediterraneo”, inteso in senso latamente climatico- antropologico, e la riscoperta dell’immenso patrimonio artistico che, soprattutto nella parte meridionale della penisola, risaliva all’antichità greco-romana. Ma vi è un altro fattore che connota più o meno esplicitamente queste testimonianze e che le pervade tutte, pur nella ovvia varietà delle singole personalità. È quello che potremmo defi - nire lo “spirito dei tempi” settecentesco, e che è di schietta derivazione empirista ed illuminista. La consapevolezza che alla diversità di leggi, di costumi, di lingue, soggiace sempre una identica morale naturale; il rifi uto dei pregiudizi e della superstizione; la fi ducia che la conoscenza, la cultura, il sapere scientifi co, possano eliminare le soff erenze e promuovere migliori condizioni di vita per tutti. Insomma la persuasione che a fondamento della felicità umana non vi sia altro che l’“accecante sole dai mille raggi”: la Ragione. Intendiamoci: i viaggiatori che d’Oltralpe vengono in Puglia sono tutti ricchi borghesi, o nobili rampolli d’antichi lignaggi; indubbiamente, dietro la benevolenza, la comprensione, la tolleranza si nasconde una superiorità di classe che resta momentaneamente in ombra solo perché le contraddizioni sociali (si possono ancora pronunciare queste parole o un Decreto Legge le ha vietate?!) non sono ancora mature, e l’ingenua fi ducia illuministica nel Progresso ha ancora una funzione progressiva. La Rivoluzione Francese e la Restaurazione si incaricheranno di fare chiarezza e, come ebbe a dire Marx, di far scendere la Ragione “dal cielo sulle barricate”. Nella silloge di Marco Ignazio de Santis, i motivi su accennati sono ovviamente nascosti nelle pieghe dei pochi cenni che i viaggiatori riservano alla nostra città: eppure non possono sfuggire ad una attenta lettura. Il barone francese Dominque de Nonne, nell’aprile del 1778, nota l’aspetto “magnifi co e ben pasciuto” dei molfettesi, che hanno “il buon senso di riconoscere la bontà del paese che li ospita e di sentirsene contenti”. Nel marzo del 1788 il matematico tedesco Eberhardt Zimmermann, uno dei numerosi visitatori del Pulo e della sua nitriera, a proposito del nitro e del suo impiego bellico come componente della polvere da sparo, aff erma che esso è “sciaguratamente divenuto di prima necessità”. La storia della dolina carsica, che suscitò per oltre vent’anni interesse e polemiche all’interno e fuori del Regno, e che richiamò nella nostra città numerosi scienziati, è peraltro una vicenda di schietto stampo illuministico, nella misura in cui attira in una sperduta cittadina di Puglia un cosmopolita gruppo di viaggiatori, ugualmente appassionati della ricerca scientifi ca e delle sue possibili applicazioni pratiche. E che dire poi di Giuseppe Maria Galanti, e delle sue “Relazioni” sulle province del Regno? Il grande riformatore, discepolo del Genovesi, è a Molfetta nel marzo del 1791, ed in pochi tratti ne traccia un mirabile quadro socio-economico, denunciando i mali che l’ opprimono e additandone i rimedi. Una summa del pensiero illuminista napoletano, alla vigilia del tragico sommovimento del 1799. La lettura del volume si presta anche ad ulteriori considerazioni: ne citerò solo due. La prima concerne la strada che da Bisceglie conduce a Molfetta. Quasi tutti i nostri eroi rilevano il pessimo stato della carreggiata, che mette a dura prova la loro incolumità, ma anche la presenza, vicinissima, del mare, l’interminabile sequenza dei muri a secco laterali, la varietà delle colture. Ebbene, alla fi ne della lettura noi possiamo quasi “vedere” questa via costiera che sicuramente doveva essere molto bella. E vorrei ricordare anche gli acquerelli del pittore svizzero Louis Ducros, uno dei quali, del 4 aprile 1778, ritrae la nostra città da ponente con particolari assolutamente inediti. I quadri pugliesi dell’artista elvetico, che un libro recente ha pubblicato per intero, fi ssano scene della vita d’ogni giorno: ma questa è la realtà autentica della Puglia settecentesca, di grande spessore euristico, non quella già prefi guratasi nei programmi di altri pittori coevi. Anche Philipp Hackert ha dipinto i porti pugliesi: ma i suoi marinai sono in posa, mentre quelli di Ducros stanno “veramente” pescando. Accennavo all’inizio al progetto grafi co del volume, curato da Pasquale Modugno. Diciamo subito che esso susciterà contrastanti giudizi, ma questo non è certo il suo ultimo merito. L’atteggiamento del lettore che apre per la prima volta il volume, può essere paragonato ad un viaggiatore (restiamo in tema!) che, dopo aver visitato le facciate e gli interni delle nostre cattedrali romaniche, si trovasse d’improvviso di fronte ad una chiesa barocca leccese. Personalmente non riesco ancora a raccapezzarmi: ramarri che lambiscono mandorli in fi ore, gabbiani che volano sulla testa di Giuseppe Saverio Poli, sir Hamilton sprofonda in una grotta del Pulo, Claude Chatelet attende imperturbabile che la ghigliottina termidoriana gli tronchi la testa. Una fantasmagorica coloratissima abbondanza di immagini, scelta con una logica di mera accumulazione visiva, abbarbicata al testo quasi a soff ocarlo, e ad imporre la sua esuberanza. Non posso che congratularmi con gli autori, per un bel libro che testimonia la loro serietà di studiosi e il grande amore per Molfetta.

Autore: Ignazio Pansini
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