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Erika Cormio: la mia ala di riserva
15 dicembre 2011

Mi hanno chiesto di parlare di Lui. Mi hanno esortata a raccontare, narrare, come voce fuori dall’illustre coro che in questi tristi giorni si è espresso omaggiandone la persona, come Lui fosse e apparisse ai miei timidi e giovani occhi. Dovrei dunque tentare di trasfondere quel che i miei occhi oggi vedono e da sempre han visto? Ebbene, mi si appalesa complesso, se non impossibile, racchiudere in un questo breve testo quanto chiestomi, in quanto ogni parola o frase, per quanto corposa, inappuntabile e stringente, sarebbe ugualmente riduttiva e inesauribile... così come, del resto, era Lui. Tuttavia la commozione, l’orgoglio e l’ardore che provo ogniqualvolta, ultimamente, tratteggio la Sua immagine nella mia mente, mi sorreggono e spingono, benché vittima di un turbinio impetuoso di emozioni, a voler parlare di Lui. Non a caso disquisisco di commozione, ardore e orgoglio. Queste sono le parole che, almeno in parte, sovvengono con immediatezza. La commozione di una piccola ormai grande donna che ha vissuto sino alla “fi ne” l’affetto incondizionato di Suo nonno con l’ingenua, tenera e spassionata virulenza di una bambina. L’ardore di una donna che, crescendo sotto la Sua egida, ha imparato, poi ammirato cosa signifi casse affrontare la vita, in ogni sua sfaccettatura, con un’etica intrisa di passione, determinazione, prestanza, coraggio, discrezione e grande umiltà. L’orgoglio di una nipote che oggi sente ardente il desiderio di far risuonare a gran voce fra le fi la di questo scritto una sola esclamazione: “sono onorata di aver avuto un Nonno come Lui”. Racconto di Lui con versi forse prosaici, avvolti perfi no da un curioso spirito poetico; dettati e incitati da una reverenza, una stima, un rispetto che inspiegabilmente e dialetticamente sono morbosamente intersecati con un inenarrabile sentimento d’amore. Come spesso ho udito in questi giorni da coloro i quali hanno avuto il piacere di viverLo, Lui è stato “un maestro”, una guida. Lo è stato nella vita politica per i suoi “compagni” e per la sua tanto tenacemente difesa “classe proletaria” allo stesso modo in cui addirittura lo è stato per i suoi antagonisti. Lo è stato nella vita professionale con i suoi allievi, i suoi fedeli collaboratori e i suoi prediletti clienti. Lo è stato altresì nei suoi affetti, con Noi tutti amati familiari. Sotto la voce “ringraziamenti” al termine della stesura della mia tesi di laurea, così scrissi “Ringrazio mio Nonno Sandrino...al quale dedico la mia tesi. Lui è stata la mia ispirazione, il mio archetipo, il mio esempio. Lui è stato il mio mentore e il mio oracolo di saggezza...”. Ricordo ancora quel giorno quando, consegnandogli la tesi che avevo fatto appositamente rilegare per Lui, lesse la dedica. Si commosse e accennò un tenero e indimenticabile sorriso, intriso di felicità mista a soddisfazione, restringendo, come spesso faceva, i suoi enormi occhi azzurri. Il dott. Fiore degli “affetti” esiste ed io l’ho conosciuto, l’ho visto, l’ho sentito. Rimango tuttora meravigliata allorquando mi soffermo a pensare al mio vissuto con Lui, giungendo irrimediabilmente alla medesima conclusione che mi lascia, emozionata, altrettanto basita: io ho “vissuto” mio nonno. L’ho vissuto come Nonno, nella sua più nuda e fragile tenerezza, ma l’ho vissuto come “maestro”...nel mio percorso di studi, nel mio percorso formativo, nel mio percorso di vita. Ho avuto l’inaspettato privilegio di essere stata “una sua allieva”, nutrita, istruita e fomentata da bambina, da studentessa ma soprattutto da sua discepola. “La conoscenza rende liberi”, mi diceva sempre, con quel suo fare imperioso e sentenzioso. Mi pare di sentire la sua voce, mentre scrivo, penetrante, travolgente e avvolgente. Se da un lato ero la “piccina di nonno”, dall’altro ero “il suo futuro” da coltivare, da erudire costruendo un substrato e un sistema di valori, invisibile alla vista ma enormemente robusto al tatto. Sembrava avesse scelto di “investire su di me”. Il nostro era un rapporto che trascendeva dal comune. Ci piaceva, dopo le tanto attese partite e magari anche due “tiri di pallone”, trascorrere il pomeriggio delle domeniche a chiacchierare per ore. I suoi racconti viaggiavano nel tempo, nel suo tempo, ad una velocità quasi impercettibile. Mi raccontava delle sue splendide vicende, anzi battaglie politiche, dei suoi 53 anni di esperienze professionali, delle sue interminabili avventure di vita ed io rimanevo incantata ad ascoltarlo. C’era sempre e tanto da imparare da ogni singolo dettaglio, persino dal come e dal modo in cui parlava. Questa era la mia quotidianità con Lui. Non posso non ricordare, soprattutto negli ultimi anni, i lunghi discorsi fatti, seduti entrambi, come maestro - allieva, alla sua imponente scrivania, alla sua “cattedra”. Ogni momento, ogni attimo, ogni occasione era utile per confrontarci e interfacciarci su qualsiasi argomento, soprattutto di lavoro. Ebbene, potrei raccontare di un’infi nità di momenti vissuti insieme, i più vari, i più curiosi, i più amabili, i più strani, i più importanti. Eppure quel che mi colpisce ancora una volta è un unico pensiero: “io, dal basso della mia giovane età, parlo di momenti, di tanti momenti”. Io parlo di “vissuto”. Io parlo di una quotidianità a tutto tondo. A questo punto vedo la mia personale fortuna. L’averlo, nonostante la mia giovane età, vissuto, osservato, ascoltato, scrutato nella sua ordinaria (e mai lo era!) e straordinaria quotidianità è stata la mia vera fortuna. Ad oggi io posso parlar di Lui. Era realmente un “grande” tanto nella vita, quanto nel lavoro, quanto negli affetti. Era davvero, mi piace dire lo “è” ancora, “quell’attivista eterno” del suo caro amico N. Morgese, “quell’uomo vulcanico” di cui ha parlato l’affettuoso N. Mastropasqua..”un grande nonno e un grande uomo” per me. Parlo di Lui con affetto, con amore, con struggente pathos. Racconto e scrivo di Lui con gli occhi colmi di lacrime allorquando ricordo le volte in cui, con una incantevole e disarmante lacrima sul suo magnetico volto, mi diceva silenziosamente, con la voce rotta dal pianto, “ti voglio bene”. Il suo pensiero mi disarma allo stesso modo in cui mi ha sempre disarmata il suo imperioso e incontenibile entusiasmo, la sua inesauribile lena, il suo vigoroso e ciclopico modus vivendi, instancabile, indecifrabile e insormontabile. Come del pari altrettanto disarmante era la sua estrema sensibilità verso gli affetti e verso la vita, che lui tanto amava. Lui è il mio “gladiatore”, lo strenuo ed epico combattente che, primeggiando e duellando per tutta una vita, ha militato per le sue passioni, per i suoi ideali, per i suoi doveri, per i suoi sogni e... per la sua stessa vita. L’ho osservato lottare fi no alla fi ne, con la caparbia propria della sua persona, senza mai mollare, nemmeno laddove le sue forze lo stavano abbandonando. Lo sapeva, lo sentiva eppure ha continuato. Perché Lui amava tanto, molto, troppo la vita, per lasciarla. Il vuoto lasciato è incolmabile, incontenibile così come del resto era Lui. Dopo tutto gli artefi ci, e mi piace dire anche gli artisti, del nostro “destino”, se tale possa essere defi nito, siamo noi. E in realtà Lui ha dipinto e scolpito la sua vita ossequiandone il vero senso, vivendo ogni cosa con grande intensità e lealtà, lasciando così un ricordo, una traccia, un solco talmente profondo da rendere addirittura inaccettabile la sua assenza. La nobiltà d’animo, di sentimenti, di valori che racchiudeva contagiava ogni cosa Lui facesse. Solo un uomo così, dotato di cotanta grandezza di spirito, avrebbe potuto realizzare tutto quello che Lui è stato in grado di fare. “Proferisco” dunque di un Nonno speciale della… “mia ala di riserva... che insegnandomi a librare”, mi ha insegnato a vivere con onestà intellettuale, con trasparenza e lealtà umana, con serietà e giustizia morale. Ti ringrazio, Nonno per avermi insegnato il coraggio, la dedizione, la passione, il rispetto, la dignità, l’onestà, l’umiltà… per avermi insegnato a non mollare mai, a combattere per quel che si vuole, per quel che si è, per quel che si fa, per ciò in cui si crede… per avermi regalato il tuo impegno, la tua fi ducia, il tuo tempo, le tue energie… per aver creduto in me, sempre, e per avermi seguita, senza mai lasciarmi. Vivevi, vivi e vivrai... per sempre… con me. Con grande affetto, tua nipote

Autore: Erika Cormio
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