Era una signora Molfetta
Un tempo era una signora Molfetta. L’hanno deturpata. Non parlo della situazione del porto e degli impianti di depurazione su cui sono intervenuti con maggior competenza alcuni amici sulle pagine di questo giornale. Voglio parlare delle brutte cose che ogni giorno i cittadini vedono percorrendo la città e che nessuno denuncia. La nuova Molfetta deve saper dimostrare che qualcosa di nuovo sta avvenendo, che il Comitando sta proponendo un nuovo modo di vivere, di comunicare e di partecipare. Da tempo non vivo più in città, vivo in una villa dopo la Madonna delle rose, ma quando vengo in città vedo alcune cose che sono un pugno nello stomaco. Cominciamo da Via Baccarini, all’altezza del benzinaio prima del cinema Odeon, là dove si fermano a vendere i ricci. Da trent’anni esiste un baluardo di tufi, orribili a vedersi, messi là per nascondere il baratro che sta dietro e nessuno protesta nessuno dice niente. Quella strada era un strada di frantoi, ve ne erano tre ed in questo periodo (dicembre- gennaio) era un piacere percorrerla; sentivi l’odore dell’olio, le possenti ruote per la molitura che giravano tutta la notte e certe sere il canto degli operai che tentavano di scacciare la tristezza. Qualche volta mi invitavano a mangiare con loro i fagioli pestati con il pane, in una ciottola di legno. Sì ho avuto l’onore di essere invitato a mangiare con gli operai i fagioli pestati con il pane in una ciottola il legno, era il cibo degli dei. Lasciata via Baccarini di solito faccio il giro della villa comunale. Altre Brutture, altri ricordi. Palazzo Cappelluti, dove una volta stava il Circolo Goliardico che non ho mai frequentato (venne il ’68), ma altri più grandi di me, ci sono stati, hanno trascorso belle serate, hanno incontrato le donne della loro vita, stavano bene, erano felici. Mio fratello Tanino, Lucia de Palo, Vito Azzollini, Alberto Maggialetti, Lillino Di Gioia e tanti altri. Continuo il giro della villa e un altro pugno nello stomaco, là dove stava il teatro “La Fenice” di cui ha parlato Corrado Pappagallo nelle pagine di questo periodico. Poi arrivo al Borgo, la chiesa di Santo Stefano e di fronte l’ingresso di Molfetta vecchia. In passato ho proposto di farne una città universitaria, il Dams, una sezione staccata del Dams. Molti nostri giovani sono emigrati per studiare al Dams, professionalità che abbiamo cercato di valorizzare con il corto I lavoratori del mare e che sono confluiti nel gruppo Farfa. Proseguo, il porto, il famoso porto, il Palazzo del mio amico Vito Fontana che potrebbe diventare un Centro studi o come dicono un albergo, ma in completo decadimento e vogliono tre milioni di euro. Di fronte Palazzo Dogana. Proseguo e mi ritrovo la nuova Capitaneria di porto, orribile; richiama qualche costruzione del ventennio fascista. Mi dirigo al santuario della Madonna dei martiri e di fronte a Marechiaro, quelle baracche di fabbri; che cosa ci stanno a fare, archeologia industriale? Ma non è questo il senso del mio articolo. Il vero senso è la qualità della vita delle persone anziane e il mercato delle badanti che sta diventando un vero problema sociale. Molfetta è in vendita, anzi si svende. Ad ogni angolo c’è una agenzia immobiliare. Non sarebbe il caso di cominciare ad ipotizzare delle case alloggio per gli anziani? Mi risulta e colgo l’occasione per aprire un’inchiesta che le strutture esistenti per accogliere i diversamente abili sono Don Grittani, il Preventorio (Lega del Filo d’oro) e Padre Kolbe. Non si potrebbe inserire in un programma La nuova qualità della vita, la moltiplicazione di case alloggio per gli anziani come avviene in altre parti del nostro paese. Sarebbe anche una chance per i nostri giovani, ormai rassegnati all’emigrazione. Noi di Terre libere continueremo a lottare contro questa rapina delle risorse del Sud da parte delle multinazionali le cui sedi operative si trovano nel Nord del pianeta. Per questo stiamo pubblicando un libro Della Bellezza che vogliamo opporre alla volgarità espressa da alcuni protagonisti politici negli ultimi anni.