È così che è nata l'Onda
Sono arrivato a Roma il 28 settembre 2008 per seguire il corso di laurea specialistica in Fisica presso l'Università “La Sapienza”, per continuare a costruire, come ogni giorno, il mio futuro. Ignoravo totalmente, però, che solo un mese prima, il 6 agosto 2008, in piena estate, il governo della Repubblica italiana avesse messo in seria discussione quello stesso futuro che cercavo di costruire, convertendo nella legge 133/08 il decreto legge 122/08 “recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” ovvero un gigantesco calderone. Nel vecchio edificio di Fisica “Guglielmo Marconi” la gigantografia di Enrico Fermi ed i ragazzi di Via Panisperna, i numerosi strumenti scientifici in bacheca, la statua di Galilei e Milton e l'aula Amaldi gremita di studenti a lezione del Prof. Maiani manifestavano una quiete apparente: tutto ciò avrebbe fatto da scenario, di lì a poco, ad uno dei fulcri operativi della ormai nota mobilitazione studentesca. Dopo diversi incontri, un'assemblea partecipata da più di 400 studenti dà inizio all'informazione sulla legge 133 per quanto concerne l'Università: • 1441,5 milioni di euro di tagli indiscriminati al Fondo per il Finanziamento Ordinario dell'Università (F.F.O.) nell'arco di 5 anni; • per il triennio 2009-2011 le assunzioni e la stabilizzazione di personale a tempo indeterminato non deve superare il 20% delle unità cessate l'anno precedente. Per l'anno 2012 il tetto è del 50%; • nell'articolo 16 si stabilisce per le Università la facoltà di trasformarsi in fondazioni di diritto privato a seguito di una delibera, a maggioranza assoluta, del Senato accademico. Senza mezzi termini, l'Università pubblica è sotto attacco indiscriminato. Lunedì 13 ottobre un primo numeroso corteo della facoltà di scienze si snoda dentro e fuori dalla città universitaria riscuotendo gli applausi dei ricercatori precari dal vicino palazzo del CNR. Il giorno dopo tocca a Lettere e Filosofia, altro grande corteo e prime discordanti risposte dei presidi di facoltà alla richiesta degli studenti di bloccare la didattica. Arriva martedì 21 ottobre e, di comune intesa, gli studenti dell'intero ateneo si riuniscono in migliaia sulle scale del Rettorato (“sotto la Minerva” usano dire qui) chiedendo a gran voce al neo-rettore Luigi Frati il blocco dell'anno accademico. Occorre un segnale di forte dissenso “dall'alto” per dire no a questa legge; le parole del rettore sono ambigue, non si schiera apertamente, così la parola torna a noi studenti. L'incredibile folla riunita invoca un corteo di protesta: per la prima volta l'Onda esce dalla città Universitaria! Il corteo raggiunge il vicino ministero dell'economia, d'altronde non si tratta di una riforma, ma di tagli di natura puramente economica. Dopo innumerevoli cori e fischi di protesta sotto il ministero gli studenti sfruttano la risonanza e la visibilità della stazione termini, un gruppo isolato occupa alcuni binari, ma subito tutti tornano nelle rispettive facoltà per riunirsi in assemblea e decidere come andare avanti (diventerà questa la prassi adottata dal movimento). In serata vengono occupate le facoltà di Fisica, Lettere e Scienze politiche. Seguono a ruota Chimica ed alcune aule di ingegneria, giurisprudenza e filosofia. L'occupazione viene adottata come condizione sufficiente, forse non necessaria, per ampliare l'informazione e permettere la partecipazione di coloro che condividono la protesta ma, impegnati tra lezioni e laboratori, non possono prendervi parte. Le aule dei dipartimenti occupati diventano dei laboratori permanenti di informazione e confronto, nascono i primi gruppi di studio sulla legge, sui criteri che guidano l'Università, sui concorsi e sul reclutamento dei ricercatori, sui finanziamenti e sugli sprechi. Il fermento iniziale non si placa, “Questo è solo l'inizio!” diventa il ritornello giornaliero. Ogni giorno si susseguono assemblee di gestione e decisionali su come proseguire la protesta; finalmente si riuniscono ricercatori e dottorandi che si aggregano ai gruppi di studio. L'attività interna fa solo da base per le iniziative esterne, l'obiettivo è chiaro: far sentire la nostra voce al di fuori dei dipartimenti, chiedere il ritiro della legge 133/08 e proporre una seria riforma dell'Università dal “basso”, confrontandosi con chi l'Università pubblica la vive e la sostiene ogni giorno. Si alternano lezioni a Montecitorio ed in Piazza Farnese ad importanti seminari in dipartimento, la domenica la città universitaria apre le porte alle famiglie ed i bambini vengono intrattenuti con curiosi esperimenti fra palloncini perforati che non scoppiano e gigantesche bolle di sapone. Intanto cresce il consenso sia tra gli studenti sia tra i professori ed i ricercatori; il consiglio di facoltà di scienze approva il blocco della didattica per una settimana a partire da lunedì 27 ottobre. Vengono così programmate lezioni alternative in cui si affrontano le problematiche in gioco, si riuniscono i gruppi di studio e la viva voce dei ricercatori descrive l'eccellente attività di ricerca del dipartimento. Insomma, in una settimana, l'occupazione moltiplica i consensi e l'aula Amaldi diventa il nucleo operativo della protesta, nonché sala pranzo, cena e notte nel massimo dell'ordine e della pulizia. L'Onda anomala si apre ai vari strati della società, durante i cortei la gente che applaude dagli uffici aumenta ed il movimento si associa alla protesta degli studenti medi e dei sindacati della scuola contro il decreto Gelmini. Ciò che si combatte, infatti, è un'unica mentalità, che cerca di ridurre la molteplicità dei saperi, eliminare le coscienze critiche e depauperare la scuola e l'Università pubblica in favore di un assoggettamento del sapere ai privati ed alle imprese. La mobilitazione studentesca converge nel sit-in sotto il senato il 29 ottobre 2008, giorno dell'approvazione del decreto Gelmini sulla scuola. Il giorno successivo l'Onda non si ferma, gli studenti partecipano allo sciopero generale dei sindacati deviando, però, dalla piattaforma generale e convergendo autonomamente verso il Ministero della Pubblica Istruzione: centinaia di migliaia di studenti circondano il ministero e gridano forte il loro dissenso. Cori, fischi e fumogeni colorati: l'onda continua a presentarsi come non-violenta ed apartitica! Si ritorna nelle facoltà, qui nascono gruppi “fantasia” che propongono nuove forme di mobilitazione. C'è chi, senza più risorse, si spoglia di fronte al rettorato, chi corre per il centro in una maratona in cui simbolicamente uno su mille ce la fa e chi dà vita ad un grande e luminoso “NO 133” umano al Circo Massimo. L'Onda anomala è sempre più costante, originale e colorata! Il governo però non ascolta la piazza, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi invoca prima la polizia nelle Università per poi smentirsi subito, ci disegna via via come facinorosi, strumentalizzati e guida-ti da una sinistra scandalosa. I mass-media non ci aiutano, un corteo di migliaia di studenti ed un gazebo messo su da 20 persone per raccogliere firme pro-decreto Gelmini assumono lo stesso peso sulla bilancia truccata dei tg nazionali (nessuno escluso, ahimè). Ebbene, questo movimento non è costituito né da fannulloni né da facinorosi ma da normali studenti, gente laureata come me, dottorandi e ricercatori che chiedono semplicemente di avere un futuro, di poter esaudire i propri sogni, di avere un paese in cui la cultura ritorni al primo posto ed in cui “L'arte e la scienza siano liberi e libero ne sia l'insegnamento”(art. 33 della Costituzione), di non essere costretti a lasciare il paese che amano e di avere la possibilità di decidere del proprio futuro. Oggi tutto appare contro l'Onda, ma è nata una speranza in questi giorni, si è manifestata una coscienza politica senza pari per la nostra generazione e la cancellazione della legge 133 può essere solo il primo passo verso una società migliore di quella che ci vogliono imporre! Quando piove, durante i cortei, cantiamo forte “Acqua sull'onda, è solo acqua sull'onda” per cui non siamo intenzionati a fermarci. Partiamo già sconfitti, ma siamo tanti ed aumenteremo; non abbiamo futuro per cui non abbiamo paura! Questa grande prova di dignità umana, civile e politica andrà avanti. D'altronde, utilizzando le parole del poeta Ezra Pound, citate recentemente anche dallo scrittore Roberto Saviano, “Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla o non vale nulla lui”. E noi, forse, stiamo dimostrando che le nostre idee valgono anche più di noi stessi!
Autore: Gianvito Lucivero