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Donazione di Pantaleo Mezzina al Museo diocesano
15 gennaio 2015

Venerdì 23 gennaio, alle ore 18, presso il Museo Diocesano sarà presentato il nucleo di quadri donato da Pantaleo Mezzina al Museo, rappresentativo della produzione dell’artista. Per l’occasione, sarà disponibile anche il catalogo delle opere del pittore molfettese, edito per i tipi della Nuova Mezzina. Nato a Molfetta il 29 marzo 1929, Mezzina ha consacrato la sua vita alla pittura e all’insegnamento dell’educazione artistica e della storia dell’arte presso gli istituti d’istruzione secondaria di primo e secondo grado della provincia di Bari. Ha terminato la carriera di docente presso la Scuola media statale “Corrado Giaquinto” di Molfetta, in cui ha insegnato a partire dal 1973. È stato recensito da De Bono e Mafrice tra i “Maestri italiani dell’acquerello”, importante pubblicazione in cui è stato evidenziato il “chiarismo melodioso pugliese” tipico della sua opera, “unico nel suo genere” e “saturo d’un raggismo caldo e passionale”. Numerose sono state le esposizioni cui ha partecipato, tra cui, nel 1980 e nel 1982, le personali presso la Galleria “L’Incontro” di Molfetta e il Museo di Bitonto e le collettive del “Salon des Nations” di Parigi del 1983 e dei “Maestri dell’arte” nel Centro Storico di Firenze. Tra i premi conseguiti, è utile ricordare e il premio FIAF di Roma (1980) e il Raffaello d’oro - Milano (1983). Nel suo itinerario creativo, Mezzina spazia tra diversi generi tematici e adotta molteplici tecniche. Nell’ambito dell’arte sacra, come altri maestri della pittura molfettese, ha dedicato la propria attenzione alle tradizioni popolari della Settimana Santa e alle sculture del Cozzoli, ma anche, e anzi in particolar modo, alla figura del Poverello d’Assisi. Le illustrazioni del “Cantico delle Creature” per l’Unione Cattolica italiana Insegnanti medi (UCIIM) calibrano sapientemente idillio e problematicità, come avviene anche nella “Tentazione” del Santo, in cui la forza della sensualità si esprime attraverso toni caldi, volti angolosi - ma fascinosi - di donna e morbidezza delle vesti, in un’atmosfera avvolgente in cui il santo rischierebbe di essere fagocitato, senza l’ausilio della forza della fede. Le nature morte - siano teorie di bottiglie o aragoste o ancora composizioni di frutta, ma anche cappottini di giovanissimi studenti, ancora caldi di fanciullesca vitalità - rappresentano un altro dei rivoli della sua attività, in cui spiccano anche rappresentazioni della figura umana (si pensi, per esempio, al convincente ritratto di fantino) e alcuni nudi. Il nudo maschile è chiaramente ispirato ai dettami della scultura classica, in una ricerca di armonia e di virile e pacata fermezza, sia pure in una grazia ancora efebica. I nudi femminili, in cui forte appare la lezione del movimento Novecento, schiudono a una maggiore problematicità, a un minor senso di coincidenza e pacificazione con sé stessi. La sezione più cospicua della produzione è consacrata alla solarità e all’incanto del paesaggio pugliese, esaltati attraverso la sapiente adozione della tecnica dell’acquerello. Egli ha saputo, come ha ben evidenziato Gaetano Mongelli, pennellare un “piccolo pianeta di arcadia ed elegia ricamato coi fili dorati di una luce meridionale”. Molfetta domina, con le architetture della Madonna dei Martiri, il fascino sempre vivo del Centro Storico, persino le moderne fiabesche costruzioni della Città della Moda. La luce irrora di chiarità ogni cosa e trasfigura, nel silenzio, i luoghi di una quotidianità da cui la figura umana appare bandita, forse per preservare intatto un sogno d’ordine, di lindore e decoro. Così, dalla specola ariosa del Villaggio Belgiovine, Mezzina, pur fedele al dato reale, ‘costruisce’ la sua città ideale e si sofferma, incantato, ad ammirarla.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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