Soddisfacenti gli esiti della collaborazione tra l’Inner - Wheel Trani, presieduto dalla presidente Dina Nappi, e il Rotary Club di Molfetta, presieduto da Gildo Gramegna, consistita nell’organizzazione e promozione di un torneo di burraco finalizzato a raccogliere fondi per l’acquisto di cuffie termiche da destinare a donne che si sottopongono a chemioterapia. La serata conclusiva dell’Interclub si è tenuta lo scorso nell’Hotel Garden di Molfetta, anticipando di qualche giorno il tema rotariano di dicembre, che è il mese della prevenzione e cura delle malattie. Per l’occasione le cuffie sono state donate al Reparto Oncologico di Barletta e consegnate al dott. Gerry Gadaleta Caldarola, primario del reparto. “Questo delle cuffiette è un service che l’Inner - Wheel Trani porta avanti da diversi anni – ha dichiarato Dina Nappi – quest’anno lo abbiamo condiviso con il Rotary di Molfetta e siamo riusciti a realizzare un maggior numero di cuffie. La vendita dei biglietti per il torneo è stata straordinaria, abbiamo venduto biglietti in associazioni culturali e non, in associazioni di beneficenza e tra la gente comune. Ringrazio le associazioni che si sono prodigate per la vendita dei biglietti; molta gente ha voluto contribuire a questo service con il suo aiuto anche se non sapeva giocare a burraco. La perdita dei capelli comporta uno sconvolgimento psicologico in un momento difficile come la cura del tumore e Il nostro service riesce a mitigare il momento terribile che attraversano le nostre sorelle che si sottopongono alle cure. Sappiamo che i capelli sono una parte molto importante dell’aspetto estetico femminile e, con grande soddisfazione, raccogliamo la testimonianza, di ragazze, soprattutto giovani, che sono riuscite, grazie all’uso delle cuffie, a salvare i capelli, la propria chioma e a mantenere un’attività sociale uguale a quella che avevano prima della malattia. Queste cuffie permettono, oltre ad avere un’attività sociale normale, anche di non dimostrare la malattia agli altri. Pensiamo di aver fatto una cosa giusta e buona per la gente che è stata meno fortunata di noi perché aggredita da questo male”. Ai ringraziamenti della presidentessa ha fatto seguito l’intervento del primario del Reparto Oncologia dell’Ospedale di Barletta, che ha messo a fattore comune di un attento pubblico le preziose informazioni raccolte nella sua relazione “Prevenzione ed Innovazione in Oncologia”. “Ringrazio il Rotary stasera non tanto per quello che viene donato ma per lo spirito che c’è dietro – ha esordito il dott. Gerry Gadaleta Caldarola – dare la possibilità a chi fa questo genere di trattamenti di superare la problematica psicofisica dell’alopecia è, secondo me, una di quelle cose che, probabilmente, sono piccole per chi è sano ma estremamente importanti per un paziente”. “I dati sui tumori negli ultimi anni sono abbastanza incoraggianti – ha reso noto il dottor. Gadaleta Caldarola – ci dicono che siamo stati in grado di avere dei benefici nei trattamenti e non solo. L’Italia si pone nel panorama europeo a buoni livelli; i risultati per alcune neoplasie superano quelli europei. Riscontriamo un aumento dell’incidenza ed una riduzione della mortalità. Lo dobbiamo al lavoro che è stato fatto sulla prevenzione primaria, soprattutto sul fumo, e ai programmi di screening. Ci sono stati anche dei miglioramenti in termini diagnostici e nei trattamenti. Tra i tumori più frequentemente diagnosticati rileviamo una diversa incidenza negli uomini e nelle donne; per i maschi maggiore incidenza di tumore alla prostata, colon retto, polmone, vescica; per il sesso femminile maggiore presenza di cancro alla mammella, polmone tiroide e utero. Ci sono vari tipi di prevenzione, primaria, secondaria e terziaria. Prevenzione primaria significa evitare le cause dell’insorgenza del tumore, ovvero fumo, cattiva alimentazione e alcool. La prevenzione primaria include anche fattori di familiarità e le vaccinazioni. Riguardo alla familiarità, esistono dei tumori ereditari, legati ad alcune mutazioni che vengono trasmesse con il DNA nelle generazioni successive. Oggi c’è la possibilità di identificare queste mutazioni e di sottoporre a programmi di prevenzione e di sorveglianza più intensa le persone che ne sono portatrici. Quanto alle vaccinazioni, sono una modalità di prevenire alcuni tumori legati a virus; si ricorda quella per il collo dell’utero ma anche per le epatite B. La prevenzione primaria riguarda soprattutto il fumo, causa dei tumori polmonari. Questi sono legati nell’80% dei casi al fumo di sigaretta che aumenta anche l’incidenza di altri tumori, come quello del cavo orale, della faringe, della laringe, dell’esofago, del pancreas, delle vie urinarie e dei reni. Dobbiamo ricordare che un fumatore su due riduce di circa 10-15 anni l’aspettativa di vita. L’obesità è un altro problema importante. L’obesità, il colesterolo, i trigliceridi e l’attività fisica sono oggi ritenuti fattori di rischio. Negli anni scorsi pensavamo che fossero solo legati al pericolo di avere un infarto o un ictus. Queste problematiche, invece, sono arrivate anche in oncologia perché il tessuto adiposo produce estrogeni e favorisce l’insorgenza, per esempio, di carcinoma mammario oppure, spesso, l’obesità è legata a delle sindromi, come la sindrome metabolica, che è una particolare patologia che si può anche associare a tumori. Il controllo del peso è un fattore importante dal punto di vista oncologico. All’obesità si lega l’esercizio fisico. L’attività fisica può ridurre fino al 50% l’incidenza di tumori al colon, alla mammella, alla prostata e allo stomaco. Fare attività fisica è importante. Ricordiamo dei piccoli suggerimenti che vengono segnalati dal codice europeo contro il cancro: non fumare, attivarsi per mantenere un peso sano, svolgere attività fisica ogni giorno, condurre una dieta, a base di cereali, legumi, frutta e verdura, limitare i cibi ad elevato contenuto calorico, evitare le carni conservate e le carni rosse, limitare l’uso di alcool e limitare l’esposizione al sole. Aggiungiamo la vaccinazione contro le epatite B e l’HPV gli screening. La prevenzione secondaria avviene attraverso gli screening, che consentono la diagnosi precoce dando migliore possibilità di guarigione. Sono di solito dei test gratuiti che rientrano nel Sistema Sanitario Italiano, degli esami che cercano di scoprire le tappe che precedono la malattia. I tre screening oggi maggiormente eseguiti sono quello della mammella, del collo dell’utero e del colon retto. Agli screening è invitata la popolazione sana di un territorio in una certa fascia di età. Per esempio, lo screening sui tumori della mammella viene effettuato nella fascia di età compresa tra i 50 e i 69 anni; questa è la fascia di età con maggiore incidenza di carcinoma mammario e gli studi fatti in questa fascia hanno lo scopo di fare una diagnosi precoce per aumentare le possibilità di guarigione. Dai tumori si guarisce, dobbiamo cercare di fare una diagnosi quanto più prematura possibile affinché le possibilità di guarigione siano superiori rispetto ad una diagnosi tardiva. Spesso i tumori sono lì da anni e per avere lo sviluppo di un nodulo di un centimetro ci vogliono dai sei ai sette anni. Pertanto quella che noi riteniamo una diagnosi clinica precoce effettivamente è una diagnosi biologica un po’ tardiva e con lo screening si può fare sì da intercettare dimensioni anche al di sotto del centimetro. Abbiamo apparecchiature di mammografia di ultima generazione che ci consentono di arrivare anche a lesioni di pochi millimetri. Ricordo lo screening per il collo dell’utero e la cervice uterina; per le donne tra i 25 ed i 64 anni è previsto il Pap Test, mentre il test dell’HPV (Human Papilloma Virus) va eseguito dalle donne tra i 30 ed i 35 anni poiché si è riscontrato che alcuni tumori del collo dell’utero sono legati a questo virus. Quanto allo screening del colon retto, questo si esegue con l’esame del sangue occulto nelle feci tra i 50 ed i 69 anni; in caso di esito positivo si passa ad un esame successivo che è la colonscopia”. “Il concetto chiave – ha sottolineato il dottor Gadaleta – è quello di essere particolarmente attenti a quei disturbi, quei sintomi che non vanno via, che persistono nel tempo. Fare riferimento al medico in presenza di un nodulo, di una ferita che non guarisce, di un neo che cambia il suo aspetto, in caso di persistenza di tosse, di raucedine, di bruciori di stomaco, in caso di difficoltà a deglutire, di cambiamenti come la riduzione del peso e la modifica delle abitudini intestinali. La prevenzione terziaria, infine, consiste nel ridurre le complicanze e le recidive del paziente che è già stato sottoposto a un trattamento, per evitare che la malattia ritorni. I tre cardini della terapia dei tumori sono la terapia medica, con l’utilizzo di farmaci, quella chirurgica, con la rimozione del tumore oppure delle metastasi, e la radioterapia, con l’utilizzo di vari tipi di radiazioni”. Tra le innovazioni nella storia dell’oncologia il primario ha ricordato la quadrantectomia, messa a punto dal professor Veronesi negli anni 70, un intervento di chirurgia più conservativo, che ha dei risultati uguali a quelli della mastectomia, più demolitiva. La quadrantectomia va sempre associata alla radioterapia sulla mammella residua. “L’evoluzione della chirurgia è passata da interventi più demolitivi a interventi più conservativi sulla base di evidenze scientifiche – ha argomentato il dottor Gadaleta – nella seconda metà degli anni settanta c’è stata un’evoluzione della diagnostica per immagini e, soprattutto, la nascita dei farmaci a bersaglio molecolare, la così detta targeted therapy. Le terapie a bersaglio molecolare, a differenza della chemioterapia, sono dirette in maniera abbastanza specifica su quelle cellule che possiedono un bersaglio ben preciso che noi identifichiamo prima del trattamento. Dal 2000 al 2010 sono aumentati i farmaci a bersaglio molecolare che agiscono su target ben precisi, e soprattutto, è nata la caratterizzazione genetica del tumore. La biologia di una cellula tumorale è complessa; dall’esterno della cellula arrivano dei fattori di crescita che si legano ai recettori che si trovano sulla membrana cellulare. Il legame con questi recettori innesca una serie di reazioni all’interno della cellula che mandano un segnale al nucleo, dove c’è il DNA, inducendo la proliferazione, la moltiplicazione. La terapia a bersaglio molecolare ha dato una riduzione del rischio di morte nei pazienti che avevano un determinato recettore. Tra le terapie innovative ricordiamo l’immunoterapia, al momento indicata in particolari tumori. Essa è una terapia molto costosa, un trattamento giornaliero per un paziente può costare dai 3.000 ai 4.000 euro. Nel futuro sarà una prospettiva estremamente importante per spesa sanitaria poiché ha migliorato e sconvolto la prognosi di alcuni tumori, in particolare del melanoma e del carcinoma polmonare. L’immunoterapia si serve di farmaci che “risvegliano” il sistema immunitario, che fanno sì che il sistema immunitario bloccato, ovvero che non agisce contro il tumore, si sblocca e agisce contro il tumore. L’immunoterapia ha un periodo di latenza della risposa più lungo, cioè non agisce rapidamente, non induce resistenza e determina una differente tossicità”. © Riproduzione riservata