Ho conosciuto don Salvatore Pappagallo all’età di tre anni, quando i miei genitori mi hanno iscritta alla scuola di musica Dvorak. Mi è sembrato un uomo imponente, altissimo, i capelli bianchi sempre tirati all’indietro e un paio di occhiali spessi, neri, ma con un sorriso che colpiva dritto al cuore. Un uomo che sapeva parlare ai bambini, sempre molto gentile, sempre molto umano. Cercava non di insegnare la musica, ma l’amore per la musica, perché la musica riempie la vita, in qualunque forma, sia che la si crei in prima persona, sia che la si ascolti semplicemente. E i bambini per don Salvatore erano i primi a dover imparare a far entrare la musica nei loro giochi, a fare della musica un gioco. Don Salvatore è stato il primo nel Sud Italia ad adottare il metodo Suzuki. Shiniki Suzuki aveva compreso che proprio “l’imitazione” è alla base del processo d’apprendimento umano nei primi stadi della vita e, attraverso il metodo che egli chiamò “della lingua madre”, dimostrò che si poteva insegnare la musica ad un bambino così come gli si insegna a parlare: niente di più ovvio, eppure niente di più straordinariamente rivoluzionario per quei tempi, in cui il grande maestro giapponese ideava e codifi cava il metodo. Come, infatti, un bambino impara a parlare ascoltando e ripetendo continuamente le parole dette infi nite volte dai genitori, così impara a suonare ascoltando e ripetendo continuamente un frammento musicale, un ritmo, una melodia che gli stessi genitori, “addestrati” dall’insegnante, gli proporranno nel corso della giornata affi nché gli risultino familiari. E don Salvatore queste cose le aveva capite. La notizia della sua morte improvvisa, avvenuta nel sonno (forse per un infarto) nella notte tra il 16 e il 17 giugno, ha colpito e sconvolto l’intera comunità molfettese, che si preparava a festeggiare qualche giorno dopo i suoi ottant’anni. Non ci sono parole per descrivere la commozione, il dolore, la tristezza che tutti noi abbiamo provato, convinti com’eravamo che lui ci sarebbe sempre stato, lì nella scuola di musica Dvorak, nel suo studio, come un porto sicuro a cui rivolgerci per qualunque cosa, lui che per tutti era immortale. Nato il 21 giugno del 1931, fi n da bambino egli mostra una precoce attenzione alla musica: egli stesso ripeteva spesso della richiesta fatta a San Nicola di un violino ma, avendone trovato uno di cioccolato, pianse amaramente, poiché ne desiderava uno vero. All’età di 10 anni confi da alla sua pro-zia Maria Corrado Cappelluti la volontà di farsi prete, mostrando già i segni di quella personalità forte, che è la cosa che di lui più viene ricordata. Nel seminario impara subito a suonare l’armonium, ma già prima si era improvvisato direttore, dirigendo in una rappresentazione teatrale un gruppo di bambini che cantava, e rimproverando un organista perché suonava “male”. Un curioso scherzo del destino, che in quella rappresentazione di bambini metteva in scena, oltre ad un piccolo spettacolo ormai dimenticato, quella che sarebbe diventata la sua vita: don Salvatore, direttore del coro e insegnante di organo e pianoforte. Ordinato sacerdote, nel 1953 ottiene dal vescovo Mons. Achille Salvucci il permesso di studiare seriamente la musica. Entrato nel conservatorio di Bari, viene seguito, tra gli altri, dal M° Michele Marvulli per il pianoforte, diplomandosi nel 1963; dal M° Armando Renzi, direttore della Cappella Giulia di S. Pietro in Roma, per la composizione, in cui consegue il diploma presso il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma nel 1965; e dal M° Nino Rota, allora direttore del conservatorio “Niccolò Piccini”, come supervisore. Successivamente, nel 1984 prosegue gli studi presso il Conservatorio de L’Aquila in Direzione d’orchestra col M° Nicola Samale, con cui si diploma l’anno successivo. Terminati gli studi, fonda il Coro Polifonico San Pio X, facente capo alla parrocchia del Sacro Cuore di Molfetta, partecipando con esso a due udienze del Papa Paolo VI: nel dicembre 1963, eseguendo alla presenza del Papa la Santa Allegrezza; e nel 1964, a seguito della promulgazione della Costituzione “Sacrosanctum Concilium” sulla liturgia e la musica sacra. In seguito avvia una serie di stagioni concertistiche presso la POA (Pontifi cia Opera Assistenziale del dopoguerra). La prima idea di scuola nasce all’inizio degli anni Settanta, quando, assistente spirituale della F.U.C.I. (Federazione Universitari Cattolici Italiani), impartiva anche lezioni di musica agli iscritti, un gruppo di ragazzi con molti dei quali rimarrà in contatto tutta la vita. Nel 1977, infi ne, fonda quella che da ormai più di trent’anni è un’istituzione nell’ambito degli ambiente non solo musicali ma anche culturali della nostra città: l’associazione musicale “Antonin Dvorak”. Autentico fi ore all’occhiello dell’attività della scuola, è stato il Coro polifonico “Josquino Salepico”, formato dagli allievi e da appassionati di ogni età, esibitosi in Italia e all’estero presso prestigiose istituzioni. Proprio dall’amore di don Salvatore per il canto corale, si è sviluppata negli anni l’esperienza dei corsi di Polifonia Latino – Mediterranea, che ha permesso il confronto con Cori e Maestri, provenienti da vari Paesi (Italia, Stati Uniti, Brasile, Polonia, Grecia, Ungheria, Albania, ecc.). Oltre all’insegnamento strumentale e vocale, sulle cui cattedre nel corso di oltre trent’anni si sono succeduti giovani maestri, molti dei quali oggi sono aff ermati docenti di conservatorio, molteplici sono state le iniziative sviluppatesi all’interno della scuola: le attività teatrali, le stagioni concertistiche, oltre alle numerose conferenze, realizzate grazie al supporto infaticabile di Adele de Judicibus; seminari, convegni, incontri culturali. A completamento di tutte queste iniziative, non possono non essere menzionati la creazione di due orchestre giovanili (“Orchestra Suzuki” e “Violini Young Ensemble”), il progetto “Jazz School” e l’introduzione di vari altri metodi didattici sperimentati da don Salvatore nel corso degli anni, grazie alla sua mentalità, sempre aperta alle novità. La sera del 21 giugno, giorno in cui sarebbe stato festeggiato l’ottantesimo compleanno di don Salvatore, numerosi ex allievi, amici e parenti di don Salvatore, si sono incontrati nel Salone dell’associazione “Dvorak” per un tributo spontaneo al maestro, all’uomo, al sacerdote, al musicista, all’amico, al fratello. Le testimonianze dei presenti, partendo dagli amici di sempre, Damiano d’Elia, Rino Gigante e Ottavia Albanese, proseguendo con alcuni degli allievi, Gianni Guarino, Vito Clemente, Giulia Veneziano, ecc. hanno evidenziato la grande generosità che è stato il carattere predominante di tutta l’esistenza di don Salvatore. Coordinatore della serata è stato Mauro Pappagallo, fratello di don Salvatore e musicista anch’egli, a cui Laura Scardigno, in veste di vice presidente dell’associazione, ha affi dato “virtualmente” la direzione onoraria temporanea della scuola, con l’auspicio che egli possa proseguire l’opera del fratello. Il volume “Trent’anni di note”, realizzato da don Salvatore nel 2008 per celebrare per l’appunto i trent’anni di attività della scuola, costituisce una sorta di “testamento”, in cui egli stesso cita e ricorda molti tra quanti hanno frequentato la sua scuola e gli sono stati vicini, anche per brevi periodi, durante tutta la sua vita. Concludo con le parole del fratello di don Salvatore, Mauro Pappagallo, al termine della cerimonia funebre in Cattedrale: ‹‹Salvatore era una stella cometa e voi la sua scia. Grazie per quella scia››.