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Don Ignazio Pansini al Rotary: don Tonino, un vescovo speciale
15 giugno 2011

Il vescovo diocesano si mostri sollecito nei confronti di tutti i fedeli che sono affidati alla sua cura, di qualsiasi età, condizione o nazione, sia di coloro che abitano nel territorio, sia di coloro che vi si trovano temporaneamente. Sono queste le parole del canone del “Diritto canonico”, che riassumono quella che dovrebbe essere la funzione della figura del vescovo nella Chiesa. Ma queste parole sono diventate il motto di un grande protagonista della Fede, che le ha assunte a proprio dogma di vita, attenendosi strettamente ad esse, in quanto sentiva che in queste parole era racchiusa la sua missione. Una missione fatta di “passione, eleganza, fantasia, speranza”. Ci riferiamo al vescovo don Tonino Bello, figura emblematica della fine del Novecento, che ha lasciato nei cuori di coloro che l’anno conosciuto una traccia indelebile, un ricordo incancellabile del suo profondo amore per la vita e gli uomini. Non v’era in lui nessuna ingordigia, né austerità. Uomo semplice, nasce da una famiglia modesta, trascorre un’infanzia serena, funestata però dalla morte precoce dei fratelli e del padre. Ordinato sacerdote, porta avanti le sue idee con semplicità, la stessa semplicità che conserva anche quando viene nominato vescovo, il 10 agosto del 1982. Emerge chiaramente qual è il senso che don Tonino dava a queste virtù, a questo modello di vita, a queste peculiarità, ovvero l’eleganza, la speranza, la fantasia, la poesia: situazioni e modelli di vita che quest’uomo di Dio ha vissuto personalmente. Non a caso è stato anche un poeta, non solo perché aveva estro nel parlare, o nelle immagini che sapeva evocare nelle menti dei suoi fedeli, ma anche perché era ricco di fantasia, sapeva superare il momento presente e leggere “nel presente” i segni del futuro. E’ stato di un’eleganza estrema perché ha saputo toccare i cuori e le menti, ha saputo parlare ai ricchi e ai r i c - chi, ai belli e ai meno belli, ha saputo farsi prossimo agli altri, non ha aspettato che gli altri andassero da lui. Non si fece mai corrompere dai giochi di potere, nonostante il suo ruolo lo costringesse a trovarsi molte volte a stretto contatto con i potenti. La sua umiltà e la sua passione per la gente e per Dio non gli fecero mai smarrire la strada. Non restava chiuso nella sua chiesa come un burocrate, ma camminava tra la sua gente, lodandola, rimproverandola all’occorrenza, ma anche semplicemente ascoltandola, comprendendola e standole vicino. La sua passione per le persone vicine e lontane che incrociavano il suo cammino, per le persone che casualmente si trovavano con lui, la sua passione per le vicende degli uomini, è una passione che nasce proprio dalla sua visione cristiana dell’uomo come immagine di Dio: amare Dio nell’uomo. Essere cristiano non vuol dire saltare il tempo, saltare lo spazio; essere vescovo, quindi maestro della fede, non vuol dire alienare, non vuol dire assopire le coscienza degli uomini, non vuol dire prendere in giro la gente o illuderli attraverso prospettive future. Essere vescovi ed essere cristiani implica vivere nella Storia le dinamiche di salvezza, fare della Storia quotidiana la Storia di salvezza, una Storia nella quale è possibile sperimentare la presenza di Dio che è amore. Dio è amore, Dio è pace, Dio è giustizia. È questa figura di vescovo che è stata ricordata nell’ultima riunione del Rotary, tenutasi all’hotel Garden e organizzata dal suo presidente Pietro Facchini, e il cui relatore, don Ignazio Pansini, ha teso le lodi di don Tonino Bello, delineandone non la sua figura di Santo (perché tale è nell’ottica molfettese), ma quella di uomo e sacerdote.

Autore: Olimpia Petruzzella
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