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Distributori salati anche a Molfetta: 1,950 euro/litro per la benzina
25 agosto 2012

MOLFETTA - Aumenti della benzina anche a Molfetta negli ultimi giorni. euro/litro il prezzo massimo per la benzina, 1,840 euro/litro per il diesel questa mattina, ma nei giorni passati la benzina è anche arrivata a 1.956 euro/litro. Prezzi pazzi, se la media nazionale è di 1,916 euro/litro per la benzina e 1,8 euro/litro per il diesel (nonostante i 2 euro/litro toccati in Toscana l’altro ieri). E qualche distributore questa mattina non ha esposto pubblicamente i prezzi del carburante, forse per evitare di “spaventare” l’automobilista.
Un’impennata locale e nazionale su cui hanno influito l’aumento del greggio (+14 cent/litro) e dei prodotti raffinati (+21 cent/litro per la benzina e +20 cent/litro per il gasolio) e il deprezzamento dell’euro. Ma la causa principale sono le tasse italiane. Lo aveva già annunciato al Meeting di Rimini l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni.
Infatti, da aprile 2011 a oggi i governi Berlusconi e Monti hanno aggrovigliato l’intestino fiscale degli automobilisti con 8 aumenti sull’accise: l’ultimo lo scorso 10 agosto, dopo due mesi di tacita tregua. Infatti, l’Agenzia delle dogane aveva ritoccato ancora le accise con un aumento di +4,2 euro ogni mille litri, cui naturalmente si aggiungeva anche l’Iva al 21%: le aliquote sul diesel sono così salite da 613,20 euro a 617,40 euro e quelle sulla benzina da 724,20 euro a 728,40 euro ogni mille litri.
Secondo il Governo, l’operazione è stata funzionale alla ristrutturazione del bonus fiscale introdotto nel 2011 per gestori di carburanti e alla copertura della riscossione agevolata delle imposte nelle zone terremotate dell’Abruzzo. In questo modo, sono stati assicurati ben 65milioni di euro alle casse dello Stato.
Purtroppo, quello delle accise è un macigno che pesa sulle spalle degli italiani da quasi 77 anni. Per una serie di esigenze finanziarie (missioni militari, terremoti, alluvioni, ecc.) sono state aumentate 22 volte e quei rincari non sono mai rientrati. Ad esempio, gli italiani pagano ancora il finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935 (1,9lire) e del disastro del Vajont nel 1963 (10 lire) e la crisi di Suez del 1956 (14 lire).
Statistiche alla mano, le accise sulla benzina dal 2011 sono aumentate di +16,44 euro, quelle sul diesel di +19,44 euro. In pratica, +51 centesimi a litro: su un pieno di benzina da 50euro, solo 20euro riforniranno il serbatoio dell’auto, il resto sono solo tasse.
Per la Commissione Europea sui prezzi dei carburanti la fiscalità italiana sulla benzina è la più alta (1,064 euro/litro, con le addizionali regionali) e il prezzo è mediamente secondo in Europa dopo la Svezia (1,847 euro/litro). Terzo posto per prezzo e fiscalità sul gasolio, dopo quelli inglesi e svedesi.
Interessanti anche i dati pubblicati da Figisc e Anisa Confcommercio (associazioni di categoria dei benzinai della rete ordinaria e della rete autostradale): dal 6 agosto al 20 agosto (ultima rilevazione) i prezzi sono aumentati del +0,061 euro/litro per la benzina (media area euro di +0,071 euro/litro) e di +0,051 euro/litro per il gasolio (secondo la media europea). Detraendo le imposte (valore di 0,005 euro/litro), gli aumenti italiani sono stati inferiori alla media comunitaria (minimo di +0,5 cent/litro e massimo di 1,5 cent/litro). Ennesima attestazione del peso delle tasse sul costo del carburante.
Secondo il Ministero dello Sviluppo Economico, il 60% del prezzo del carburante dipende da accise e Iva. Per di più, se le entrate nel 2011 si sono attestate a 37,2miliardi di euro, con un +6,3% rispetto al 2010, nei primi due mesi del 2012 le entrate hanno segnato +800mila euro rispetto allo stesso periodo del 2011. Ipotizzando gli stessi consumi di carburanti registrati attualmente, tra un anno entreranno nelle casse dello Stato quasi 9,32miliardi di euro (6,21miliardi per le compagnie petrolifere). Insomma, con l’aumento delle accise è facile fare cassa e sanare le lacune finanziarie statali.
Purtroppo, si colpiscono in modo lento e inesorabile i portafogli dei contribuenti italiani, alluvionati nell’ultimo anno da un’incessante precipitazione di tasse. Ne è dimostrazione il crollo verticale dei consumi di carburante al -10%. Il Codacons ha inviato gli automobilisti a boicottare quei distibutori dove un litro di benzina è over 1,8 euro.
Federconsumi ha, però, lanciato l’allarme: +768 euro in più all’anno per ogni famiglia italiana. Un aumento insostenibile, che potrebbe anche contribuire alla crescita dell’inflazione (stimato al +1,1%).
 
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In una società dominata dal mercato, la privazione è definita socialmente come il fatto di impedire che i bisogni si traducano in un desiderio di merci e nella speranza di raggiungere la “vita autentica”, l'autonomia o la perfezione di sé che essi monopolizzano. Nel caso dei consumatori, affrontare il compito dell'autonomia o dell'identità personale è in pratica rinviato, anzi cancellato, dall'interminabile ricerca di apparenze di valori d'uso nei quali le merci sono avvolte. Nel caso dei non consumatori o dei consumatori “viziati”, neanche le apparenze sono disponibili come sostituzione, e in tal modo l'obiettivo dell'autonomia personale o della vita autentica è soppresso per via amministrativa. In entrambi i casi, il ponte che lega i bisogni individuali alla razionalità sistematica – un ponte che figurava in modo così preminente nel progetto della modernità – è stato reso invisibile o distrutto. Ciò che ha portato al suo seguito la crescente privatizzazione degli affari individuali, una riduzione della partecipazione agli affari pubblici in generale e un graduale ma significativo affievolirsi del “discorso di legittimazione”. Le meschine razionalità di ricerche personali o settoriali sono state “scorporate” dal progetto complessivo di una società razionale. Il progetto della modernità è fallito. O, meglio, la sua realizzazione ha preso una strada sbagliata. Ciò non significa necessariamente che il progetto stesso fosse vano o destinato al fallimento. I bisogni ai quali aveva risposto sono vivi oggi quanto lo erano nel passato, e i compiti dai quali il progetto della modernità faceva dipendere uno sviluppo sociale guidato, finalizzato, restano all'ordine del giorno. Le strategie proposte per l'attuazione dei compiti non sono state messe pienamente alla prova e non possono essere quindi dichiarate screditate. Il potenziale della modernità non è ancora stato sfruttato appieno e la promessa della modernità deve essere onorata.




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