Disoccupazione e depressione, binomio letale. Parla la psicologa
Aumenta il disagio psicologico degli italiani, anche a causa dell’attuale congiuntura economica, della perdita del lavoro e dall’impossibilità di trovarne un’altro. Depressione e suicidi gli effetti più drammatici. Quindici ha intervistato la psicologa Mariella Valente, non solo per conoscere la reale correlazione tra depressione e perdita del lavoro, ma soprattutto per capire come aiutare i soggetti a rischio. Sempre più spesso la cronaca riporta casi in cui suicidi e depressione sono da attribuire alla perdita del lavoro. Dott.ssa Valente esiste davvero un legame con la crisi economica? «Certo che esiste, ma non c’è una correlazione diretta. Spesso è la complicazione di una patologia che già esiste. Allora non è la crisi economica che direttamente causa il suicidio, ma è un evento potenzialmente traumatico che può portare a depressione e atti di suicidio». Com’è possibile riconoscere una persona depressa da chi attraversa un momento difficile? «Prima di arrivare alla depressione ci sono dei segnali, come tristezza e sconforto prolungati. Chi sta intorno alla persona deve monitorare alcuni segnali, tra cui la perdita dei contatti sociali e d’interesse per la cura personale o una situazione d’immobilità e isolamento. Potrebbe anche essere accertato un calo repentino di comportamento o, al contrario, comportamenti pericolosi, alterazioni del sonno o dell’alimentazione o abusi di sostanze (alcool, droghe) o i cosiddetti ‘abusi senza sostanze’ (sesso, giochi on line, gratta e vinci). Esistono delle situazioni a rischio in questo periodo? «Di fronte alla perdita del lavoro, può verificarsi il suicidio anomico e, in questo caso, non ci sono segnali di riconoscimento. Il sostegno psicologico aiuta a capire che si può trovare una soluzione a un problema solo temporaneo. Ad esempio, non isolarsi, non trascurare la cura personale, non lasciarsi andare, continuare o iniziare l’attività fisica potrebbero essere un valido sostegno, ma occorre una prima fase di ascolto non giudicante, soprattutto dai familiari. Molto dipende anche dalla rete sociale che il soggetto ha intorno. Chi perde il lavoro non deve essere giudicato né svalutato da parenti e amici». Se per assurdo si realizzasse una società composta interamente da lavoratori precari quali potrebbero essere le conseguenze sul piano individuale e su quello delle strutture sociali, come la famiglia? «Bisognerebbe reinventarsi, anche se è più difficile per chi ha raggiunto una certa età rispetto ai giovani». La disoccupazione in Italia ha raggiunto la soglia del 9%, la percentuale cresce tra i giovane, soprattutto nelle regioni meridionali. Dott.ssa Valente, alla luce di quanto detto giudica questi dati preoccupanti? «È preoccupante. Dobbiamo offrire segni di speranza, a partire dai mass media. Si parla di suicidi in continuazione, creando allarmismi. Anche i media possono fare molto selezionando le notizie e ponendole sotto un’ottica diversa per non mostrare il suicidio come unica soluzione»
Autore: Marianna Gadaleta