Era stato approvato a fine ottobre, anche sulla spinta degli ultimi scandali politici. In pochi, però, si aspettavano una critica così severa da parte della Corte di Cassazione che ha evidenziato tutti i limiti del DDL anticorruzione. Impietosa la fotografia: ambiguo in alcuni punti, di difficile interpretazione in altri. L’ennesima legge-rebus italiana: un altro pacchetto di carte che intaserà la giurisprudenza italiana. «Più uno stato è corrotto più fa leggi» (Tacito).
Secondo la Cassazione, la nuova legge non avrebbe rispettato in toto le linee guida fissate dalle Nazioni Unite e dal Consiglio d’Europa con lo scopo di «reprimere tout court la corruzione privata in quanto minaccia per la stabilità e la sicurezza sociali».
Infatti, la Cassazione ha individuato nella nuova legge anticorruzione la problematica «compresenza nel sistema di tre previsioni delittuose tra loro contigue», ovvero «corruzione, concussione e induzione indebita». Ma è proprio nella corruzione tra privati che l’impianto della legge potrebbe crollare come un castello di sabbia nei casi in cui, ad esempio, siano pagate tangenti a un dirigente di impresa per essere favoriti in una gara d’appalto («si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi», recita il nuovo testo dell’art. 2635 del C.C.): per la Cassazione non si punisce la corruzione in quanto tale, ma solo in caso di danno patrimoniale. In sostanza, cambia il nome della legge, ma non la sostanza: sarà l’impresa stessa a giudicare se i comportamenti corruttivi debbano essere puniti o meno.
Entrando nello specifico, secondo i giudici il vulnus che altera la legge dai principi originari che la animano sarebbe quello di lasciare «l'intervento circoscritto alle società commerciali, continuando a punire la corruzione non in quanto tale», dunque solo nelle eventualità in cui questa si dimostri lesiva dei patrimoni societari, senza però adeguarsi agli standard del diritto internazionale e rischiando di generare nuovi corti circuiti.
Purtroppo, di fronte alla conclusione dei lavori parlamentari, il parere della Cassazione non può essere vincolante, ma rappresenta un’allarmante fotografia di una possibile evoluzione del quadro di contrasto ai fenomeni corruttivi che si verrà a creare con le nuove disposizioni.
I PROVVEDIMENTI
Nonostante i difetti riscontrati dalla Cassazione, è opportuno rilevare i provvedimenti fondamentali del DDL anticorruzione che istituisce, innanzitutto, una nuova Autorità nazionale anticorruzione, con compiti di controllo e indagine sulla Pubblica Amministrazione. Introduce anche la figura di responsabili per la lotta contro la corruzione in tutti gli enti pubblici, enti locali inclusi, introducendo il principio della «rotazione» (con criteri ancora da definire) delle cariche nei settori più a rischio, come quelli dirigenziali.
Allo stesso tempo, il Decreto di Legge ha fissato una serie di prescrizioni per raggiungere maggiore chiarezza e trasparenza nell’attività delle amministrazioni pubbliche e nei meccanismi degli appalti pubblici e degli incarichi a società controllate dal pubblico (misure che avranno il loro impatto politico e amministrativo anche sul Comune di Molfetta, che in questi anni avrebbe mancato proprio di chiarezza e trasparenza amministrativa).
Inasprite le pene, sono stati introdotti nuovi reati, come il «traffico di influenze» previsto dalle normative europee (chi fa da intermediario tra il funzionario pubblico e chi vuole ottenere favori, punito con la reclusione da 1 a 3 anni).
Lo stesso DDL ha delegato il Governo per la redazione di una nuova legge sull’incandidabilità a cariche pubbliche dei condannati per reati connessi alla corruzione: il ministro della Giustizia Paola Severino avrebbe promesso tempi rapidi, precisando che l’intento del Governo è rendere incandidabili solo i condannati con sentenza definitiva.
P.A., PIANO DI LEGALITA’
Novità anche per contrastare il proliferare dei fenomeni corruttivi negli uffici pubblici comunali, soprattutto nei settori più suscettibili di infiltrazioni ed eventuali scambi di favori tra controparti non proprio neutrali (es. quello degli appalti e dei bandi di gara pubblici). Si tratta di provvedimenti che ricadranno anche sul Comune di Molfetta e che dovranno essere rispettati e attuati dalla prossima amministrazione comunale.
Sarà necessario stilare un piano di lungo respiro sul triennio 2013-2015, per fissare le modalità di lotta e contrasto alla corruzione amministrativa. A firmare le linee guida definite dalla P.A. per raggiungere i propri scopi di trasparenza e di correttezza delle procedure sarà poi il responsabile anticorruzione, designato dallo stesso ente, con il compito di monitorare il corretto svolgimento del lavoro d’ufficio (sarà anche importante la formazione del personale dei settori comunali più “a rischio”). È probabile che questa figura corrisponda con quella del segretario comunale, anche se sono previste deroghe per comprovate motivazioni.
Anche i pubblici incaricati dovranno essere inclusi in uno specifico elenco a disposizione delle autorità di controllo per verificare la neutralità di chi è stato selezionato dall’ente senza una procedura concorsuale classica (in particolare, quelle esterne). In quest’ottica, ingerenze e/o collusioni a scopo corruttivo nella P.A. potranno essere identificate, ad esempio, attraverso la valutazione del rispetto dei tempi prefissati per il completamento di un’opera o lo svolgimento di un dato servizio: nel caso in cui i procedimenti amministrativi non dovessero essere conclusi negli intervalli previsti potrebbero essere oggetti di particolari iter ispettivi da parte dei soggetti responsabili.
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