Davide de Candia (Pd): la mia prima volta da consigliere comunale. Abbiamo ereditato una città allo sbando, siamo seduti su un vulcano
Il consiglio comunale di Molfetta è stato in buona parte rinnovato: alcune facce nuove, tanti giovani e molte matricole. Fra queste c’è Davide de Candia, 34 anni, sposato, bancario, senza figli, eletto nel Partito Democratico. Quindici lo ha intervistato per conoscere le sue sensazioni in questa nuova esperienza e per fare il punto della situazione politica a quattro mesi dall’insediamento della nuova Amministrazione di centro sinistra guidata dal sindaco Paola Natalicchio. Sia sincero: il centrosinistra si aspettava la vittoria di Paola Natalicchio? «È stata una vittoria sperata e attesa anche se fuori previsione nonostante il distacco dato da Paola Natalicchio al centro destra nel secondo turno. Quindi è un successo che dice molte cose e molte le dovremmo ancora indagare attraverso un’analisi del voto di tutto il centrosinistra perché è una vittoria che ha una portata storica per la città. Quindi il carico di responsabilità rispetto a questa occasione memorabile è così grande che sarà la fatica di tutti i giorni non sciuparlo. È una conquista che racconta di una città ormai esausta, sfinita, sventrata da un ingranaggio maldestro tra costruzione del consenso ed esclusione di chi non apparteneva alla cerchia degli amici. Non c’era atto politico che non raccontasse di questa vicenda. Però Molfetta è una città che quando sta per precipitare nel burrone trova sempre le energie per tirarsi fuori». Quali sono le cause ancora da indagare in merito alla differenza di voti avuta nel ballottaggio tra il centrodestra e il centrosinistra? «L’analisi del voto non è mai una stancante liturgia post elettorale ma, soprattutto quando impegna il centro-sinistra, è volta a capire attraverso il suffragio come la città è cambiata. Spesso sono mancate e mancano all’altezza della modernità quelle forme di interlocuzione continua con la città e il territorio. Per cui il voto diventa, nei diversi appuntamenti elettorali, l’unico barometro come verifica del lavoro svolto. Questa è una vicenda che va indagata dal centro-sinistra perché forse non è stato ancora fatto a sufficienza. Credo che oltre ad essere un’occasione di verifica della classe politica è una fotografia insostituibile della città. Molto avremo da fare su questo fronte». Quale è stato il punto di forza che ha sancito la vittoria di Paola Natalicchio? Penso che ci siano tanti fattori. L’intuizione del centro-sinistra era corretta. E come sempre, le intuizioni posso essere il risultato di uno sforzo collettivo o un’idea che pervade la classe politica. Per noi è stata, all’inizio, questa seconda strada. Alcuni avevano capito che di lì a poco un vento nuovo avrebbe travolto tutto il Paese. L’idea che bisognava accelerare su un fronte nuovo era già stata premiata con la lettura del voto delle politiche e non per una semplice richiesta di rinnovamento solo stancamente generazionale. Non c’è solo questo. Un ricambio virtuoso della classe politica ma anche l’unione delle forze riformatrici, PD e Sel, che per anni si erano contraddistinte per una incomunicabilità, mettendo al centro la loro capacità di elaborazione che è diventata pervasiva di tutto il centro-sinistra. Queste sono le due importanti intuizioni rispetto alle quali credo che vada dato atto e merito alla segreteria uscente del PD di aver lavorato convintamente in questa direzione dalla fine dello scorso anno. Sono il terreno fertile sul quale Paola ha iniziato a costruire la sua candidatura. L’altro punto di forza è stato la leadership carismatica di Paola e questo è senza dubbio per molti un aspetto una sorta di scorciatoia politica: laddove non arrivano i processi collettivi arriva l’intuizione positiva del candidato. Penso che questo si sia verificato solo nella prima fase ma poi la vittoria di Paola è diventata una vittoria di popolo costruita attraverso l’ispirazione originaria del centro-sinistra, ovvero quello di essere un centrosinistra popolare che riuscisse a rappresentare molta parte di quelle aree sociali a cui questi anni non sono riusciti a parlare. Questo è probabilmente il segreto della nostra vittoria elettorale». Ci sono altri fattori che hanno contribuito alla vittoria del centrosinistra? «Sicuramente molti altri fattori. Noi in questi anni abbiamo avuto un’opposizione tutta stretta nel Palazzo di città e forse abbiamo trascurato il rapporto continuo con la città. E Paola in questi quattro mesi è stata la sintesi sapiente di tutte le battaglie fatte dall’opposizione e le ha portate agli angoli meno esposti al dibattito pubblico nella città. Credo che anche questo abbia contribuito molto a dare un senso poi al suffragio di Paola. Questo non mi fa dimenticare che, il centrosinistra così come espresso dalle forze organizzate, ha davanti a sé una sfida importante perché sa di essere ancora minoranza nella città. I voti del primo turno hanno dimostrato che ci sono forze organizzate che si uniscono solo in occasione elettorale e che hanno una capacità di presa sulla città molto forte. Noi li abbiamo contenuti e superati nel secondo turno dove ovviamente anche la sfida a viso aperto tra i due candidati, ha premiato il nostro. Questo introduce un altro tema da oggi in poi: siamo di fronte ad un’occasione storica e non la sciuperemo perché il centro-sinistra partirà dai propri limiti, non rimanendo annebbiato dalla vittoria elettorale. Attraverso questa analisi riusciremo a costruirci come presenza nella città». È un’analisi che già state vagliando? «La stiamo elaborando. Il presupposto è che la politica viene prima di una buona amministrazione. Noi abbiamo questo dovere e misureremo la nuova politica attraverso gli atti della giunta e con la collaborazione sinergica del Consiglio. Però c’è poi tutto un altro lavoro che è quello più faticoso ma che premia maggiormente: è il lavoro che devono fare le forze politiche attraverso un’elaborazione nuova del centro-sinistra che non si può fermare alla vittoria elettorale. Si devono aprire dei dibattiti tra i partiti in marito al futuro del paese e sulla fisionomia del centro-sinistra. Molfetta ha un Pd più creativo rispetto al tradizionale perché fatto di molti mondi che hanno saputo efficacemente integrarsi a una complessità positiva. Per tale ragione ci sono nuove forze politiche che guadagneranno un nuovo radicamento nella città. Questo è il lavoro che si dovrà fare e che decreterà se una amministrazione procede bene o no». Ti aspettavi l’elezione in qualità di consigliere Pd? «Io ho messo sempre il servizio davanti alle persone a cominciare da me. Per cui con queste elezioni mi sarei misurato con il consenso. In primo luogo perché ho creduto da subito in questa candidatura e nella rotta che avrebbe dovuto prendere il centro-sinistra. Non è un mistero per nessuno il legame molto forte con il sindaco Natalicchio sotto il profilo politico e umano che risale agli anni del liceo, quindi una storia culturale molto simile. Questa è stata l’occasione per me per misurarmi in una contesa politica che mi appassionava. E poi perché ho anche svolto la funzione di vicesegretario del Pd dal 2010. Sono stato reggente del partito in quei mesi così importanti e decisivi e quindi la vedevo come un’operazione di verifica dell’operato del Pd. È giusto misurarsi con il consenso ed è stata dunque una conferma della giustezza dell’intuizione politica. Il buon risultato del partito è stato il motore di questa innovazione, la forza trainante che insieme a Sel ha cominciato a solcare questa rotta verso il cambiamento. Noi siamo mezzi di servizio delle idee dei partiti. Il lavoro del centrosinistra comincia da ora per costruire il primato della politica intesa come buona amministrazione, ma anche come pratica politica». Quali sono i progetti che avete in serbo per Molfetta? «Ci sono varie questioni che interessano la città. Molte idee che abbiamo espresso in campagna elettorale partono da ciò che certamente non dovremmo fare perché è stato il segno del fallimento delle politiche del centro-destra nella città. Con questa bussola saremmo in grado di affrontare alcuni temi. Dobbiamo essere capaci di entrare nei conflitti senza esorcizzarli in modo che la città possa discutere pubblicamente delle questioni che la riguardano. Perché quando la politica parla di sé stessa è noiosa mentre quando incrocia la vita delle persone diventa appassionante, i cittadini la sentono come propria e cercano sempre più di appartenervi. Una delle questioni chiave è ricucire la città intorno ad un senso comune di cittadinanza, sentendosene e non soltanto elettori che vengono chiamati alle urne a scadenze prestabilite. Bisogna sentirsi dentro il dibattito pubblico della città ogni giorno e partecipare attivamente alle scelte che possono riguardare la città. Potremmo adottare su grandi questioni strategiche ma anche su questioni più semplici un sistema di discussione pubblica per una maggiore sinergia con la città. Si tratta di una consultazione non permanente ma che abbia dei tempi predefiniti. L’obiettivo e volto a ricostruire il rapporto tra centro e periferia, tra area industriale con il centro urbano. Poi ci sono le grandi questioni strategiche come il porto che racconta dell’isolamento della città di Molfetta. Paola ha già anticipato la necessità di recuperare un rapporto sinergico positivo con l’Autorità Portuale di Levante ed è questa la direzione che il centro-sinistra ha in questi anni voluto indicare a chi ha governato. La vicenda del porto non è solo una questione da dover sbrigare in modo burocratico, ma racconta anche di una memoria che è il rapporto col mare e di una identità indissolubile di Molfetta con il mare. Non sono questioni che attengono alla tecnica ma si affrontano con la politica. Al momento ci sarà una verifica dello stato di avanzamento dei lavori e di quali sono le reali possibilità di proseguire sapendo che c’è una male cronico che affligge questa opera monumentale e secolare: le tante bombe che affollano la pancia del fondale marino. Fatta questa verifica dovremmo interrogarci con la città su cosa sia più utile fare. La prima opportunità deve arrivare dal rimetterci dentro la rete della portualità pugliese. Poi bisognerà pensare alla destinazione del porto. La città merita un coinvolgimento che in questi anni non ha avuto. Le modalità saranno elaborazione del centro-sinistra. Un altro obiettivo è quello dell’innovazione che si deve mettere al servizio del cittadino. Fruire dei servizi attraverso le reti, a livello telematico. Molfetta ha un gran bisogno di un protocollo digitale e di una profonda innovazione della macchina comunale anche a livello di infrastrutture. Ciò che la vecchia amministrazione derubricava come orpelli, oggi possano rappresentare un motivo di interesse della giunta a lavorare in questa direzione attraverso il coinvolgimento attivo dei dipendenti». Come pensate di affrontare i temi della sicurezza e della pulizia in città? «C’è stato un ampliamento della città quindi abbiamo risorse insufficienti. Però questo passa anche da una riforma organica di quella che sarà l’Asm del futuro, probabilmente un aggregato consortile sovracomunale. Certamente sarà una delle azioni di governo che caratterizzerà questa amministrazione. Penso che ci sia una parte che riguarda l’organizzazione delle strutture preposte a lavorare sotto questo profilo e c’è una questione che concerne il profilo civico dei cittadini. Noi dovremmo lavorare su entrambi e lo possiamo fare cominciando dalle scuole al cui interno si costruisce il cittadino. Si può iniziare a costruire una coscienza civica e di questo il Comune deve farsi promotore. Anche il Comando della polizia Municipale è sotto organico. In questo caso c’è da lavorare sull’allocazione delle risorse che siano mirate ai bisogni della città. Sarà difficile che ci possa essere un incremento del personale a seguito delle esigue risorse a disposizione. Però l’obiettivo è di riuscire a tagliare quei costi che sono improduttivi, favorendo un intervento che vada ad aumentare le risorse umane dell’Asm. Sul versante della sicurezza c’è da affrontare l’emergenza di un riferimento organizzativo del comando di Polizia Municipale. Noi non ci sottrarremo all’impegno che abbiamo assunto, ovvero la possibilità di ricoprire cariche dirigenziali attraverso concorsi pubblici perché la terzietà della pubblica amministrazione è la migliore garanzia per la giunta». Cosa si devono aspettare i cittadini da questa nuova Amministrazione? «I cittadini devono aspettarsi un lavoro continuo per il bene della città attraverso delle scelte che vadano in questa direzione. Molfetta avrà nei prossimi mesi una vera e propria scossa sotto il profilo dell’innovazione e sotto tanti altri aspetti che riguarderanno diversi settori della vita comunale. Ci sarà una continua interlocuzione con chi governa, con i gruppi consiliari e con le forze politiche. È una lezione che il centrosinistra ha imparato ed è per questo che ripartiamo dai nostri limiti. La cittadinanza non dovrà sentirsi disorientata se faremo emergere il conflitto perché, quando emerge e lo si sa ben regolare, è un motivo di assoluta crescita. Alla politica spetta il compito di regolare lo scontro di idee e non di occultarlo. Quando ci si siede su un vulcano non è mettendoci un tappo sopra che lo si può frenare».