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Dante Altomare: riannodare i fili della straordinaria stagione del '94 e ripartire guardando avanti
15 settembre 2012

È stato uno dei protagonisti della stagione del ’94 a Molfetta, assessore nella prima amministrazione di Guglielmo Minervini. Attualmente Dante Altomare è dirigente di azienda. Abbiamo ripercorso con lui un cammino a ritroso per capire se è possibile ripartire da quella stagione del ’94 che vide protagonista la società civile nel rinnovamento della città. Come ha conosciuto Guglielmo Minervini? «Sono stato studente del Liceo Classico dal ’68 al ’73 e le mie amicizie di quegli anni erano in gran parte localizzate nell’ambito della Sinistra, dalla Sinistra moderata a quella radicale. Molfetta era una città molto vivace da molti punti di vista e il dibattito culturale e politico appassionava moltissimo i giovani. Nel ’73 mi sono trasferito a Torino dove, al Politecnico, mi sono laureato in Ingegneria Elettronica. Il mio primo lavoro l’ho trovato in Piemonte, a Ivrea, in Olivetti. Nel 1984 sono rientrato in Puglia ed ho preso a frequentare alcune delle persone con le quali ero rimasto in contatto nonostante la lontananza e tra queste Antonio Azzollini allora avvocato esordiente, oggi Sindaco di Molfetta e Senatore. Antonio era un vulcano di idee e di progetti per i giovani e la città. Era chiaro per intelligenza e facilità di rapporti che sarebbe diventato uno dei protagonisti della vita politica molfettese. Insieme decidemmo di dare vita ad una associazione per lo sviluppo dell’informatica e per un suo utilizzo consapevole, da questa idea nacque poi la “Blaise Pascal”. Nella fase di costituzione dell’associazione Antonio volle farmi conoscere alcuni brillanti giovani informatici. Uno di questi era Guglielmo Minervini». Come giunge a condividere un impegno politico con Minervini? «Il racconto di Molfetta nella prima metà degli anni Novanta è quello di una città in declino: l’assassinio del sindaco Carnicella, la droga venduta a fiumi ad ogni angolo di strada con le parti più antiche della città presidiate dagli spacciatori, il commercio sulle aree pubbliche preda della illegalità, la crisi del lavoro dei marittimi nella sua fase più acuta, la zona artigianale completamente vuota, il prezzo delle case alle stelle e il piano regolatore bloccato, Molfetta Vecchia ridotta a cumulo di macerie. La politica si mostrava incapace di comprendere quello che stava avvenendo e non riusciva a dare risposte adeguate. In questo contesto nacque il movimento politico “Il Percorso”. Io, come tantissimi cittadini, aderii a quel movimento che voleva affrontare i nodi della città e nel contempo rinnovare la politica. Era un movimento che attraversava tutti i settori economici, tutte le fasce sociali, tutti gli orientamenti politici. Di quel movimento Guglielmo, con una ricca esperienza di impegno sul fronte del volontariato e del pacifismo, seppe rappresentare la sintesi politica e quindi ne divenne leader». Nel ’93-94 a Molfetta il movimento “Il Percorso” è stato in grado di riempire il vuoto lasciato dalla vecchia politica e di proporre un programma e una coalizione capace di realizzarlo. La coalizione che sostenne Minervini come era composta? «Avendo sullo sfondo “Mani Pulite” che aveva decimato la classe politica dell’epoca, il movimento del 93-94 a Molfetta espresse la volontà dei cittadini di riappropriarsi della città, di essere protagonisti della gestione della cosa pubblica e del suo rinnovamento. Ci accorgemmo allora che l’amministrazione della città poteva essere sottratta ai mestieranti della politica. Il programma elettorale fu il risultato di un grande lavoro collettivo in cui diversi pezzi della città si riconobbero. La coalizione, attraverso le primarie, designò Guglielmo candidato sindaco. La nostra coalizione allora comprendeva “Il Percorso”, Rifondazione, il PDS e alcune liste civiche non proprio in linea con il nostro progetto. Nella competizione elettorale del ’94 la nostra coalizione vinse al primo e secondo turno beneficiando della divisione degli avversari, ma non rappresentava certamente la maggioranza della popolazione molfettese. In quella tornata elettorale una buona parte dell’elettorato non ebbe adeguata rappresentanza politica. Di quella anomalia, le personalità politicamente più attente dello schieramento di Sinistra erano consapevoli e nella consultazione elettorale del ’98 vi posero rimedio allargando lo schieramento che risultò nuovamente vincente». Che giunta fu quella che Minervini volle nel ’94 e che ruolo ebbe lei? «Quando Minervini divenne sindaco di Molfetta aveva 32 anni. Molto giovane e con le idee molto chiare. Volle una giunta “tecnica” formata cioè da persone che non fossero espressione diretta dei partiti e che non avessero interessi professionali nei rapporti con il Comune. Giuseppe Cannizzaro vicesindaco alla Cultura, Dino Borri all’Urbanistica, Maria Sasso al Personale, Maria Pia de Candia ai Servizi Sociali e il compianto Giuseppe de Pinto alle Finanze. Io ebbi le deleghe all’ambiente e alle attività produttive che comprendevano il commercio, i mercati all’ingrosso, le aree per gli insediamenti produttivi. Sono stati quattro anni di lavoro intenso con momenti di scoramento e di euforia. Sono tuttora grato a Guglielmo per avermi voluto nella sua giunta, è stato un onore aver potuto servire la mia città». Quali sono state le realizzazioni più importanti di quell’amministrazione? «Le cose fatte sono state tantissime e tutte di forte impatto, l’ammodernamento del Mercato Ittico all’Ingrosso, la costruzione del Nuovo Mercato Ortofrutticolo all’Ingrosso, la sistemazione delle piazze mercato, l’avvio del processo di recupero di Molfetta Vecchia con la partecipazione dei privati. Certamente tra le più importanti vanno citati l’avvio del Piano Regolatore Generale e le iniziative per gli insediamenti produttivi e quindi Zona Artigianale e Zona ASI. L’edilizia a Molfetta era bloccata da decenni, il prezzo delle poche case disponibili alle stelle e qualche migliaio di molfettesi costretti a trasferirsi nei Comuni vicini. Era mancata alla politica di quegli anni la forza morale per fare delle scelte importanti come quelle di perimetrare le aree edificabili e disegnare l’assetto urbanistico della città per gli anni futuri: troppe erano le commistioni tra affari e politica, troppe le cointeressenze. Il merito dell’amministrazione di Guglielmo Minervini fu quello di mettere fine ad una fase importante dell’iter di approvazione del Piano, ovvero quello della definizione puntuale dei confini della nuova espansione e la sua pubblicazione. Fu quello l’atto con il quale ebbero fine i giochi, i ricatti, le estorsioni che avevano visto come protagonisti i proprietari dei suoli, i costruttori, i politici, i faccendieri della nostra città». E la zona PIP, la cosiddetta zona artigianale? Era stata realizzata negli anni Settanta/Ottanta ma era in gran parte vuota. «In effetti era vuota nella metà degli anni Novanta. Vuota di fabbriche, di uffici. La palazzina servizi, attualmente occupata dal Molfetta Multiservizi, era stata vandalizzata e ridotta a ricettacolo di zingari e sbandati. Eppure tutti i suoli erano stati assegnati dal Comune, tutti i suoli avevano un assegnatario, ma nessuno costruiva. Scoprimmo che nella maggior parte dei casi gli assegnatari erano pseudo-imprenditori, tecnici vicini all’amministrazione comunale, consiglieri comunali factotum, faccendieri, mediatori, etc. Insomma, speculatori più che imprenditori. Uno dei primi atti del mio assessorato fu quello di revocare tutte le assegnazioni, tutti i suoli rientrarono nella disponibilità del Comune e furono riassegnati a imprenditori veri, questa volta, che investirono e fecero della zona artigianale ciò che è oggi, una importante risorsa per la città». Parliamo della zona ASI. L’agglomerato industriale di Molfetta (zona ASI) è gestito da un consorzio che ha sede a Modugno e del suo CDA fa parte il nostro sindaco. Come nasce l’ASI a Molfetta? «Oggi la zona ASI, con le sue grandi strutture commerciali, con le sue importantissime aziende del terziario rappresenta una fattore di sviluppo e di modernizzazione del territorio, ma può diventare ancora altro e di più. Relativamente alla zona ASI, le cose cominciarono a muoversi con la amministrazione di Guglielmo Minervini, anche se nella maggioranza di governo, nella parte più radicale, vi erano posizioni che si opponevano alla trasformazione dell’area per motivi di tipo ideologico e ambientalistico. Ricordo che allora fu proprio Dino Borri a spingere per realizzare una ASI a Molfetta perché questo avrebbe rappresentato occasioni di sviluppo per il nostro territorio. All’epoca del nostro insediamento il Consorzio ASI era commissariato, paralizzato da una incapacità amministrativa che si protraeva da anni. L’area era stata perimetrata sulla carta ma nessun atto amministrativo significativo che esprimesse il seppur minimo orientamento era stato adottato». Come vi muoveste? «Ci attivammo per ricostituire gli organi di governo del Consorzio e riuscimmo ad ottenere per Molfetta un rappresentante nel Consiglio di Amministrazione con il mandato di realizzare la infrastrutturazione dell’area in tempi brevi. Il nostro rappresentante fu il dott. Onofrio Palombella, una persona tenace e intelligente che ha giocato un ruolo decisivo nella vicenda ASI. Sotto il suo costante impulso il Consorzio realizzò il progetto esecutivo delle opere, reperì i finanziamenti ed avviò i lavori portandoli poi a compimento in breve tempo. Onofrio Palombella, oggi manager di successo in una azienda multinazionale vive al Nord da anni, è una di quelle persone che ha dato molto alla nostra città e che potrebbe dare ancora moltissimo se un giorno decidesse di rientrare». Cosa rappresenta oggi l’ASI? «Nella zona ASI oggi solo nel settore dei servizi avanzati e di customer care, lavorano non meno di 1.500 persone a diversi livelli di professionalità. Exprivia, Network Contacts e Compugroup Medical Italia sono importantissime realtà di questo settore nel panorama nazionale. Se non ci fosse stata la zona ASI queste realtà o non esisterebbero o sarebbero altrove, forse al nord. Poi ci sono le piattaforme logistiche delle grandi catene di distribuzione, i centri commerciali, le gallerie commerciali, il commercio all’ingrosso e gli outlet. Molfetta, come spesso accade, anticipa nel proprio territorio i processi di trasformazione nel campo del lavoro, del commercio, del tempo libero, degli stili di vita. Sta recuperando, proprio grazie alla zona ASI, l’immagine di città moderna, laboriosa, intraprendente e attiva, immagine che aveva perso nei decenni scorsi in cui l’edilizia aveva drenato le maggiori risorse finanziarie della città. Attorno alle iniziative imprenditoriali oggi presenti sul territorio sta crescendo una generazione di manager che saranno essi stessi attori di ulteriore sviluppo negli anni futuri. E questo vuol dire benessere per la nostra città e una speranza concreta di lavoro e di futuro per i nostri giovani». Ci parli di qualche realtà imprenditoriale particolarmente rappresentativa della zona ASI «Certamente la principale realtà è Exprivia. E’ la più grande impresa di informatica del Mezzogiorno, una delle due aziende pugliesi ad essere quotata alla Borsa di Milano (l’altra è il Gruppo florovivaistico Ciccolella). Duemila dipendenti, sedi nelle principali città italiane e con investimenti importanti in Spagna, Messico, Brasile. Tra le realtà presenti nell’ASI mi piace segnalare la Network Contacts, una delle più importanti realtà nel Mezzogiorno nel campo del Customer Care. I suoi manager, in primis Giulio Saitti, con passione e professionalità hanno saputo creare nel tempo una fitta rete di relazioni che porta oggi questa azienda ad annoverare tra i propri clienti organizzazioni multinazionali operanti nel campo delle telecomunicazioni e dell’energia. Per avere una idea di cosa oggi Network Contacts rappresenti per il territorio, è sufficiente spingersi oltre la seconda rotonda di Via Adriano Olivetti direzione Bisceglie; si rimane impressionati dal grande numero di autovetture parcheggiate dappertutto e dall’animazione nei pressi della sua sede. Nella Network Contacts si ritrovano anche segni di particolare attenzione verso il sociale, basti pensare che nella stessa sede opera un asilo-nido». Come vede il futuro di questa città dal suo osservatorio di uomo di impresa ed ex amministratore pubblico? «Sulla base di quello che, come comunità, abbiamo saputo fare possiamo essere ottimisti. Al di la delle appartenenze politiche dei soggetti che si sono succeduti al governo della città, esiste una sostanziale continuità amministrativa relativamente ai temi forti quali le zone industriali, i mercati all’ingrosso, il Centro Antico e l’ambiente. Detto ciò dobbiamo tutti rivolgere maggiore attenzione a quello che sta avvenendo a Ponente della città, all’ASI, alla zona artigianale, queste zone sono ora sede di lavoro, di acquisti, di eventi culturali per i nostri concittadini ed anche di divertimento per i nostri giovani. Quella zona non può essere altro rispetto a Molfetta, non è extra moenia, territorio di competenza di un’altra autorità, quella zona è Molfetta a tutti gli effetti, dobbiamo sentirla come nostra ed avere particolare attenzione per quanto riguarda gli insediamenti, i servizi, i trasporti, la viabilità, la sicurezza, l’ambiente, etc.». E il nuovo porto, che ruolo potrà avere nello sviluppo della città? «Non sempre le infrastrutture, il porto nel nostro caso, portano sviluppo e occupazione. E penso che questo sia particolarmente vero nel caso di un porto mercantile. Non so quale sia il tasso di utilizzo dei porti delle città vicine (penso a Bari per esempio) e non mi sorprenderei se si scoprisse che sono in parte inutilizzati. Con le infrastrutture bisogna attivare i processi economici che creano valore e questo è molto arduo e imprevedibile». Ritiene che la Sinistra abbia un futuro in questa città da 12 anni amministrata dal centrodestra? «Io penso che la Sinistra a Molfetta abbia un grosso problema ed è quello delle alleanze, da sola non ha i numeri per governare. La Sinistra a Molfetta, da qualche decennio, rappresenta i gruppi sociali più tutelati: i professionisti, gli insegnanti, gli impiegati, i dipendenti pubblici in generale. Non riesce ad essere espressione delle parti sociali più deboli: i disoccupati, i precari, gli artigiani, i piccoli commercianti, etc. Parti importanti della città, politicamente instabili che tipicamente si collocano nei partiti o movimenti di Centro. Il primo importante tentativo di legare queste anime, in un progetto di rinnovamento della politica di cui la Sinistra fosse culturalmente egemone, fu fatto da Guglielmo Minervini nel suo secondo mandato del 1998. Quell’esperienza si concluse traumaticamente nella sera del 20 settembre del 2000 quando la maggioranza dei consiglieri si dimise determinando la caduta del Consiglio Comunale e del sindaco». Si interruppe, allora, un processo di rinnovamento della politica. Quanta la responsabilità della Sinistra? «La caduta di quell’amministrazione, uscita dalle urne solo due anni prima, fu determinata dallo sfilacciamento della maggioranza e dall’esplosione del grande disagio della Sinistra molfettese a condividere con altri un progetto, a farsi interprete degli interessi meno nobili, ma non meno legittimi, di quelli che essa storicamente esprime. Non erano pochi a Sinistra a desiderare di potersi smarcare da Guglielmo e dalle sue scelte di allargare la coalizione in direzione del Centro, molti avevano nostalgia di ritornare all’opposizione. Ma fu anche l’effetto della incapacità della Sinistra a comprendere l’importanza dei processi di cambiamento avviati nella città, basti pensare che personaggi autorevoli, sebbene molto isolati, della Sinistra ritenevano la realizzazione della zona ASI e gli insediamenti commerciali (Outlet, IperCoop, etc) ferite inferte alla città. L’amministrazione di Guglielmo Minervini, fu tutta basata sul cambiamento avendo in mente una città viva e moderna, non tutta la Sinistra condivise allora questa visione. Con la fine di quell’amministrazione, fu disperso un gruppo dirigente che si era formato nella gestione della cosa pubblica dal 1994. L’incapacità della Sinistra di andare oltre se stessa trovò poi conferma nelle scadenze elettorali successive, sbandata ed alla mercé di opportunisti ritrovò forse la sua integrità ma lasciò ad altri l’iniziativa politica e il governo della città al centrodestra». Alla scadenza delle prossime elezioni per il governo della città quale pensa che debba essere la posizione della Sinistra e il suo candidato? «La città ha bisogno di essere amministrata dopo un decennio di assenza di amministrazione (troppo grande il fardello della doppia carica anche per un uomo forte come il senatore Azzollini). Una stagione piuttosto opaca nella quale gli amministratori spesso non hanno avuto un volto. Questo non vuol dire che la Destra abbia concluso il suo ciclo e che si avvii inesorabilmente verso il declino. Non esiste una relazione di causa-effetto tra la qualità di una amministrazione ed il consenso (elettorale). Cattive amministrazioni trovano poi modi e mezzi per ricreare la base del consenso per continuare ad essere cattive amministrazioni. Una coalizione per essere vincente deve essere coesa e deve riuscire a costruire attorno ad un candidato una base ampia di consenso e questo richiede tempo e lavoro. E quindi il candidato va individuato subito. Il suo profilo? Il candidato sindaco deve avere una storia di vita e di lavoro che possa essere raccontata. Una storia semplice, ma cristallina. Una persona che, libera dai pregiudizi, sappia cogliere le trasformazioni che stanno avvenendo in città e comprendere i processi in atto a Ponente (zone industriali) per governarli e indirizzarli allo scopo di favorire lo sviluppo e l’occupazione, soprattutto dei giovani. Una persona che si dedichi alla città totalmente e che sia forte perché il lavoro da fare è tanto. Un cuore generoso. La Sinistra, la Sinistra che per me continua a rappresentare nel mondo i valori della solidarietà, della libertà e dell’emancipazione, la Sinistra per recuperare la sua leadership culturale/ ideale in questa città deve smetterla con i “distinguo” e aprirsi alle differenze. Negli ultimi tempi nell’ambito della Sinistra si sono affermati giovani capaci e aperti, animati da un senso concreto delle cose. Penso ad Aritmia Mediterranea, una bella manifestazione estiva che è occasione di confronto di idee ma anche momento di forte coesione tra i giovani al di la delle appartenenze». Da dove ripartire? «E’ dal 2000 che bisogna ripartire, dalla drammatica sera del 20 settembre del 2000. Bisogna riprendere, uno per uno, i fili di quella straordinaria stagione iniziata nel 1994 per riannodarli al presente e di lì ripartire guardando avanti». Lei si candiderebbe? No, sono molto preso su altri fronti. Certamente un aiuto a chi volesse davvero impegnarsi ritengo di doverlo dare come devono darlo tutti quelli che hanno cuore la città».

Autore: Felice de Sanctis
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