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Dalla città smart alla città dark
15 luglio 2019

Credevamo di essere una città smart e ci ritroviamo ad essere una città dark. Per usare gli slogan che piacciono al nostro sindaco Tommaso Minervini, siamo passati dal desiderio di una città intelligente alla realtà una città oscura. Gli ultimi fatti di cronaca ne sono una dimostrazione, a conferma che non basta fare qualche marciapiede, metter fiori che regolarmente appassiscono e vanno sostituiti a beneficio di chi ha la gestione del verde, rompere strade per rifarle per l’ossessione dell’assessore “cantiere perenne”. I fatti di cronaca (un omicidio e 12 arresti in due giorni non sono ordinaria amministrazione) dimostrano che la città è malata, esiste un malessere di fondo che non è stato mai affrontato seriamente e che produce fenomeni di criminalità e microcriminalità diffusi. Provate a chiedere ai cittadini di Molfetta se sono contenti: pochi vi risponderanno affermativamente, tanti non nasconderanno il loro disagio, che è latente, ma diffuso. Sempre il sindaco che immagina di vivere in una città che non c’è e che lui non conosce, chiuso com’è nel suo ufficio al Comune per 14 ore al giorno a lavorare (di questo gli va dato merito), si meraviglia di quelle che lui definisce “sacche di illegalità”. Non dovrebbe stupirsi, perché quando il collegamento tra l’amministrazione e i cittadini è fatto solo di qualche delibera inutile, con spreco di denaro pubblico, solo con la speranza di ricavare consenso, si prendono i voti, ma si perde la credibilità e soprattutto quella coesione che lui, in buona fede, immagina o auspica in una città divisa più che mai. Alto che comunità o comunione di intenti! Forse la sensazione che tutti avvertono, e che “Quindici” ha denunciato più volte, quella che definiamo con un slogan “liberi tutti”, dopo una stagione amministrativa di restrizioni scomode che non piacevano a tanti, sta provocando più danni che vantaggi. E, di questo passo, la situazione (speriamo sinceramente di no) è destinata a peggiorare. Una maggioranza tenuta insieme dal collante della necessità elettorale, non da una fede e un programma condiviso, è destinata a scollarsi alla prima occasione. E i sintomi li abbiamo visti alle elezioni europee, dove ognuno è andato per proprio conto. E’ questa la politica smart che piace tanto al sindaco che fu del governo a rete, naufragato miseramente? Ma, dirà qualcuno, quello che avviene nel Palazzo, non è avvertito dai cittadini che badano solo ad avere servizi, strade non dissestate, ospedali efficienti che funzionino e non una città dove alcuni dipendenti, stando alle ipotesi della magistratura, fanno il proprio comodo sulla pelle della gente. Non è così, a Molfetta si avverte questo clima del lasseir faire che non impone vincoli né regole, ma a beneficiarne sono solo in pochi, la maggioranza non ne è partecipe, si sente esclusa da una gestione dei soliti personaggi, sempre gli stessi che, cambiano casacca e bandiera con lo stesso ritmo con cui si cambiano i calzini, pur di restare al potere, di governare la città e soprattutto di far capire alla gente che i padroni sono loro. Provate a chiedere in giro: noi da bravi cronisti l’abbiamo fatto e i risultati sono sconcertanti. Ecco, il concetto di amministratore per questi personaggi coincide con quello del padrone, non di chi sta al servizio della città, ma di chi si serve della città per i propri interessi politici, anche se talvolta non si tramutano in interessi economici. Un vecchio politico diceva una volta: non mi interessano i soldi, mi interessa il potere che riesce ad appagare ancora di più. Ça va sans dire: cummannari è megghiu ca futtiri. Il sindaco si autocelebra, ma nel frattempo i suoi alleati lo hanno isolato e commissariato, come hanno isolato quel che resta del misero Pd, da partito trasformatosi in lista civica per l’uso di questo o quel personaggio. Del partito originario, è rimasto solo il nome. Insomma anche questo ad uso elettorale con la differenza di avere una bandiera nazionale (di facciata). Ma guardiamola questa città: ancora sporca, perché il “liberi tutti” lanciato già dal sindaco in campagna elettorale è stato subito raccolto dai cittadini zozzoni: i mastelli sono ormai un ricordo, il lungomare è diventato un immondezzaio, dove si butta di tutto perfino nei contenitori del vetro. E al mattino l’omino ecologico raccoglie ogni cosa. Indifferenziata a go go, con il beneplacito del presidente dell’Asm, Paparella che non riesce a gestire più nemmeno l’ordinaria amministrazione. E la polizia municipale che doveva controllare? E le telecamere trappola? Abbiamo aumentato il personale, per passare il tempo a guardare la tv, pardon i terribili video delle 160 telecamere che non perdonano. Certo, sono aumentate le multe, questo è anche buono e giusto, ma abbiamo la sensazione che sia solo una direttiva per fare cassa. E tutto il resto? Pazienza. Ne volete una riprova? Basta leggere i commenti sulla notizia del vigile che ha risposto male al disabile che voleva vedere il concerto di Carboni all’Outlet. E la gente che fa, torna indietro agli anni Cinquanta, quando si portava la sedia da casa e per riunirsi vicino al mare: le vacanze povere dei nostri nonni. E sì, perché, di soldi in giro ce ne sono pochi e in poche mani. Anche a Molfetta. Il benessere diffuso è un ricordo, alla faccia di chi vanta ogni giorno una zona industriale con imprenditori che, in realtà, non creano ricchezza né lavoro. I giovani, soprattutto laureati, scelgono di emigrare al Nord o all’estero e Molfetta ha una delle percentuali più alte in Italia. E la città invecchia inesorabilmente. E il sindaco parla di nuovo rinascimento. Un decadentismo diffuso, altro che rinascimento. L’impoverimento non solo economico, ma soprattutto culturale della città è evidente (nonostante le tante e belle iniziative), accompagnato da un razzismo diffuso che si legge sui social: gli odiatori sono in aumento in una miserabile disumanità. Un luogo umanamente mediocre, non ha futuro. Per fortuna don Tonino non ha visto tutto questo, mentre per metterci l’anima in pace, gli abbiamo innalzato un monumento, invece di far parlare le nostre coscienze. Ecco oggi trionfano i segni del potere, mentre il potere dei segni è sepolto sotto una montagna di terra ai piedi di una croce di ferro, che più fredda e anonima non può essere.

Autore: Felice de Sanctis
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