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Cronaca di una violenza annunciata. E i genitori? L'opinione di una mamma
15 dicembre 2013

Nulla al giorno d’oggi ci stupisce, quasi niente ci indigna, tutto passa. Così spesso gli avvenimenti di cronaca di cui veniamo a conoscenza dai media, sono semplici notizie, non ci appartengono, finendo spesso ed in fretta per essere “archiviate”, salvo poi meravigliarci quando l’avvenimento, la maggior parte delle volte di cronaca nera, accade all’interno del nostro habitat. Così è accaduto alla notizia della violenza perpetrata ai danni di una adolescente quattordicenne da un branco. Molte le domande, i pareri, i quesiti ma nulla, ormai potrà restituire, alla ragazza la gioia e la spensieratezza dei suoi anni. Facile commentare, ergersi a giudice, anche le espressioni di solidarietà non aiuteranno il lungo percorso che la piccola dovrà affrontare, perché a 14 anni si è ancora piccoli e ancora bisognosi della protezione degli adulti. E allora dove erano quegli adulti che avrebbero dovuto proteggerla, vegliare su di lei, assicurarsi che frequentasse la scuola e che attraversasse, nel modo più indolore possibile, la fase della crescita, gli anni di passaggio fisiologico e non patologico dall’adolescenza al suo diventare donna? Dove erano? Perché sono stati sordi, ciechi e muti di fronte alla sua tacita richiesta di aiuto? Perché sono trascorsi due lunghi anni? Duole constatare, ancora una volta, l’assenza degli adulti, dei genitori, anche di quelli del branco, dei ragazzi che hanno violato il suo corpo e la sua serenità, irrimediabilmente. Accade sempre più spesso che i ragazzi sentano il bisogno di crescere in fretta, di assumere comportamenti da adulti, specialmente quelli negativi, capita di vedere adolescenti che appaiono più grandi della loro età, visibilmente truccate ma ciò non autorizza nessuno, nessuno ad usare loro violenza, anche psicologica, a far leva su insicurezze, senso di insoddisfazione e voglia di diventare grandi in fretta. In questi ultimi decenni abbiamo assistito ad un cambiamento radicale della nostra società; viene spesso a mancare in famiglia la presenza dei genitori, costretti entrambi a lavorare per assicurare ai figli un benessere materiale solo fittizio; i rapporti con il vicinato, spesso si riducono a pura cortesia a causa della mancanza di quella reciproca fiducia che permetteva alle famiglie di vegliare sui figli propri e degli altri, legami indissolubili per i quali i figli erano di tutta la comunità che avvertiva la responsabilità di seguire la loro crescita, e i valori da trasmettere. Lungi dal pensare che tutto andasse bene, che si vivesse in una società ideale ma certamente si avevano più valori e il top per un genitore era la “sistemazione” dei propri figli, l’istruzione, un lavoro, la casa, una famiglia. Ora noi genitori siamo attenti alla crescita culturale dei figli, e se le possibilità ce lo consentono, facciamo frequentare palestre, corsi di lingue, attività varie, spesso ignari delle richieste d’aiuto, silenziose, implicite e purtroppo inascoltate di coloro che non sono bambini ma neanche adulti, che cercano aiuto in un amico appena più grande e non nel genitore. La televisione, internet, i social network ci bombardano di esempi di personaggi giovani, belli diventati con estrema facilità famosi solo per aver preso parte ad un provino televisivo, spesso rivelandosi meteore insoddisfatte del quotidiano a cui sono ritornate. E che dire del silenzio, dell’indifferenza di coloro che vedevano e non hanno denunciato? Forse bastava una telefonata, una segnalazione… perché si è arrivati a questa omertà? Nessuno intende criticare i genitori che hanno necessità di lavorare, tutt’altro ma forse a volte sarebbe utile fermarsi ed ascoltare, regalare ai propri figli un po’ di tempo piuttosto che l’ultimo smart phone, sentendoci in pace con la coscienza. Ed allora siamo tutti coinvolti, tutti colpevoli, poteva capitare a tutti, e tutti sono vittime di questa società che avvolge e centrifuga i sentimenti, ma che non lava le coscienze. Vittima l’adolescente, vittime i mostri che l’hanno brutalizzata, per i quali non potrà esserci perdono, vittime tutti i figli dell’indifferenza, colpevoli quei cittadini che sapevano, che vedevano e che sbirciavano dalle finestre contenti per il fatto che non succedeva ai propri figli, e che magari hanno commentato “se l’è cercata”. A quattordici anni non si cerca un’esperienza simile e neanche da adulti e chi l’ha permesso col suo silenzio, dovrà chiedere perdono alla vittima e rendere conto a se stesso.

Autore: Beatrice Trogu
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