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Crescono le famiglie povere a Molfetta, cosa si nasconde dietro l'apparente ricchezza in città? Lo scoprirete leggendo l'inchiesta sull'ultimo numero della rivista Quindici in edicola
30 luglio 2009

MOLFETTA -Povertà, crescono i molfettesi indigenti e calano gli extracomunitari. E' questo il titolo dell'inchiesta di Marcello la Forgia sull'ultimo numero della rivista “Quindici” in edicola (nella foto, la copertina). Raccontiamo come molte famiglie a Molfetta si siano avvicinate alla soglia della povertà, storie di poveri disperati ignorati dal Comune e dal governo con false promesse. Il vero volto della crisi e il ruolo della Caritas per dare sostegno ai nuovi poveri. Una città che sprofonda nel degrado e nella quale, dietro una parvenza di ricchezza, si trovano molte famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese e nascondono con pudore questa situazione di indigenza. La verità su una crisi italiana che il governo Berlusconi e il sindaco Azzollini ignorano, facendo credere che il paese viva nella spensieratezza e nella tranquillità economica. Ma cosa c'è dietro le quinte? Lo scoprirete leggendo l'inchiesta di “Quindici” sull'ultimo numero in edicola. Un numero, quello in edicola, come sempre ricco di contenuti e di temi interessanti con tanti argomenti che vi terranno compagnia per un mese e vi accompagneranno in una piacevole lettura, con approfondimenti che spaziano dalla cronaca alla politica, dall'economia all'attualità, dalla cultura allo sport. Quindici: quello che gli altri non dicono, Quindici: la rivista che si sceglie in edicola.
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Parzialmente sulla stessa lunghezza d'onda di Parente e Miki 79 (ancora capitano?). Non dividerei però le "colpe" in pari percentuali, alla politica e al popolo. Il popolo si rende conto dell'incompetenza del politico amministratore, dopo lo sfascio avvenuto per colpa dell'incompetenza. Qui sta l'errore: abbiamo continuato ad eleggere personaggi che niente avevano a che fare con le problematiche del momento. Problematiche sempre diverse e non facili da affrontare e risolvere perchè il politico necessitava della compagnia e dell'esperienza del tecnico settoriale. Vedi i guasti idrologigi, ambientali, ecosistemi distrutti, la distruzione degli habitat naturali ecc.ecc.. I politici oggi, parlano solo di investimenti e grandi infrastrutture con ingenti somme di denaro, tutti votati solo all'acquisizione di posti di potere, senza guardare al domani e alle nuove generazioni. Non riusciamo nemmeno ad effettuare un cambio generazionale, perchè non abbiamo prestato attenzione alla degenerazione culturale della vecchia politica. Stanno ancora tutti aggrappati al potere e riescono anche a indottrinare quei pochi giovani che stentano ad emergere. Sono i padroni assoluti, anche nelle loro incapacità: e i guasti ambientali continuano, il degrado sociale sempre più evidente e incontrollabile, la delinquenza sempre più in aumento e sconosciuta, i giovani (non tutti) sempre più sbandati e indecisi, con un futuro sempre più invisibile. Avanti così lo diventeranno tutti: al momento non si vedono soluzioni. A Modo Mio. La globalizzazione. L'individualismo imposto dalla globalizzazione ha sradicato i movimenti di massa e ha reso inservibile categorie politiche e sociali con cui pensavamo noi stessi e gli altri: se le grandi narrazioni collettive sono finite, la vita del soggetto acquista la stessa drammaticità della storia del mondo. Abbiamo bisogno di un nuovo paradigma per capire il presente e, soprattutto, per rivendicare i nostri diritti. Sono finiti i tempi in cui si ragionava in termini politici: tutto questo ha perso di significato. Si avverte il bisogno di nuove categorie, categorie non più sociali ma culturali, perchè è in questi termini che i cittadini di oggi costruiscono le proprie identità: sulle particolarità sessuali, etniche, religiose, laiche e ecologiste. Dobbiamo elaborare un pensiero critico pertinente e soprattutto per la nascita di nuovi movimenti di liberazione nel mondo globalizzato dove, che lo vogliamo o no, ci troviamo a vivere. A Modo Mio e non solo.

L'apparente ricchezza o la "falsa apparenza". (K. Marx). "Il capitalismo - si ricordi, per inciso, che nei suoi scritti Marx non usa nemmeno una volta questo termine - non è caratterizzato soltanto dalla "produzione per la produzione", dalla "valorizzazione del valore" e dall'immane quantità di merci che dà alla luce ogni giorno; a contraddistinguerlo è anche l'apparenza con cui immancabilmente si presentano le cose, come se fossero condannate a non offrirsi mai nella loro reale configurazione. L'epoca moderna - dice Marx -, nella sua capacità, è l'epoca fantasmatica per eccellenza, il regno umbratile in cui hanno cittadinanza fantasmi di ogni tipo: ogni cosa non è che una mera parvenza, un'ombra a cui tuttavia gli uomini danno credito come se si trattasse della realtà. Ciò risulta particolarmente evidente se si guarda a quel "feticismo" tipico dell'economia politica, in forza del quale vengono scambiati per cose quelli che invece sono rapporti tra uomini: per accorgercene, proviamo a volgere lo sguardo a una delle infinite "merci" che popolano il mondo e che vengono affastellate nei supermercati, veri e propri "templi della merce", come li chiamava Benjamin. Se la si considera sotto il profilo del "valore d'uso", non sorge alcun problema: il tavolo serve per mangiare, per appoggiare oggetti, e così via. Ma non appena si consideri quella merce dal punto di vista del "valore di scambio" , ecco che succede qualcosa di davvero bizzarro: "il tavolo si trasforma in una cosa sensibilmente sovrasensibile. Non solo sta coi piedi per terra, ma, di fronte a tutte le altre merci, si mette a testa in giù, e sgomitola dalla sua testa di legno dei grilli molto più mirabili che se cominciasse spontaneamente a ballare". Che cosa accade alla merce? Essa sembra un mero oggetto che si scambia sul mercato e che può essere acquistato in cambio di una certa quantità di denaro: ti do una certa cifra, e tu in cambio mi dai la merce in questione. Di qui l'impressione di avere a che fare con un semplicissimo rapporto tra cose che si scambiano: e proprio in ciò si annida la parvenza illusoria che deve essere smascherata. Infatti, rileva Marx, "quel che qui si assume per gli uomini la forma fantasmagorica di un rapporto fra cose è soltanto il rapporto sociale determinato fra gli uomini stessi". Per questa via, la merca viene a esercitare un dominio feticistico sugli uomini, vittime dell'illusione che essa sia semplicemente una "cosa" e non il prodotto del loro lavoro sociale; e, al tempo stesso, nella produzione di merci, i rapporti umani assumono la forma fantasmagorica di rapporti tra cose, la socialità viene feticizzata in coralità: la società capitalistica viene così a configurarsi eminentemente come una società di merci e di mercati, dei quali gli uomini non sono che gli intermediari. Come nella religione i prodotti del cervello umano prendono vita autonoma e vengono venerati come entità di natura superiore, così accade nel mondo delle merci, dove quelli che sono prodotti degli uomini e del loro lavoro sociale sembrano figure indipendenti e del tutto autonome, alle quali gli individui chinano il capo: la solo sofferenza è che con la religione gli uomini sono dominati dal prodotto del loro cervello, mentre con le merci sono signoreggiati dal prodotto della loro mano. E' tutto ciò che Marx etichetta come "feticismo della merce" a tutta prima, essa sembra un oggetto autonomo, ma se si riesce a superare l'apparenza si scopre che essa: "rimanda agli uomini come uno specchio i caratteri sociali del loro proprio lavoro trasformati in caratteri oggettivi dei prodotti di quel lavoro, in proprietà sociali naturali di quelle cose, e quindi rispecchia anche il rapporto sociale fra produttori e lavoro complessivo come un rapporto sociale di oggetti, avente esistenza al di fuori dei prodotti stessi. Mediante questo quid pro quo i prodotti del lavoro diventano merci, cose sensibilmente sovrasensibili cioè cose sociali." -
"LA POVERTA' RAPPRESENTA UNA MANCANZA DI OPPORTUNITA' DI REALIZZAZIONE DELLA PERSONA, UNA PERDITA DI LIBERTA' SOSTANZIALI" (AMATYA SEN ) La povertà è la faccia nascosta del benessere, sulla quale si preferisce distogliere lo sguardo od esprimere giudizi accusatori irresponsabili. In Italia si contano tuttavia due milioni e mezzo di famiglie sotto la soglia della povertà relativa e 900 mila persone sotto la soglia della povertà assoluta. La povertà non è sempre visibile. La multidimensionalità della povertà, la sua stigmatizzazione fanno si che non tutte le sue forme vengono riconosciute. La povertà nascosta è destinata a diventare sempre più un problema da contrastare anche nelle piccole realtà ad avanzato grado di sviluppo. - - Alessia ha 43 anni, è una operaia. A trent'anni aveva acceso un mutuo per comprarsi la casa con il marito, operaio metalmeccanico. Il mutuo era alto, ma con due stipendi la vita era ancora possibile. Poi però il mutuo ha cominciato a galoppare e Alessia per stargli dietro si è dovuta rivolgere ad una finanziaria che le ha imposto un interesse al 15%. La vita si è complicata pltre ogni previsione, anche perchè nel frattempo era arrivata la cassa integrazione. Alessia non ha avuto scelte. Un bel giorno ha convocato tutta la famiglia e ha chiesto un prestito di 38 mila euro per uscire dall'incubo. - - Paolo ha 45 anni. E' un operaio di una piccola fabbrica. Ha avuto qualche problema di salute e ora è in cassa integrazione. Anche lui, per stare al passo con le spese si è dovuto rivolgere a una finanziaria che gli ha proposto la soluzione della cessione del quinto dello stipendio. Sembrava la scoperta dell'acqua calda, poi però tra commissioni e tasso al limite dell'usura, gli interessi complessivi sono schizzati al 19%. Senza dirlo a nessuno dei suoi amici e usando una falsa identità per la vergogna, Paolo - fresco di divorzio - passa ogni tanto alla mensa della Caritas. Si vergogna, ma non sa che ci sono altri uomini divorziati che vivono provvisoriamente nella loro auto. E vanno a mangiare nelle mense della Caritas. Sono storie qualsiasi. Come queste, se ne nascondono centinaia nell'Italia dei reality show. Alla faccia delle vendite di Suv (che comunque sono in flessione) e delle dichiarazioni del ministro Brunetta, che in uno dei suoi più riusciti guizzi di genio ha parlato di un'improbabile diminuzione della poveretà in Italia. In realtà la condizione dei lavoratori è in continuo peggioramento: cassa integrazione, licenziamenti, rapporti di lavoro precari, pensionati che prestano soldi a figli e nipoti, lo spettro dell'indebitamento che aleggia. E il peggio, secondo tutti gli osservatori, deve ancora venire: il temporale è previsto per autunno, quando scadranno la maggior parte degli accordi sulla cassa integrazione. Mentre sono incerti i risultati effettivi delle nuove norme del ministro Tremonti sulle imprese che non licenziano, quello che le statistiche ufficiali registrano come credito al consumo rischia così di esporre anche il mondo del lavoro dipendente all'usura. -


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