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Cresce il consumo di olio extravergine, ma i prezzi sono fermi
15 gennaio 2011

Correva l’anno 1997, per la prima volta gli olivicoltori dovettero fare i conti con il crollo del prezzo delle olive di oltre il 30%. Il prezzo di 35-40mila lire al quintale, scatenò una vibrante protesta con blocchi stradali, ferroviari e trattori per le strade. Furono le prime avvisaglie negative di un mercato che stava cambiando pelle. Per oltre 40 anni l’industria olearia e i marchi commerciali più rinomati si erano approvvigionati della produzione pugliese, in particolar modo della nostra provincia. Accanto a ciò il sostegno comunitario al reddito, la cosiddetta “integrazione”, aveva contribuito a rendere economicamente rilevante il comparto olivicolo. Poi lo sviluppo della logistica dei trasporti, le politiche espansive degli altri Paesi mediterranei, Spagna in primis, l’invadente capacità della chimica di trasformare qualsiasi porcheria in olio commestibile, complice anche una labile normativa sulle etichettature, infl issero un colpo tremendo al settore, soprattutto alla base produttiva: olivicoltori e frantoiani. Le varie organizzazioni chiesero a gran voce alle istituzioni sostegni per la produzione di qualità, lotta incisiva alle sofi sticazioni, chiarezza delle etichettature e tutela del Made in Italy. La tutela del Made in Italy è una promessa mancata, nonostante le varie iniziative legislative puntualmente cassate dell’Unione Europea che predilige la dicitura prodotto europeo, e reso facoltativa sulle etichettature la provenienza della materia prima, cioè le olive. Sul versante della lotta alle frodi, la battaglia è quotidiana, per le maglie troppo larghe degli interscambi giornalieri. A distanza di tre lustri, sul fronte della qualità si sono fatti passi da gigante: produzioni certifi cate dalla cura della pianta fi no alla molitura, il marchio “Dop Terra di Bari”, la produzione biologica. Nonostante ciò il prezzo della produzione frantoiana e quindi delle olive è rimasto invariato (quest’anno il prezzo medio è stato di 40 euro al quintale). Insomma, una fi liera squilibrata sia per la forza degli acquirenti (intermediari commerciali, industria e marchi rinomati), sia per la debolezza dei tanti e piccoli venditori (frantoi). Il problema non é la capacità di stare sul mercato, quanto il mercato stesso per il monopolio della domanda che inevitabilmente mantiene basso il prezzo. Inoltre anche i canali per portare il prodotto nella grande distribuzione commerciale si sono rivelati effi meri. Un olio extravergine che esce dai frantoi, cioè la spremuta di olive, non sarà mai competitivo negli scaff ali dei centri commerciali, dove si trovano prodotti a pochi euro, che però sono un’altra cosa. Per capirci è la stessa diff erenza che passa tra l’aranciata e la spremuta d’arancia. Neanche una più incisiva organizzazione della fi liera con a capo le varie organizzazioni di categoria ha dato risposte sostanziose, per due motivi: 1) quasi l’85% dell’extravergine che esce dai frantoi è venduto all’ingrosso, quindi senza nome, un prodotto anonimo, nonostante l’ottima qualità, e i vari produttori che cercano di vendere con un proprio marchio si scontrano con le diffi coltà sia organizzative che di sistema; 2) alla fi ne gli acquirenti sono sempre gli stessi. Basta un dato fornito dalla Coldiretti Puglia: per ogni euro speso dal consumatore, 60 centesimi vanno alla catena commerciale, 23 all’industria, 17 al comparto agricolo. Spostare la quota dal commercio ai produttori è l’unica sfi da per evitare di soccombere. Accorciare la fi liera commerciale signifi ca che i produttori devono inventarsi canali e strategie per intercettare il consumatore fi nale, che per quanto riguarda l’extravergine di qualità, non è un consumatore generico, ma ha un target ben defi nito, che guarda prima alla qualità e poi al prezzo e che certamente non rincorre i prezzi stracciati che si vedono nei vari centri commerciali. Il consumo di prodotti d’eccellenza, in cui rientra certamente gran parte del nostro extravergine, continua a segnare in Italia ogni anno incrementi del 2%, le percentuali crescono allargando lo scenario all’estero e con la dichiarazione dell’Unesco che ha sancito la Dieta Mediterranea patrimonio immateriale dell’umanità e le prospettive future appaiano incoraggianti. Quali sono i canali di vendita dei prodotti top e come intercettare questo segmento di mercato? Purtroppo una risposta non c’é. Ognuno si ingegna da sé. Insomma, siamo al fai da te. Nonostante ciò, le risposte alle sporadiche iniziative continuano ad essere positive, come dimostra l’esperienza dell’Oleifi cio Cooperativo di Molfetta che vende direttamente la variegata gamma dell’extravergine con il rinomato marchio “Goccia di sole”. E più i riscontri sono incoraggianti e più aumenta il rammarico di una risorsa potenzialmente fonte di lavoro, reddito e di ricchezza, di primaria importanza, come ieri e più di ieri.

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