Corteo Pontificio di Pio IX
Una nuova pregevole pubblicazione di Mons. Pietro Amato, dopo l’illuminante volume Corrado Giaquinto e i pittori Porta, ha veduto la luce per i tipi delle Edizioni dei Musei Vaticani. Si tratta di Charles Louis de Frédy de Coubertin. Il corteo pontificio di Pio IX (1859). Come ha ben evidenziato nella Prefazione il Direttore dei Musei Vaticani, il prof. Antonio Paolucci, la monografia si inscrive in un processo di catalogazione del patrimonio storico-artistico delle Collezioni Storiche dei Musei Vaticani. Essa consente, attraverso il linguaggio universale e suggestivo dell’arte, di focalizzare parte dell’ultimo segmento di storia dello Stato Pontificio prima della breccia di Porta Pia, riscoprendo (citerò anche la Prefazione di Mons. Giuseppe Bertello, Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano) “lo ‘scrigno’ prezioso delle Raccolte Storiche dei Musei Vaticani”. Mons. Amato punta l’obiettivo su un artista forse maggiormente noto per aver dato i natali a Pierre de Coubertin, fondatore dei Giochi Olimpici, che per la qualità della sua produzione pittorica. Nei cenni biografici su Charles Louis de Frédy, barone di Coubertin, Amato evidenzia la passione dell’intellettuale francese per Roma e per il valore simbolico dell’Urbe. L’opera del de Frédy non ha esercitato particolare interesse sulla critica forse proprio perché caratterizzata da un palese intreccio di religione e aristocratico classicismo. Lo studioso molfettese si perita, invece, di fornire significativi elementi ai fini della rivalutazione di un itinerario artistico tutt’altro che connotato da “mancanza di creatività” e astratta freddezza. L’attenzione del saggista si focalizza sulle donazioni della famiglia de Coubertin ai Musei Vaticani: il maestoso e ieratico trittico del Cortège Pontifical, datato 1859, ma presumibilmente completato, “anche se non del tutto finito, più tardi” (Amato si sofferma anche sulla litografia legata a doppio filo all’imponente olio su tavola), e l’interessante Cartella di Studi, recante diciannove cartoncini numerati, “che fanno da supporto” a disegni, acquerelli e telette. Questi ultimi, in molti casi, ci introducono nel “cantiere” dell’artista e ci svelano il complesso lavorio che conduce alla realizzazione dell’opera maggiore. Il Cortège Pontifical è illustrazione del corteo pontificio di Giovanni Maria Mastai Ferretti, papa Pio IX. È il solenne inno a un potere temporale che di lì a pochi anni avrebbe conosciuto il ‘sisma’che travolse la realtà millenaria dello Stato Pontificio. Eppure, come nota lo stesso Mons. Amato, nulla parrebbe trasparire dai volti ritratti dal de Frédy che punta all’idealizzazione del “vero fisico”. Così il cardinale Antonelli non appare diverso dal napoletano d’Andrea, che avrebbe pagato a caro prezzo il suo atteggiamento verso il problema dell’Unità d’Italia. La tendenza all’astrazione appare evidente nella scelta, nel nucleo centrale del trittico, di un fondo caratterizzato da un finto mosaico a tessere d’oro, con frequente riproposizione del simbolo della croce, indice di vittoria. Forse proprio le tavole laterali del trittico, per il loro carattere di incompiutezza e per l’assenza del mosaico, divengono espressione di una maggiore felicità creativa del de Frédy. La luminosità è meno astratta, il tratto più limpido; le immagini appaiono dotate di una loro spiritualità piuttosto che essere accademiche illustrazioni di un cerimoniale. Mi sembra che questa caratteristica emerga anche in alcuni studi – contraddistinti da una maggior felicità nella resa, anche con pochi tratti, di una psicologia – e nelle telette, tra le quali spicca una Predicazione dei bambini nella chiesa romana dell’Ara Coeli. Di quest’ultima si apprezzano soprattutto la schietta teatralità della piccola predicatrice e l’atmosfera di pacato raccoglimento, accentuata da una luce “diffusa e radente, che si sparge sovrana sugli ascoltatori”. Il lavoro di mons. Amato presenta numerosi elementi di pregio: lo studioso indaga un episodio storico-artistico sconosciuto ai più; offre pregevoli riproduzioni del trittico, della litografia e della Cartella, identificandone tutti i personaggi e fornendone incisive biografie; in un ampio e accurato commento, fornisce l’accessus alle tele studiate, non senza puntuali notazioni di storia del costume. Il merito maggiore, tuttavia, di questo lavoro è proprio quello di fornirci un intrigante affresco della Corte Pontificia in un momento chiave della sua storia, quando la regalità della tiara non sarebbe stata di per sé sufficiente a preservare “un mondo non ancora riconciliato con il moderno”.
Autore: Gianni Antonio Palumbo