MOLFETTA - Bombe carta, spranghe di ferro e attacco violento ai simboli del potere capitalistico. E così quella che avrebbe dovuto essere una manifestazione pacifica, si è trasformata in una vera e propria guerriglia urbana che ha messo a ferro e fuoco la Capitale, oscurando il vero obiettivo del corteo. Questa la piega che ha assunto la manifestazione del 15 ottobre a Roma contro il mercimonio dei diritti, dei beni comuni, del lavoro e della democrazia, attuato da una politica che tutela profitti e speculazione finanziaria. Realizzato per favorire la massima convergenza e cooperazione delle molteplici e plurali forze sociali, il corteo è stato oscurato dai black bloc, che, secondo alcuni, avrebbero urlato il proprio disagio in modo del tutto incivile e inaccettabile.
Quindici ha intervistato Pasquale De Candia e Federico Ancona, componenti del Coordinamento 15 ottobre e organizzatori del gruppo di 50 molfettesi sbarcati a Roma per il corteo.
Quale è stato il passo in avanti dopo la manifestazione del 15 ottobre a Roma?
[De Candia] «Sicuramente la partecipazione, perché le cifre, anche se non ufficiali, si attestano intorno a 500mila persone. Mentre noi eravamo ancora al punto di partenza in Piazza della Repubblica, la testa del corteo era già in piazza San Giovanni. È un’adesione importante per un corteo autoconvocato. È un passo, ma ora bisogna andare avanti, fare un lavoro sui territori per rendere palese quella che è la necessità di un cambiamento forte e radicale in Italia nell'economia, nella società e nella politica.
Ad esempio, la presenza dei lavoratori al corteo non è stata indifferente, grazie all’interesse della Fiom e dei sindacati di base. È stato un corteo con una forte connotazione giovanile, l’età media era molto bassa, e questo mi ha sorpreso favorevolmente.
Però, mentre da una parte abbiamo le nuove generazioni che non trovano un lavoro, che non hanno la possibilità di costruirsi un futuro, dall’altra abbiamo anche la generazione dei nostri genitori che vivono delle difficoltà oggettive. Il passo successivo sarà costruire sui territori dei coordinamenti che possano manifestare questa voglia profonda di cambiamento presente in Italia, poiché molti cittadini non condividono la piattaforma e le ricette della Bce, le stesse che hanno portato la Grecia allo sfascio».
Ci sono altre modalità per concretizzare le idee della manifestazione?
[De Candia] «Serve una rappresentanza del disagio. Le nuove generazioni non trovano nel settore sindacale e politico un punto di riferimento per il cambiamento. Ecco perché l’unione delle forze nei territori, associazioni, movimenti e partiti, a mio parere, è la strada più adeguata. Bisogna, dunque, partire dai territori con maggiore consapevolezza, dimostrando che c’è ci chi pensa in maniera alternativa e riesce a realizzare pezzi di socialità alternativa e proposte di gestione dei beni comuni non mercificate.
Ecco perché un corteo da solo non basta, è un passaggio, una fase. L’obiettivo è fare capire alle persone che non sono sole».
L’insurrezione dei black bloc è stata una manovra politica, un sabotaggio organizzato, oppure opera del movimento anarchico e degli esponenti dei centri sociali?
[Ancona] «Potrebbe anche essere interesse del Governo evidenziare le violenze in piazza. Controllando la stragrande maggioranza dei mezzi di informazione, sta riuscendo, anche se in parte, a far venir fuori solo quello. È anche vero che le violenze convengono al sistema tanto da metterle in primo piano rispetto alla manifestazione in sé. Ma la verità viene sempre a galla prima o poi».
[De Candia] «Io ritengo quello che è successo un errore politico, ma non bisogna assolutamente pensare di ridurre tutto a un problema di ordine pubblico, come stanno facendo il Governo e anche pezzi di opposizione parlamentare come l'Idv di Antonio di Pietro. Il disagio sociale va affrontato con le politiche sociali adeguate, con un cambiamento di rotta radicale. Non si può pensare che la galera o le leggi speciali siano il modo per risolvere il problema».
Dare un segno tangibile punendo adeguatamente i responsabili che hanno messo a ferro e fuoco la Capitale, potrebbe essere un deterrente per ridurre questo fenomeno di violenze durante le prossime manifestazioni?
[De Candia] «La legge di cui parla di Pietro non ha risolto il problema della violenza in piazza nel periodo in cui è stata attuata. Quel tipo di legge serve solo a limitare la libertà di dissenso. Bisogna risolvere il problema alla base, per esempio il problema della disoccupazione giovanile che in Italia è la più alta d’Europa. È necessario dare una prospettiva alla mia, alla nostra generazione. Bisogna risolvere i problemi sociali poiché con le leggi speciali non si risolve niente. Del resto nemmeno la maggioranza di governo è d'accordo su certe misure. Non si può affrontare una situazione sociale così grave come se fosse un problema di ordine pubblico».
Questo atteggiamento di violenze e scontri, potrebbe essere una conseguenza del clima nazionale?
[De Candia] «Certamente in Italia stiamo vivendo una fase in cui nel dibattito pubblico nazionale la politica non rappresenta più un punto di riferimento. Stiamo parlando di una politica sconvolta ogni giorno da scandali, che non risolve i problemi, ognuno pensa per sé e i grandi gruppi economici ci guadagnano di più da questa situazione».
Ci sono delle discrepanze tra ciò che hanno mostrato i media e la realtà? Esagerazione o reale stato dei fatti?
[Ancona] «Si è attuata una strategia mediatica per non parlare dei problemi. Buono o cattivo in questo caso sono categorie difficili da giudicare. Più che esagerare, direi deformare. Si è voluto far apparire le violenze in un certo modo, si è mandata in onda tante volte la scena della madonnina fatta a pezzi, un frangente brevissimo rispetto a una manifestazione di ore e ore. È chiaro che si sono voluti mettere in risalto i punti meno qualificanti, che servivano al potere per descrivere i black bloc o inventare, come spesso si fa, un nemico, un immaginario collettivo per poi assegnare a tutto il movimento l’etichetta di violento».
Questa la parte ideologica. E il concreto?
[Ancona] «È chiaro che dipende fino ad un certo punto dal movimento. Spetta non tanto al movimento, quanto a chi dice di voler incarnare gli ideali della piazza farli propri nell’azione politica. Nel momento in cui questo non avviene, e non è detto che avvenga, è chiaro che le risposte generate vanno al di fuori della pratica politica quotidiana. Questa è una spiegazione del perché siano nate queste forme di lotta. Nessuno è riuscito a rappresentarle adeguatamente».
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