Corso Umberto, lutto commerciale in negozio il futuro è nero
Che la crisi economica si senta tutta non è una novità di questi mesi. Le fasce sociali più deboli (giovani senza lavoro, precari, anziani sempre più poveri, piccoli esercenti locali, ecc.) non solo sono subissati da continue imposte e tasse, ma anche da una burocrazia e un mercato che – è il caso dirlo – proprio non funziona, sbilanciato in favore dei grossi agglomerati commerciali che sembrano risucchiare i piccoli acquisti e le necessarie spese quotidiane. Di fatto, la crisi attuale sarà ricordata da tutti come la più nera di un’epoca intera. Una brutta pagina nella storia della città di Molfetta, segnata dall’evidente chiusura o non riapertura di numerosi negozi che lasciano la serranda abbassata e un vuoto non soltanto nell’arredo urbano delle strade, ma anche nell’immaginario collettivo dei quartieri cui si è stati abituati per decenni. In zone come Corso Umberto e Corso Margherita costituite da fasce più benestanti e aree da sempre più popolari, si assiste al livellamento delle condizioni economiche della classe media: rischio povertà reale per tutti. Esercizi commerciali di ogni tipologia: abbigliamento, detersivi, pizzerie, un calzolaio e così via. Non se ne è salvato nessuno e i titolari di quelli che ancora sono aperti, fanno fatica a tenere testa alle spese di affitto dei locali e alle bollette varie, pensando anche a un minimo di reddito da portare a casa. Basta farsi una passeggiata al Corso Umberto per rendersi conto di quanto la crisi abbia danneggiato il commercio locale. Le saracinesche sono chiuse, fogli di quotidiani attaccati alle vetrine sporche. Una desolazione che stringe il cuore. E pensare che molti anni fa le strade del centro (e non) pullulavano di clienti, provenienti anche dalle città limitrofe, che si davano allo shopping e adocchiavano magari un’offerta imperdibile. Di quei tempi resta un lontano ricordo. Nell’ultimo ventennio il commercio è stato radicalmente rivoluzionato dall’insediamento massiccio di centri per la grande distribuzione, un aumento di concorrenza che ha generato una spirale critica senza fine. In più la grave recessione mondiale ha favorito un’accelerazione alla chiusura degli esercizi. A stento si porta a casa un minimo di reddito. Non si riesce nemmeno a porre un freno a un fenomeno che nel corso degli anni ha colpito anche Molfetta. La realtà sta nel fatto che non esiste né un piano di riqualificazione, né uno di rilancio economico. La città è stata abbandonata a se stessa, anche dal punto di vista commerciale. Il disagio va avanti da anni, ma ancora oggi nessuno si mette a lavoro. L’unica soluzione sarebbe quella di trovare imprenditori disposti a investire in un progetto commerciale che possa abbracciare le strade indicate e dare la giusta dignità al centro di Molfetta, un tempo principale luogo commerciale e di unione tra i cittadini. La politica molfettese, attraverso azioni e interventi mirati, dovrebbe farsi carico delle richieste dei suoi cittadini, ma si registra una reale incapacità del governo di centrodestra guidato da Antonio Azzollini che pensa solo al nuovo megaporto, trascurando tutto il resto. È necessario trovare rimedi e attuare misure di crescita. La città ormai pretende che finiscano le guerre tra gruppi contrapposti di amministratori e i loro estenuanti scontri, lunghi e inconcludenti, lontani dai problemi reali. La macchina amministrativa in questi anni ha compiuto solo passi indietro e non avanti e il commercio molfettese ci ha rimesso. Neppure i saldi hanno aiutato il commercio locale. Tante vetrine hanno esposto scritte promozionali, con sconti dal 20% al 50%, anche se in alcuni negozi si arriva addirittura al 70%. Ma se i saldi sono la cartina di tornasole di come andranno le vendite, non è possibile essere ottimisti. Le file davanti all’ingresso, le code alle casse ci sono solo per le grandi marche nel centro commerciale, che succhiano denaro al Sud per trasferirlo al Nord, senza lasciare nulla al territorio, se non la parvenza di un’occupazione precaria per i giovani in posti di commessi. I molfettesi oggi affollano solo le catene di franchising a basso costo. Insomma, prima era shopping, ora è necessità. È vero che molti hanno atteso con trepidazione i saldi per acquistare capi sotto osservazione da tempo, ma se prima si rinnovava il guardaroba, oggi si acquistano al massimo, in media, due capi o un paio di scarpe. In ogni caso, alla fine delle svendite non si raggiungeranno i 250 euro a famiglia in media registrati nei saldi invernali. I saldi anche quest’anno non riusciranno a far recuperare le vendite venute meno nel corso del mese natalizio. Troppo onerosa la vita per tutti. Non bastava il saldo dell’Imu, ora pioveranno rincari su tutto, dalle raccomandate al gas, alla Tares. Siamo in una stagnazione drammatica. E ora di svegliarsi perché il centro città sta morendo giorno dopo giorno. E questo problema sarà materia da affrontare nella campagna elettorale per le amministrative che dovranno eleggere un sindaco di svolta per rilanciare una città degradata ai livelli più bassi della sua storia.
Autore: Andrea Saverio Teofrasto