Corrado Minervini: una candidatura vitale per i DS
Ad un mese dalla vittoria di Vendola nella competizione per il governo della Puglia, per i DS di Molfetta è ancora tempo di bilanci.
Dopo il 6,5 % registrato alle elezioni provinciali dell'anno scorso, i voti della Quercia sono tornati a scendere e si fermano al 5% delle ultime regionali.
Il candidato dei DS all'assise regionale, Corrado Minervini, unico rappresentante del partito a Palazzo Giovene, cerca di fare un bilancio il più possibile positivo, nonostante la “crudeltà” dei numeri lasci poco spazio all'ottimismo.
Consigliere Minervini, come si può definire il bilancio dei DS dopo i risultati di queste elezioni regionali?
Sicuramente è un bilancio molto meno negativo di quanto non sia apparso all'indomani del voto. E questo appare evidente soprattutto a chi conosce la storia dei DS. In primo luogo bisogna considerare che, se i DS avessero deciso di non candidare nessuno, come ci è stato insistentemente chiesto, probabilmente saremmo scesi sotto la soglia delle comunali del 2001. Un calo che sarebbe stato controproducente per l'intera coalizione. Se i DS sono deboli, soprattutto per la funzione assunta negli ultimi anni, anche la coalizione si indebolisce.
La mia candidatura, maturata, peraltro, attraverso un percorso, soprattutto sotto il profilo personale, molto sofferto, è arrivata ad un mese dalle elezioni, con una condizione economica del partito poco solida. Non è stata un'esperienza deludente visto che il partito non faceva una campagna elettorale di così alto livello da almeno una decina d'anni.
Sicuramente c'erano candidature decisamente più forti a sinistra, come quella di Guglielmo Minervini che ha “catturato” voti sia dall'area dei DS che da quella di Rifondazione Comunista, ma se dovesse individuare un errore, prima o durante la campagna elettorale, quale sarebbe?
Mentre i DS hanno concentrato i loro sforzi quasi esclusivamente per aprire un dibattito politico ampio e laico nella città, per la coesione dell'Unione e per un progetto partecipato di governo di Molfetta, altri si concentravano, legittimamente, anche sull'aumento della propria visibilità. L'iniziativa politica dei DS ha risentito di questo. Nel corso della campagna elettorale non credo siano stati compiuti degli errori. Abbiamo raggiunto un risultato dignitoso, nonostante le aspettative fossero diverse. Rispetto alla mia candidatura, speravo di evitare di fare una magra figura e credo che novecento voti, nella nostra situazione, siano un buon risultato, soprattutto in un partito come il nostro che punta prevalentemente al voto di lista. Credo che, anche rispetto alle altre città ed alle altre candidature del mio partito, sia un risultato incoraggiante. Per il resto è evidente che, scendendo in campo una figura come quella di Guglielmo, sindaco di questa città per due mandati, la propensione alla “convergenza dei voti” era inevitabile.
Secondo lei c'è solo un problema di comunicazione o è necessario cambiare qualcosa nella linea politica del partito?
Sicuramente il lettore più attento del giornale si è accorto che in questi mesi la linea politica della coalizione è stata indirizzata dai DS, i quali chiedono innanzitutto le primarie, per la definizione della leadership della coalizione, oltre ad un programma che sia autenticamente partecipato, assieme ai protagonisti del tessuto sociale, culturale ed economico della città. Questi elementi fanno sistema all'interno della coalizione e sono stati fondamentali negli stati generali del centro sinistra che si sono svolti all'inizio dell'anno. Sia rispetto alla strategia della coalizione, sia rispetto alle singole battaglie, il partito ha avuto una funzione determinante, ma ha scelto volutamente di non vantare primogeniture. Sapremo fare tesoro anche di questa esperienza, sia in Consiglio Comunale che per le strade della città.
Secondo lei, la debolezza che il partito si porta dietro dal 2001, può essere un ostacolo rispetto al ruolo che i DS pretendono di avere, soprattutto per la questione del candidato sindaco?
Partiamo dal presupposto che i DS hanno vissuto coscientemente questo momento di difficoltà. Oggi la nostra forza non è tanto elettorale, quanto politica. Sono convinto che sia la parte riformista che radicale della coalizione siano consapevoli che il percorso avviato vada proseguito. Superando pregiudizi e tatticismi. Il problema è costruire una vera alternativa di governo e generare l'entusiasmo e la partecipazione necessari tra i cittadini. A partire dal fronte politico e sociale, costituito da partiti e associazioni, che in questi anni ha costruito un'opposizione di sostanza nella città.
Noi continueremo a giocare questo ruolo con la forza dei contenuti e con l'obiettivo di fare sintesi tra le idee.
Secondo lei la vittoria di Vendola a Molfetta è l'inizio di una svolta o no?
E' un segnale nitido del disagio dei cittadini. La gente non ne poteva più di Fitto, come di Tommaso Minervini e del senatore Azzollini. L'idea del “governo a rete” è definitivamente crollata e ritengo che il centro sinistra abbia il dovere di creare un'alternativa credibile all'attuale maggioranza. L'anno prossimo, con il candidato sindaco del centro sinistra ed un progetto maturo di partecipazione, questa prospettiva si potrà concretamente realizzare. Ora si lavorerà su questo, insieme.
Vito Piccininni