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Comunicazione nell'era digitale, il laboratorio diocesano a Molfetta in collaborazione con Avvenire
20 dicembre 2012

MOLFETTA - L'era digitale pone in essere la sfida di una radicale innovazione nel modo di informare, di comunicare e di lavorare. Nuovi linguaggi e nuovi sistemi di comunicazione influenzano sempre di più la società, i rapporti umani e le condizioni socio-economiche del mondo intero.

Di pari passo con l’evoluzione tecnologica, gli uffici diocesani Comunicazioni sociali e Pastorale scolastica, in collaborazione con il quotidiano Avvenire, hanno dato avvio a un laboratorio che ha l’obiettivo di aiutare a comprendere e governare il rapporto tra progresso mediatico e tradizione attraverso un’oculata riflessione e un serio discernimento sia in merito all’uso personale degli strumenti di comunicazione, sia sull’utilizzo che ne fa la stessa comunità ecclesiale.

 

Il progetto «Comunicare nell’era digitale col linguaggio giornalistico» punta anche alla qualificazione e al potenziamento dei giornali parrocchiali e diocesani con l’ausilio di nuove tecnologie, alla sperimentazione di un nuovo approccio ecclesiale e alla valorizzazione del linguaggio giornalistico.

Destinato agli animatori della comunicazione e della cultura, ai docenti di religione cattolica, ai redattori dei giornali diocesani (Luce e Vita, Luce e Vita Giovani) e parrocchiali e, infine, agli interessati ai temi della comunicazione (studenti delle superiori o universitari), il primo dei quattro laboratori è stato suddiviso in due appuntamenti tenuti dal dott. Fabio Ungaro, responsabile del Progetto Portaparola di Avvenire, nell'auditorium della parrocchia sant'Antachille (nella foto Luigi Sparapano,  direttore dell'Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi, e Ungaro).

 

Il primo, «Comunicazione e mondo cattolico, oggi», è stato un momento teorico di riflessione sull’emergenza educativa e sulla decadenza dei valori nella società odierna: oggi le virtù cristiane non sono negate, bensì rimosse, favorendo la diffusione di un’educazione alternativa dominata dalla preminenza dei new media.   

Dunque, i veri problemi risiedono nella mancanza di un codice culturale condiviso, nell’assenza di luoghi di senso e nella solitudine della figura dell’educatore che non ha più ricette per attrarre a sé i giovani, ormai pervasi dal fascino di cellulari ipertecnologici, videogiochi e computer che permettono a chiunque di connettersi con tutto il mondo attraverso un semplice collegamento internet.

Viviamo in una società di rapporti liquidi in cui le identità, i rapporti, le relazioni, come le merci, sono oggetti di consumo. Anche i sentimenti, le emozioni e le scelte di vita sono diventate reversibili, allontanando l’idea del “per sempre”. La gente, come ha spiegato il dott. Ungaro, «non ragiona più con la propria testa e non è nemmeno invitata a farlo»: il giudizio scaturisce dai parametri che la collettività fornisce, diventando permeabili e non più immuni dai messaggi provenienti dall’esterno.

Ma, al contrario, c’è chi sostiene che la capacità di discernimento e di riflessione si contrappone oggi all’idea che l’uomo possa essere continuamente bombardato da stimoli e input, assorbendoli in toto e senza rielaborarli.

Alla parte teorica non è mancata quella pratica in cui si sono affrontate tematiche inerenti la lettura e la scrittura di un giornale, dal carattere tipografico da utilizzare alla leggibilità del testo.

 

© Riproduzione riservata

 

 

Autore: Angelica Vecchio
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