Comparto B3, ex Palbertig invasione della fascia di rispetto cimiteriale?
A ridosso del cimitero con vista loculi. Anzi, sembra quasi che le palazzine in costruzione nel comparto B3 (area ex Palbertig Fonderie e Smalterie spa) si siano riversate nella fascia di rispetto cimiteriale (100m dalla muratura perimetrale). Non sarebbe forse opportuno da parte degli uffici comunali o dagli enti preposti eseguire dei controlli ad hoc? Secondo il Prgc, in questa fascia «è vietata la costruzione di residenza e la costruzione di edifici a qualsiasi altro scopo destinati» ed «è ammesso l’uso per parcheggi e per verde pubblico », perciò funzionali solo all’area cimiteriale e non al comparto (un’anomalia si riscontra nel Comparto 17 progettato dall’ing. Rocco Altomare, ex dirigente del Settore Territorio, perché alcune aree limitrofe, a servizio del comparto, sembrano collocate proprio nella fascia di rispetto). Sono, invece, ammessi manutenzione, restauro e ristrutturazione di edifici esistenti, senza aumento di volumetrie. Perché una trasformazione irreversibile del suolo potrebbe impedire l’ampliamento del cimitero. Nel caso in cui si accertasse un’invasione della fascia di rispetto cimiteriale, potrebbe trattarsi di un primo passo per la riduzione dell’area con un apposito procedimento comunale su parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, come previsto dall’art.338 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie? Anzi, non è forse in atto un’eventuale violazione, considerando che il comma 1 dell’art.338 vieta di costruire edifici entro i 200m dal perimetro del cimitero? Una variante non avrebbe potuto adeguare il Prgc a quel testo unico? Se fosse stato un “mero errore di calcolo”, bisognerebbe risalire al travagliato iter procedurale del Piano Urbanistico Esecutivo del Comparto B3, figlio radiato (e degenerato) del Comparto 17. LO STRALCIO DI PALBERTIG Classificata l’area come zona C (espansione) nel Piano del Comparto 17, la Palbertig ricorse nel 2005 al Tar per modificare la destinazione in zona B (completamento), come avvenuto per altri opifici industriali dismessi. Respinto il ricorso dell’azienda, il Tribunale invitò il Comune di Molfetta all’applicazione dell’art. 34 delle NTA del Prgc, secondo cui, oltre alle nuove costruzioni, sarebbe stato possibile prevedere interventi di conservazione e riqualificazione di eventuali preesistenze edilizie. Dopo l’appello dell’azienda al Consiglio di Stato, il Comune elaborò una variante al Comparto 17 con lo stralcio dell’area della Palbertig, i cui capannoni sarebbero poi stati demoliti per la costruzione di nuovi manufatti di pari volumetria (le palazzine programmate dal Comune furono state collocate altrove). Palese il pasticcio urbanistico-politico, ma fondamentale per fermare il ricorso legale dell’azienda, poi impegnatasi con un atto unilaterale d’obbligo a dismettere l’insediamento entro tre anni dall’approvazione definitiva da parte del Comune del progetto di conservazione o riqualificazione della zona (in caso d’inadempienza, sarebbe scattata una penale di 200mila euro). Qual è stato il destino ultimo dell’area stralciata? Potrebbero descriverlo i permessi di costruire rilasciati ai privati e l’assegnazione dei lotti edificabili in favore delle cooperative edilizie e delle imprese edili per l’edilizia convenzionata. CAMBIO DI DESTINAZIONE? Sul Comparto B3 di Palbertig si sarebbe dovuto eseguire un intervento mirato di ristrutturazione, riordino e completamento di tipo integrato urbanistico ed edilizio, attraverso piani di comparto o piani particolareggiati di ispirazione pubblica. La riqualificazione doveva tendere alla trasformazione a servizi del patrimonio esistente (archeologia industriale). Infatti, «nel caso di edifici produttivi dismessi esistenti è ammessa la riqualificazione al fine di una destinazione di uso collettivo con un incremento della superficie totale di piano pari al 30%, concedibile una sola volta». Se di scarso valore documentale, storico e ambientale, le strutture sarebbero state abbattute. Inoltre, «per gli immobili esistenti destinati agli usi incompatibili sono permessi soltanto i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria», in attesa della loro localizzazione. Invece, quell’archeologia industriale è oggi solo un cumulo di macerie e al suo posto si stanno costruendo nuove palazzine, come nel caso di Pansini Legnami o del Cementificio Gallo, abbattuto nel gennaio 2005 con una dichiarazione d’inizio attività tutta anomala e discutibile dopo un atto urgente del sindaco di centrodestra, Tommaso Minervini. Un protocollo d’intesa, stipulato tra amministrazione e proprietari, definiva la sistemazione della zona e la riqualificazione delle due ciminiere del Cementificio De Gennaro (oggi divenute albergo e sala congressi). Gli interessi politichesi e la speculazione urbanistico- finanziaria hanno affossato le disposizioni del piano regolatore e della normativa vigente in materia per il Comparto B3, schiacciando l’interesse pubblico? Sono stati rispettati gli standard urbanistici prefissati? Gli strumenti attuativi sono rivolti alla riqualificazione dell’ambiente urbano, attraverso la dotazione dei servizi e l’eventuale razionalizzazione dei sistemi e delle reti urbanizzate, come fissato dal Prgc? Per “mero errore” è stato sottratto terreno all’area di rispetto cimiteriale? Sarà stato un altro “mero errore” costruire delle palazzine proprio nell’area di una fonderia, se durante le fasi di cantieraggio sarebbero stati trovati sotto terra depositi di sostanze tossiche e inquinanti, non smaltiti con i dovuti procedimenti? Stesso “mero errore” l’aver abbattuto Torre Schirone, collocata proprio nell’area di Palbertig, perché ingombrante e di ostacolo alle palazzine? Le ruspe sono arrivate poco prima che fosse ultimata la procedura di riconoscimento come bene storico-artistico e apposto il vincolo dalla Sovrintendenza (era un manufatto di pregio per la sua storia e i suoi affreschi).
Autore: Marcello La Forgia