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Ciccille mèste pallòene
15 giugno 2011

Sono molti i personaggi che i nostri nonni ci hanno descritto durante la nostra infanzia. Parliamo di uno che sicuramente è emblematico nella storia e nel folklore locale: “Ciccille mèste pallòene” (all’anagrafe Francesco Panunzio). Era senza dubbio il migliore pirotecnico della provincia di Bari e tutti i comitati feste patronali se lo contendevano per allestire le luminarie, i “fuochi” e gli “spari” (artifi zi pirotecnici) nel paesi e nelle città entro e fuori la provincia. Aveva vinto molti concorsi in materia, con pergamene e medaglie d’oro, ed eccelleva soprattutto nel confezionare e lanciare i famosi “palloni”, le variopinte e multiformi mongolfi ere dalle forme estrose “che ondeggiavano paurosamente strappando brividi e successivi applausi da parte dei presenti” (Gerardo de Marco in “Acquerelli molfettesi”). Di qui il soprannome di “mèste pallòene” che tanto lo inorgogliva. Ebbe il merito anche di aver per primo organizzato a Molfetta una pubblica sala da ballo, con grammofono e qualche volta anche con una orchestrina rabberciata. E quando cessava la musica “mèste pallòene” in persona, dal suo banco cassa pronunciava sempre la stessa frase: “Altro giro, altra moneta”. Sistemò questa sala da ballo prima in un umido locale a piano terra di via Amente, in Molfetta vecchia, poi in un altro più grande in via Catecombe, nel rione “Camere Nuove”. Un antesignano dei moderni night club o per meglio dire “discoteche”, con la diff erenza che agiva solo il sabato sera, non oltre la mezzanotte e in questo locale era consentito solo vendere “gazzose” e per i più abbienti “aranciate, niente alcol, niente prostituzione e soprattutto, se “polverina” circolava, era solo quella dei residui del tabacco ricavato dalle “cicche” (mozziconi di sigarette) per confezionarne altre con carta velina. Naturalmente nessuno si sognava di portare addosso oggetti contundenti come il “temperino” (piccolo coltello) che in quel tempo serviva anche per tagliarsi le unghie, in quanto il gestore non faceva scrupoli a perquisire i clienti prima di farli entrare, dato i frequenti controlli, nella stessa serata, che i carabinieri facevano nel locale, pena la chiusura, la revoca dell’autorizzazione e l’arresto dei detentori e del proprietario. Quando aprì un suo cinema prima in un trappeto di via Crocifi sso (nel rione Annunziata) e poi in un locale magazzino di piazza sant’Angelo, fu il primo a portare a Molfetta il cinema sonoro: una meraviglia per quei tempi. Nei giorni di Natale organizzava una piccola orchestra ambulante con il compito di suonare, sotto le abitazioni predesignate la “Santa Allegrezza” (antico canto natalizio molfettese), facendo concludere la nenia con la frase “Ué la patròene, ué la patròene / ìesse u chénistre de re còese boene” che altro non erano che tarallucci, fi chi secchi e mandorle zuccherate e con qualche bicchierino di “rosolio”.

Autore: Cosmo Tridente
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