Cento anni dall'attentato di Sarajevo
La maggior parte dei giovani, alla fine del secolo, è cresciuta in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono. Questo fenomeno fa si che la presenza e l'attività degli storici, il cui compito è di ricordare ciò che gli altri dimenticano, siano ancor più essenziali alla fine del secondo millennio di quanto mai lo siano state nei secoli scorsi. [Il secolo breve, 1914-1991: l’era dei grandi cataclismi – Eric John Blair Hobsbawm]
La fortunata definizione del XX secolo ideata dallo storico britannico Eric J Hobsbawm, nasce da due grandi eventi: l’inizio delle guerre totali e la fine della c.d. guerra fredda. In virtù di tale scelta “il secolo breve” inizia il 28 Giugno 1914 con un assassinio e finisce il 28 Giugno 1991 con un discorso del presidente francese Mitterrand. Due date ed un solo luogo: Sarajevo. Sono passati cento anni dal tristemente noto tirannicidio operato dal giovane anarchico serbo Gavrilo Princip: durante la visita della città da parte dell’erede al trono dell’impero Austro – Ungarico egli vuotò il caricatore della propria pistola contro la coppia reale. Francesco Ferdinando d’Asburgo Este e sua moglie Sofia Chotek von Chotkowa morirono qualche minuto più tardi, durante gli inutili soccorsi. Gli storici moderni sono concordi nell’affermare che tale evento fu la miccia, cioè l’innesco per far esplodere la miscela di rivalità e di interessi politici ed economici che agitavano l’Europa da qualche decennio. Il pontefice massimo del tempo, Benedetto XV, chiamò quella che accadde in seguito “l’inutile strage”. Poiché tra la fine di Luglio e l’inizio di Agosto di cento anni fa milioni di uomini, donne ed armi furono mobilitati per combattere lungo i fronti di tutto il vecchio continente. Cominciò così la Prima Guerra Mondiale, che finì solo nel Novembre del 1918. Questa è la storia e molti si apprestano a ricordarla con cerimonie e convegni atti a commemorare il sacrificio dei nostri antenati. Esiste però anche la microstoria, quella fatta dai soldati semplici, dalle madri che pregavano per i propri figli, dai padri costretti ad abbandonare le famiglie, dai giovani deceduti al fronte. Molfetta, essendo in Puglia, sembrava lontana dal fronte italico concentrato tra Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Ma non fu così, la città subì tre attacchi militari nel corso della Grande Guerra che provocarono distruzione, morti e feriti anche tra la popolazione civile.
Dal 2011 le associazioni combattentistiche e d’arma operanti sul territorio molfettese si sono impegnate in un minuzioso lavoro di ricerca e raccolta del materiale riguardante la Grande Guerra (cui l’Italia prese parte dal maggio 1915); opera che ha già portato a raccontare la storia - spesso dimenticata - di alcuni nostri giovani concittadini (i capitani Carabellese, de Gennaro e de Candia ed i tenenti Marzocca e Magrone) e che proseguirà nei prossimi mesi, con convegni e mostre tematiche aperte gratuitamente al pubblico.
Il lavoro certosino di queste associazioni riceve ormai da tempo il riconoscimento ed il patrocinio di numerosi Enti, anche a livello nazionale, segno di una attenzione sempre più crescente per il loro operato ed attestato di stima e serietà per tutti coloro che, operandovi, contribuiscono a tenere sempre vivo ed attuale il valore della memoria, garantendo alle nuove generazioni (per dirla con le parole di Eric J Hobsbawm) quell’essenziale “rapporto organico con il passato storico del tempo in cui vivono”.
Autore: Le associazioni combattentistiche e d'arma