Cappella Passari e chiostro, restauri di pregio a San Bernardino
Un restauro di pregio, quello della Cappella Passari nella chiesa di san Bernardino. Edifi cata nella seconda metà del secolo XV, la cappella, oggi conosciuta come la cappella dell’Immacolata Concezione, fu completata nel 1645, come riporta l’iscrizione sull’altare e benedetta il 3 aprile dell’anno successivo. Un restauro necessario, viste le precarie condizioni del muro di appoggio dell’altare e lo stato di conservazione dello stesso, annerito dal tempo e dalla polvere. Impiegando i fondi stanziati dal Ministero nel 2007 (circa 40mila euro), i lavori sono stati avviati nell’ottobre del 2009 dall’impresa Nori Meo- Evoli di Monopoli, su richiesta della Sovrintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici di Bari. La ditta che si occupa dei lavori è la Maurizio Lorenzoni di Polignano. Rilevante è stato il supporto dell’ ing. Angelo Petruzzela, la cui consulenza è stata resa necessaria da alcuni problemi di carattere strutturale emersi nel corso dei lavori. Montata l’impalcatura, è apparso subito chiaro che l’altare esibiva un notevole problema statico. Un saggio ha evidenziato, infatti, che le travi di sostegno erano completamente ammalorate, ha spiegato a Quindici la dott.ssa Rosa Stella Lorusso direttore dei lavori e referente per Molfetta, pertanto è stato indispensabile lo smontaggio parziale dell’altare e il consolidamento della muratura. «Il cedimento della struttura è stata conseguenza di una scelta di montaggio già in origine un po’ sui generis», ha spiegato a Quindici la dott.ssa Meo Evoli. Normalmente, infatti, i blocchi di pietra erano inseriti nella muratura, invece per l’altare della cappella Passari, all’interno di lastre caratterizzate da tagli a coda di rondine, sono state inserite delle zanche che servivano a sostenere l’altare. «Un precario gioco di spinte e controspinte, quindi, reggeva in piedi l’altare». «Il cedimento della struttura è stata conseguenza di una scelta di montaggio già in origine un po’ sui generis», ha spiegato la dott.ssa Meo Evoli. Normalmente, infatti, i blocchi di pietra erano inseriti nella muratura, invece per l’altare della cappella Passari, all’interno di lastre caratterizzate da tagli a coda di rondine, sono state inserite delle zanche che servivano a sostenere l’altare. «Un precario gioco di spinte e controspinte, quindi, reggeva in piedi l’altare». Le vecchie strutture lignee sono state sostituite da architravi in acciaio inox a cui sono stati ancorati i blocchi scolpiti, precedentemente rimossi e consolidati. «L’altare, sin dal primo approccio, si è presentato come un oggetto fuori dalla norma - ha aggiunto - la materia stessa dell’altare è stata causa di molti dubbi. È stato sorprendente capire che nonostante il candore e la lavorazione si trattava di un altare in pietra e non in gesso». Analisi approfondite hanno inoltre dimostrato che materiali recuperati da chiese demolite in quel periodo a Molfetta o nei dintorni costituiscono la materia dell’altare, il cui stile è ancora oggi oggetto di studio. Con la rimodulazione della Legge fi nanziaria del 2005, ridefi nita da un Decreto ministeriale del 2010, è stato possibile fi - nanziare un secondo lotto (110mila euro), estendendo i lavori all’intera Cappella Passari e inserendo anche le lunette del chiostro. «Le lunette, ha spiegato la dott.ssa Meo Evoli, presentano due diversi livelli di dipinti, i più antichi sono quattrocenteschi, mentre gli ultimi sono fi rmati dal pittore Michelangelo Capotorti e datati al 1765 - ha specifi cato la dott.ssa Meo Evoli - entrambi gli intonaci sono costituiti da calce e paglia, materiale che se da un lato ha contribuito a renderli molto elastici e ad evitarne il crollo, dall’altro ha comportato diversi problemi». La paglia, infatti, contenendo tannini tende a scurirsi in fase di pulitura, ciò ha reso necessario l’utilizzo di consolidanti di superfi ci, in grado di isolare la paglia dalla calce e dal pigmento, per evitare, a contatto con l’acqua, la migrazione del tannino. I dipinti saranno oggetto di un restauro conservativo più che estetico che renderà comunque visibile i due livelli. Resta irrisolto, invece, a causa della mancanza di fondi, il problema dell’illuminazione. Sia l’illuminazione della cappella, che quella del chiostro, era costituita da un neon che, malamente inserito, copriva delle porzioni d’intonaco dipinto e causava un’illuminazione fredda e spettrale. Contemporaneamente sono intervenuti dei fondi nazionali anche per il restauro del coro ligneo, uno dei manufatti più preziosi all’interno della Chiesa, essendo uno dei più antichi di Puglia (secc. XV- XVI). Dopo un primo stallo, i lavori sono ripresi da poche settimane e lo smontaggio del coro permetterà il risanamento del pavimento e dei muri d’ambito.
Autore: Loredana Spadavecchia