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C'era una volta una Draga
15 ottobre 2011

C’era una volta, tanto tempo fa, nell’isola di Sandrea, un piccolo bambino dal nome di Azzardini che covava il sogno di sedere al trono della cittadina isolana, una lussuosa poltrona dalla quale avere potere sul giorno e sulla notte. Intuì che per raggiungere il suo scopo doveva accrescere le sue doti di astuzia, per questo in una notte di tempesta salutò la madre mentre dormiva e, armato di coppola, fagotto e barchetta, attraversò le acque di Sandrea alla ricerca del suo destino nelle Terre del Nord. Nel suo lungo cammino incontrò Sinistro, un mago alto e buono che di sinistro aveva solo il nome. Lui gli insegnò tante cose, i diritti e la giustizia per la libertà di tutti. Ma il piccolo Azzardini era un tipo molto irrequieto, e in un giorno di vento perse la sua inseparabile coppola, unico ricordo della terra natia. Girando in lungo e in largo ritrovò il suo copricapo in mano ad un omino cupo. Il bambino riconobbe in lui la figura del Grande Burloni, che di grande aveva solo la nefanda nomea di Mago Nero. In realtà era stato proprio Burloni a scatenare il vento in modo da attirare l’attenzione del sandreano nel quale aveva percepito una vena di malvagità e sete di potere, ben pensando di sfruttarlo come suddito. Così Azzardini, in cambio della coppola, cambiò fazione e si pose sotto la protezione del Grande Mago Nero, che gli promise averi e poteri e gli insegnò tanto: come raggirare il volere della gente, lanciare incantesimi persuasori e i tarocchi, l’arte di mischiare le carte. Azzardini cresceva e diventava sempre più astuto, alto e bello e le paesane del luogo rimanevano affascinate dall’aria simpaticona del ragazzo: così come lui cresceva, cresceva sempre più l’invidia del mago Burloni che per la sua statura non attirava il genere femminile, suo cruccio, nonostante la sua tenuta sul monte Alquore ne fosse piena seducendo le pulzelle grazie ai suoi sortilegi e poteri. Così un giorno Burloni, mentre Azzardini studiava la magia nera, gli inflisse una macumba: “Quanto sarai più cattivo, tanto le tue gambe saranno più corte!”. Il giovane Azzardini non si accorse dell’accaduto, perciò, invece di crescere, diventò sempre più basso come la sua dignità. Anni dopo, ormai uomo ed esperto ammaliatore di gente, si era creato già un bel podere sotto l’egida del Grande Mago Nero, diventato Imperatore delle Terre del Nord portando gelo e carestia. Così congedò il Mago col vivace desiderio di salire sulla poltrona della sua Sandrea, sogno che infiammava ancora il suo nero animo. Con la sua coppola e nella sua tunica nera sempre più lunga, poiché si accorciava sempre più, Azzardini fece ingresso trionfale nell’isola a bordo di una immensa dragonessa, una delle più grandi al mondo, con la quale aveva soggiogato già diversi mari: il suo nome era Draga. Fu facile per lui poggiare il suo sedere su quella lustre poltrona tanto agognata: la gente che lo spacciava per morto, inghiottito dalle acque di quella tempesta di tanti anni prima, l’aveva rivisto risorgere dalle acque sulla groppa di quel drago marino, dando voce a leggende e storie fantastiche che venivano dalle Terre del Nord. Il suo potere ormai era smisurato, spadroneggiava sull’isola, lasciava le sue carrozze dove voleva, anche di fronte alle porte delle case, facendo uscire i cittadini inermi dalle finestre. Per di più “faceva e sfaceva” coi soldi del tesoriere e i suoi leccapiedi erano i più agiati, gli era concesso trasformare stalle in uffici ed appartamenti e i campi coltivati in case e ville, tutto a discapito dei poveri cittadini ai quali era stata privata la voce con un incantesimo perché diventati troppo assordanti. Ciò che però terrorizzava la vita dei cittadini era proprio Draga, la dragonessa che era stata messa a guardia dei traffici commerciali marittimi e che avrebbe dovuto gonfiare le casse isolane chiedendo un pedaggio alle barche forestiere. Ma l’immensa bestia, che all’inizio era stata accolta con tanto di bambini festanti e bandierine, sempre più affamata e non saziata dalle navi trafficanti, si era riversata contro la popolazione. Così finivano nello stomaco di Draga intere famiglie già ridotte in carestia dai leccapiedi di Azzardini, i quali le avevano private della loro fonte di sostentamento. Inoltre continue scosse di terremoto scuotevano le fondamenta dell’isola: il mostro stava cercando di costruirsi un rifugio nelle rocce degli abissi limitrofi al porto dell’isola, abitati dalle creature marine del Regno di Hipposizione, ultimo avamposto libero dal potere del Grande Mago Nero poiché affiancato dal Mago buono Sinistro, l’unico in grado di affrontarlo e che si era opposto allo strapotere dell’Imperatore. Un bel giorno Azzardini ricevette, nella grande stanza del suo Palazzo, una delegazione di Hipposizione con a capo il buon Sinistro. Tra i due ci fu in uno scambio di cortesie, dovute da parte di Sinistro dal bel ricordo dei teneri momenti vissuti insieme anni prima, mentre dal tronista utilizzate per ingannare l’ospite, farselo amico e piegarlo alla sua volontà, fingendo di non sapere che Draga saccheggiava i loro territori in cerca di cibo e materiali per costruire la sua dimora marina nella calcarea roccia. Capito l’inganno, il mago buono tagliò corto e affermò che se Draga non avesse indietreggiato il suo popolo sarebbe stato costretto inevitabilmente a difendersi. Azzardini azzardò così un netto rifiuto “sciatavin!” e li cacciò nemmeno fossero giornalisti. Da quel giorno gli scossoni si fecero sempre più forti, vuoi perché la dimora della dragonessa si faceva sempre più profonda, creando venature nelle fragili rocce circostanti, vuoi per le incursioni in terra nemica della dragonessa che facevano detonare gli stessi ordigni esplosivi posti dal Mago Nero Burloni per difendere l’isola del suo caro servitore. Come andrà a finire?

Autore: Saverio Tavella
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