“Burqa Queen”, storia di donne coraggiose nel regime dei talebani
L’Associazione Molfettesi nel mondo presenta il libro della giornalista Barbara Schiavulli
Molto di più di commemorazioni, celebrazioni, réunion. C’è l’impegno di condividere esperienze, problematiche di chi, sacrificando affetti e pezzi di vita, dedica la propria, agli altri. La mission dell’Associazione Molfettesi nel Mondo è questa, e la dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, è la presentazione del libro “Burqa Queen”. Pare tutto possibile per Angela Amato, membro del Direttivo dell’Associazione, anche quella di far sì che la nostra città, ospiti una delle più attive inviate “di guerra”, Barbara Schiavulli, ma Angela Amato, nella introduzione alla serata, definisce Barbara Schiavulli, una donna libera, una professionista indipendente, parole che vanno oltre il la definizione di giornalista di guerra, appellativo troppo limitativo e vincolante. “Burqa Queen” arriva a Molfetta e la sua autrice, a suo agio tra amici, parla, a ruota libera della sua esperienza, dialogando con Giovanni Di Benedetto, giornalista di Telenorba. Un Paese evoluto, libero era l’Afghanistan prima del conflitto con la Russia, un Paese che ha cercato di opporsi alla supremazia russa grazie al supporto di altri Paesi. Tutto cambia nel 2009 quando il presidente americano Donald Trump, si accorge che la guerra costa troppo anche in termini di vite umane. I talebani prendono il potere, il presidente fugge nelle Emirati Arabi. I talebani firmano un accordo con gli Stati Uniti, accordo di cui si sa ben poco, accordo che prevede la riapertura dei confini ed il ritiro, entro settembre 2021 delle forze armate straniere. Si apre così il periodo più buio del Paese, persone che prendono d’assalto, ambasciate, aeroporti, poiché la salita al potere dei talebani porta alla perdita di diritti, soprattutto per le donne. La sconfitta più cocente è la totale perdita della speranza: donne costrette ad indossare il burqa, una prigione. Giovanni di Benedetto, manifesta un controsenso nel titolo e l’autrice, riconoscendone il paradosso, afferma che le donne afghane, pur essendo ristrette in una prigione chiamata burqa, conservano la maestosità di regine. Esempi sono le tre donne protagoniste delle storie di “Burqa Queen”, donne che vivono da prigioniere in un Paese che vede il 97% della popolazione vivere in povertà. Non ha filtri Barbara Schiavulli, non scrive per il mainstream, il suo è un lavoro “sul campo”, perché non è possibile raccontare quando si è comodamente alloggiati in una stanza d’albergo. Barbara è grata ai suoi fixer, giornalisti afghani che accompagnano i colleghi stranieri e li supportano nella ricerca di contatti, di informazioni, nelle traduzioni, persone che, con i compensi ricevuti, garantiscono il sostentamento alle famiglie. E’ un fiume in piena Barbara, perché al termine dell’incontro, ci piace chiamarla così. Una donna coraggiosa, una giornalista che denuncia e rischia per amore di una verità spesso taciuta. E il sindaco Tommaso Minervini condivide il pensiero espresso da Angela Amato circa il valore della valigia di cartone degli emigrati. Ci sono persone che non sono mai arrivate alla terra promessa, che non ce l’hanno fatta e che meritano di essere ricordate ma, purtroppo, non sappiamo i nomi e i loro destini perché persi negli infiniti abissi della disperazione. Il nostro dovere è portare avanti la memoria del loro sacrificio. © Riproduzione riservata