Buddha Passion, amore, perdono, sacrificio e salvezza
Buddha Passion è un’opera oratorio in sei atti del compositore cinese Tan Dun. In quanto oratorio, non prevede rappresentazione scenica e/o personaggi in costume, ma è eseguita in forma di concerto. L’importante première australiana ha veduto impegnati la prestigiosa Melbourne Symphony Orchestra, lo stesso Tan Dun nelle vesti di direttore d’orchestra (conductor), il soprano Lei Xu, il mezzo-soprano Huiling Zhu, il tenore gravinese Leonardo Gramegna, molfettese d’adozione, il bassobaritono Shenyang, i cantanti Tan Weiwei e Batubagen (quest’ultimo dalla Mongolia), la suonatrice di pipa Yining Chen. Nata in risposta alla Matthäuspassion di Johann Sebastian Bach, l’opera è frutto di una lunga gestazione, che ha veduto Tan Dun esplorare il microcosmo delle Grotte di Mogao, con i templi scavati nella roccia lungo la Via della Seta. Si tratta di un lavoro di grande interesse anche antropologico, che attinge agli archetipi del divino e dell’umano, alle immagini primordiali stratificate nell’inconscio collettivo e rivenienti in epoche e in culture diverse. A quest’istanza è riconducibile la capacità del compositore di innestare armonicamente nella linea musicale il suono delle pietre e la voce degli elementi, in una dimensione che rasenta la totalità dei cosmici accenti. Buddha passion è stata definita, come riportato da Limelight Magazine, un’opera “che parla d’amore, perdono, sacrificio e salvezza”, coniugando elementi della cultura buddhista con le tradizioni d’Oriente e Occidente. Filo conduttore la Compassione, intesa come saper cogliere le sofferenze dell’altro e farsene carico, in un movimento d’amore ch’è la più alta affermazione dell’umanesimo. Il primo atto vede la trasformazione del Piccolo Principe (Little Prince) in Buddha, grazie all’acquisita consapevolezza dell’Equality (Uguaglianza), che rassomiglia la vita d’un filo d’erba a quella del più grande degli uomini. Solo per effetto di tale coscienza questi ultimi “potranno amare ogni creatura e tutto verserà in una condizione di armonia”. Momento chiave è il secondo atto, in cui entra in gioco l’istanza della Compassione e veste le forme della Cerva dai Nove Colori, traendo ispirazione da un murale delle Mogao Caves. Pur sconsigliata dalle sorelle, la cerva salva the Drowning Man (l’Uomo che annega) e gli fa promettere che non rivelerà a nessuno il luogo in cui essa dimora. Ovviamente, al balenare della possibilità di ricevere dal Re una ricca somma di denaro, l’Uomo la tradirà, ma non godrà dei benefici del suo misfatto. Vittima del suo stesso Karma (il frutto delle azioni compiute da ogni vivente), morrà tra atroci spasimi. Molte le suggestioni evocate, dal topos dell’uomo salvato dalle acque (da Sargon a Mosé) al tradimento di Giuda, motore della fatale passione del Salvatore. Momento di grande intensità drammatica è quello in cui l’Uomo addita la cerva agli scherani del Re. Il terzo atto si basa sul sacrificio di Miaoshan, figlia dell’imperatore, che offre i suoi occhi e le sue braccia per salvare una donna agonizzante nell’atto del parto. La seconda parte dell’opera muove dal giardino Zen del quarto atto, per far rivivere, nel quinto, lo struggente incontro tra Kongxian e Nina, altro momento di condivisione con l’uomo che dona alla fragile creatura morente l’ultima goccia d’acqua che gli resta. Il sesto atto è dedicato all’entrata di Buddha nella condizione del Nirvana. Caratteristica strutturale dell’opera è la presenza di un corale a conclusione di ciascuno degli atti, a tratteggiare la storia di un’umanità in cammino, a volte lontana dalla redenzione, ma spesso anche pervasa da un moto avvolgente d’Amore che purifica. © Riproduzione riservata
Autore: Gianni Antonio Palumbo