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AUT. Il sogno di Peppino, in scena l'antimafi a di Impastato
15 dicembre 2011

«Se la mafi a è quella che è, se la mafi a vive sul sudore e sul lavoro dei cristiani io non ci sto». Questo il passaggio chiave dello spettacolo «AUT. Il sogno di Peppino», realizzato e interpretato dall’attore molfettese Giulio Bufo che, dopo Luigi Tenco, ha portato in scena un altro personaggio italiano dalla profonda caratura politica, sociale e militante, Peppino Impastato. Presente alla prima anche Giovanni Impastato, fratello di Peppino, che lo ha ricordato come grande comunicatore, militante politico e artista. «Peppino è chi ha voglia di cambiare lo stato di cose esistenti, di sentirsi cittadino del posto in cui vive e non semplicemente un suddito, di combattere e lottare, non essere trascinato dalla vita comune - il commento di Bufo a Quindici - lui ci ha provato, ma la sua scelta di andare contro il potere politico e mafi oso lo ha portato alla morte». Deciso l’attacco alla mafi a, soprattutto nella prima parte dello spettacolo, quando Bufo, con un’arancia in mano, descrive «mafi opoli» e i «maffi bianchi, rossi e neri», con un’irriverente carrellata di personaggi nazionali, siciliani e anche locali. Con alcune pennellate di ironia Bufo ha saputo coinvolgere anche il pubblico di uno stracolmo Auditorium Regina Pacis (Teatro dei Cipis). Straordinaria la rappresentazione della “vecchia” (la moglie di Cesare Manzella, zio di Peppino, ucciso con una giulietta al tritolo nel 1963), emblema di una mafi a in sintonia con il potere politico e religioso, con le sue ipocrisie e perbenismi. Accanto a Bufo, il musicista Federico Ancona (interprete di Fischietto), direttore artistico dello spazio sociale occupato Le Macerie - Baracche ribelli di Molfetta (sala prove), maestro di pianoforte, fl auto e composizione poprock. «Impastato è chi ha capito l’importanza della comunicazione nella lotta politica e la creazione di Radio Aut ne è un esempio », ha aggiunto Ancona a Quindici. Lo spettacolo, autofi nanziato e autorganizzato, riattualizza il «che fare?» ed il «come fare?» di Impastato, che aveva trovato nell’ironia e nella comunicazione mediatica due forti alleati prima di essere barbaramente assassinato dalla mafi a. Infatti, Bufo-Impastato respinge i partiti, perché democrazia clientelare («buoni pasto e benzina ») e capitale («gestione della cosa pubblica»), e la lotta armata, che farebbe rintanare il cittadino in casa. Qui si spezza il tono sostenuto dello spettacolo, per lasciare spazio alla descrizione di alcuni episodi della vita di Impastato. Un fl ashback che, dall’infanzia (la morte dello zio e la fi gura del padre) fi no alla militanza politica e alla creazione di Radio Aut, è segnato dalla frase «Amore non ne avremo». Sarà la radio la soluzione al «che fare?» e «come fare?» di Impastato. Così la scenografi a prende forma e i “pezzi”, che sembrano sporcare il palcoscenico (in realtà, la posizione di ogni oggetto ha un suo signifi cato scenico e concettuale, come in una grande scacchiera), si trasformano in una radio. È la seconda parte dello spettacolo, vissuta nel semibuio, quasi Bufo invitasse lo spettatore alla meditazione interiore (le quattro candele accese conferiscono intimità e profondità alle rifl essioni). È la radio la protagonista, perché «l’informazione crea coscienza », aiuta a non dimenticare, permette di «difendersi dal potere politico, mafi oso e religioso ». Fino a quando, sulle note di «Bang Bang», si consuma l’assassinio di Peppino (ucciso tra l’8 e il 9 maggio del 1978, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia). La radio si trasforma in bara (sarà proprio la comunicazione ironica a segnare la sorte di Impastato), con il ritorno della “vecchia” in scena che, posizionate 3 candele sulla radio-bara, schiaccerà l’arancia-mafi a.

Autore: Marcello la Forgia
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