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Auser Molfetta: Anziani e gioco d'azzardo, quando solitudine e tempo libero possono diventare un problema
25 giugno 2014

MOLFETTA - Anziani e gioco d’azzardo è un binomio sempre più spesso presente nel nostro Paese. È paradossale che a disposizione di ogni cittadino italiano ci siano più slot machine che letti in ospedale. Anche sul fenomeno della ludopatia che coinvolge in maniera sempre più allarmante le fasce più anziane della popolazione cittadina, l’Azione Cattolica della diocesi di Molfetta ha posto la sua attenzione.

Nell’ambito della campagna “La vita giocatevela bene!” per la diffusione di nuovi stili di vita e contro il gioco d’azzardo, ha organizzato presso il salone della Parrocchia San Pio X la tavola rotonda “Il gioco d’azzardo e la terza età. Quando la solitudine e il tempo libero possono diventare un problema” per discutere dell’influenza del gioco d’azzardo nella vita degli anziani. Sul tema è stata presentata da Sebastiano Gadaleta, presidente Auser Molfetta, l’indagine “Anziani e Azzardo” condotta da Gruppo Abele e l’Auser Nazionale in collaborazione con Libera. L’esplorazione riguardo il comportamento di gioco d’azzardo tra la popolazione degli over 65 ha coinvolto 15 regioni d’Italia (Abruzzo, Basilicata,Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Umbria, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto), raccogliendo un campione di mille persone cui è stato sottoposto un questionario con domande a risposta multipla.
È emerso che ad essere maggiormente colpite da questo dilagante fenomeno sociale sono le classi sociali più deboli, soprattutto i pensionati che hanno molto tempo libero a disposizione e soldi sicuri tanto da cedere sempre più spesso alla tentazione della giocata. Nello specifico la ricerca ha dimostrato che più della metà degli intervistati, nell’ultimo anno ha giocato almeno una volta e che il “Gratta e vinci” e le lotterie istantanee sono i più gettonati. Inoltre il 49,9% del campione preso in esame gioca in ricevitorie e bar principalmente per noia o solitudine, dopo aver sognato o perché indotti (rappresenta un invito a giocare, ad esempio, la presenza e la vendita di alcuni giochi persino in posta). Ma l’aspetto da tenere in stretta considerazione è che sul totale dei questionari compilati, il 16,4% è rappresentato da persone a rischio di ludopatia.
Si gioca, come ha sottolineato Angela Panunzio (referente assessorato alla Socialità del Comune di Molfetta), non tanto per l’aspettativa della vincita quanto per il piacere di compiere rutinariamente il gesto di puntare del denaro e nell’ebbrezza che ne può derivare (nella foto: Gadaleta, Panunzio, Binetti).
Per porre rimedio a questo fenomeno, come sottolineato da Marta Binetti (componente della Commissione Nazionale Adultissimi dell’Azione Cattolica) sarebbe opportuna un’adeguata formazione che fornisca gli strumenti per affrontare la vita nel migliore dei modi. È necessario comprendere che l’anziano non è un peso per la società ma, soprattutto per esigenze di vita moderna, diventa una grande risorsa. Di fatti sono sempre più i nonni oggi a prendersi cura dei nipotini oppure a svolgere azioni di catechesi all’interno delle parrocchie. A Padova, ad esempio, gli “adultissimi” sono stati coinvolti in un progetto che li vedeva protagonisti all’interno della Questura cittadina nel dare accoglienza agli immigrati e nel preparare loro o nel rinnovare il permesso di soggiorno.
Lavorare in rete e mettere in atto progetti di socialità e coinvolgimento non solo per gli anziani ma anche per la fascia più giovane della popolazione, potrebbe essere un ottimo antidoto utile a impegnare in modo proficuo il proprio tempo senza distrazioni e tentazioni di ogni sorta, gioco d’azzardo in primis.   

© Riproduzione riservata

Autore: Angelica Vecchio
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“Voglio vivere anch'io, e questo da giovane e non da vecchio quando sarò inutile a tutti e a me stesso, mi gitterò disperatamente nelle mani della fortuna, e se questa mi sarà contraria come non dubito, sarò un altro uomo perduto, e il milionesimo esempio della malvagità degli uomini. Aggiungete le infinite e micidiali malinconie inevitabili nel mio carattere e in una vita come quella ch'io son costretto a menare. Le quali mi rovinano la salute in modo che qualunque male mi sopravvenga una volta, non mi parte mai più, per la somma forza di un animo tutto angustiato e ristretto nella sua tristezza, sopra un corpo debolissimo e travagliato; al che ognun vede non potersi dare altro rimedio se non distrazioni potenti, e capaci di far contrarre allo spirito un'abitudine diversa dalla passata. Dirò in ultimo un'altra cosa. Io sono stato sempre spasimato della virtù: quello ch'io volea eseguire non era delitto: ma io sono capace anche della colpa. Si vergognino ch'io possa dire che la virtù m'è stata sempre inutile. Il calore e la forza de' miei sentimenti si poteano dirigere a bene, ma se vorranno rivolgergli, ml'otterranno. E' gran tempo ch'io so qual è la via d'esser meno infelice in questo mondo, e ne vedo gli esempi in questa stessa città. Non mi costringano a entrarvi. Non fo gran conto di me: pur mi parrà sempre formidabile chi avendo amata la virtù da che nacque, si consegna disperatamente alla colpa. I miei patimenti fisici giornalieri e incurabili sono arrivati con l'età ad un grado tale che non possono crescere: spero che superata finalmente la piccola resistenza che oppone loro il moribondo mio corpo, mi condurranno all'eterno riposo che invoco caldamente ogni giorno non per eroismo, ma per il rigore delle pene che provo”. (G. Leopardi)
Chi ci ha dato il sentimento del giusto e dell'ingiusto? Iddio, che ci ha forniti di un cervello e di un cuore. Ma quando la vostra ragione comincia ad avvertire che ci sono al mondo il vizio e la virtù? Nel tempo stesso in cui voi cominciate ad imparare che due e due fanno quattro. Non c'è conoscenza innata, per la stessa ragione per cui non c'è albero che esca di terra già fornito di foglie e di frutti. Nulla può considerarsi “innato”, vale a dire “non sviluppato”, ma è vero che Iddio ci ha fatto nascere con organi e facoltà le quali, man mano che si sviluppano, ci danno tutti i sentimenti indispensabili alla nostra specie per la conservazione di sé medesima. Si tratta soltanto di servirci della nostra ragione per discernere le sfumature di ciò che è bene e di ciò che non è bene. Il bene e il male sono spesso vicini, e le nostre passioni ne confondono i limiti: chi ci illuminerà? Noi stessi, quando siamo in tranquillità d'animo. Tutti quelli che hanno scritto sui nostri doveri hanno scritto bene in tutti i paesi del mondo, perché hanno ascoltato solo la ragione. E tutti hanno detto la stessa cosa: Socrate come Epicuro, Confucio come Cicerone, Antonino il pio, e Amurat II, hanno avuto tutti la stessa morale. Ripetiamolo ogni giorno a tutti gli uomini: “La morale è una sola, perché ci viene da Dio; i dogmi sono differenti, perché ci vengono da noi stessi”. Iddio ci aveva dato i mezzi per riconoscere il giusto e l'ingiusto anche nei tempi che precedettero il Cristianesimo. Iddio non è cambiato, e non può cambiare; e l'essenza del nostro animo, i nostri principi di ragione e di morale saranno eternamente gli stessi. A che giovano alla virtù quelle distinzioni teologiche, quei dogmi fondati su tali distinzioni, e quelle persecuzioni fondate sui dogmi? La natura, atterrita e inorridita alla vista di tutte queste barbare invenzioni, grida a tutti gli uomini: “Siate dei giusti, e non dei sofisticati persecutori”.



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