MOLFETTA - In data 16 febbraio 2011, la testata di Quindici on line, pubblicava un comunicato stampa dell’ASM – Molfetta titolando: “ASM Molfetta fa chiarezza dopo i tre arresti”. Questo comunicato aveva come obiettivo quello di offrire ai lettori, la versione ufficiale dell’Azienda sulla vicenda avvenuta in quei giorni, durante i quali 3 dipendenti dell’Azienda di nettezza urbana, erano stati arrestati. In questo per la verità molto stringato comunicato, era preannunciata per il giorno successivo (17 febbraio), la riunione del Consiglio di Amministrazione nel corso della quale si sarebbe dovuta valutare “… l’opportunità di assumere provvedimenti nei confronti delle persone coinvolte e per tutelare l’azienda.” Ad oggi, però, nessun altro comunicato da parte dell’Azienda è stato dato agli organi di stampa, e non si conosce quali siano stati gli esiti di tale riunione straordinaria e, soprattutto, quali siano stati i provvedimenti intrapresi dai vertici aziendali. Non solo, ma non si sa ancora se agli stessi dipendenti sia stata o meno revocata la misura cautelare degli arresti domiciliari. Nel comunicato stesso, inoltre, la ASM, affermava che “I vertici aziendali proseguiranno a monitorare con attenzione l’attività della azienda e a segnalare a chi di competenza eventuali, e non auspicabili, ulteriori condotte illecite".
Questa affermazione, suona alquanto strana, non si chiarisce bene chi sono i vertici aziendali che dovrebbero “monitorare con attenzione… segnalare… ulteriori condotte illecite” gli stessi che già nel mese di gennaio dell’anno 2007 hanno visto l’intervento delle forze dell’ordine che procedevano ad alcuni sequestri e contestazioni agli stessi, in flagranza di reato (il che sarebbe un vero paradosso!), oppure altri non meglio identificati, come è strana ad oggi, l’assenza di alcuna ulteriore comunicazione ufficiale, in esito alla riunione straordinaria del C.d.A., dalla stessa azienda anticipata su tutti gli organi di stampa locale.
Ma occorre a questo punto soffermarsi sui fatti del 2007, e dare al lettore un quadro il più possibile completo ma allo stesso tempo sintetico, anche per un’utile comprensione dello scenario complesso, che ha visto in ultimo l’arresto dei tre dipendenti.
Più nello specifico, in data 25/1/2007, i militari della Guardia di Finanza unitamente ad un ausiliario di polizia giudiziaria indicato dal PM dr. Michele RUGGIERO, si recavano presso la sede della A.S.M. di Molfetta, al fine di verificare correttezza e legittimità – alla luce della disciplina di settore (D.Lgs.152/06) – del complesso delle attività di gestione, raccolta, prima lavorazione e stoccaggio dei rifiuti, tenuto conto che presso detto impianto possono essere conferiti solo rifiuti non pericolosi, da sottoporre poi al trattamento di recupero autorizzato.
I militari, con l’ausilio del Dr. Laricchiuta, dopo un primo sopralluogo, presso l’area adiacente all’impianto di stoccaggio, sito nella zona artigianale, nei pressi della sede aziendale, procedevano ad effettuare il sequestro ex art. 354 c.p.p. di cassoni contenenti rifiuti speciali pericolosi, tenuto pure conto che lo stoccaggio avveniva in difformità con le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura dei rifiuti pericolosi nonché delle norme tecniche che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose (art. 193 co.3 D.Lgs. 152/06).
Le operazioni dei Finanzieri però, non si fermavano a questo riscontro, già di per sé grave ed in flagranza di reato, poiché tutto ci si aspetterebbe di trovare presso un impianto volto al recupero e al trattamento di materiali rivenienti dalla raccolta differenziata cittadina, fuorché rifiuti speciali pericolosi in ingente quantità.
Infatti, i finanzieri, sempre assistiti dall’ausiliario nominato dal PM, nel mutare scenario, recandosi località Coda di Volpe – agro Molfetta, in un’area di proprietà della A.S.M. – individuavano violazioni al D.Lgs 152/06, e procedevano al sequestro ex art.354 c.p.p. dell’intera area della A.S.M., molto vasta, pari a circa 40.000 Mq., per palese violazione delle norme di cui agli artt. 256 co. 1 lett. A) e b), dell’art. 117 co. 9 del D. lgs. 152/2006 e 674 c.p.
Presso la predetta area erano riscontrate violazioni di ordine penale, in ordine al deposito incontrollato, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, di rifiuti organici biodegradabili atti a provocare emissioni di gas e vapori no autorizzati e molesti.
Inoltre, qualora ancora non bastasse, i finanzieri sempre con la collaborazione dell’esperto, rilevarono ulteriori violazioni, e segnatamente: a) Non era stato rilasciato il C.P.I. (certificato prevenzione incendi) per l’impianto di erogazione carburante; b) Il quantitativo di materiale plastico in stoccaggio era superiore a quello autorizzato e posizionato in luogo diverso; c) Erano trattati ed immagazzinati rifiuti legnosi senza che questa tipologia di combustibile fosse stata inserita nel C.P.I e dunque nel carico di incendio.
Cosa molto interessante, i militari riscontravano tra il materiale plastico in stoccaggio una balla intera di lattine di petrolio per riscaldamento, imballaggi etichettati con simboli di pericolosità, che certamente nulla avevano a che vedere, con la bottiglietta vuota dell’acqua minerale recuperata grazie alle raccolte differenziate cittadine.
Scaturivano da questo intervento quindi, sequestri, e contestazioni in flagranza di reato. Ora, e a voler esemplificare al massimo, sarebbe curioso se (cito testualmente) a “… monitorare con attenzione l’attività della azienda e a segnalare a chi di competenza eventuali, e non auspicabili, ulteriori condotte illecite", fossero gli stessi incappati in simili svarioni (a voler essere magnanimi, ma in realtà condotte penalmente rilevanti la cui copiosa enucleazione è utile omettere per non annoiare il lettore), riscontrati in flagranza di reato e che hanno originato un procedimento penale, il n. 4653/06 partito su impulso del dott. Michele RUGGIERO, Sostituto Procuratore della Repubblica di Trani. Non sarebbe logico che a “monitorare”, fossero gli stessi già “monitorati”. Sarebbe un vero controsenso. Strano che il Sindaco e i sui Consiglieri di Amministrazione, non si siano mai accorti di nulla! O forse sì, magari correndo ai ripari, con conferimenti di incarichi molto onerosi per la collettività (per intendersi in ordine alle difese degli interessati dal procedimento, “i monitoratori”, o monitorati che dir si voglia) e forse in questo sta il segreto del segreto. Cosa che invece non avverrà per i tre gaglioffi del ferro! Anche quando la legge è uguale per tutti, la politica sa distinguere tra la violazione del pesce piccolo e quella del pesco grosso che, si sa, non viene quasi mai sospeso.
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