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Arte e artigianato nel centro storico
15 giugno 2011

Ancora una pregevole iniziativa, allestita allo scopo di promuovere la valorizzazione del centro storico, dei giovani talenti locali e dell’artigianato molfettese, ha veduto la luce grazie all’Associazione As.so. Arte e all’infaticabile opera dei suoi promotori, il presidente Michele Losito e Francesca Pappagallo. Lo “Spazio aperto all’arte” e la sede FIDAPA in via Termiti hanno ospitato i dipinti di Giuseppe Abbattista e le produzioni artigianali di sua zia Damiana, titolare di una bottega nel centro storico. Due modalità espressive estremamente diff erenti, dunque, ma accomunate da una considerevole energia creativa e da un raffi nato gusto della citazione. Apprezzabili le creazioni di Damiana Abbattista con la loro patina rétro e il buon gusto che le caratterizza. Pizzi, tovagliette, decorazioni di oggettistica catturano l’attenzione del visitatore, e ne stimolano la fantasia, raffi gurando mitiche creature alate, riproducendo particolari di dipinti michelangioleschi o magari i tratti della Sacra Sindone. Ci sembra doveroso, tra l’altro, segnalare la raffi natezza dell’artista nell’allestimento del suo spazio, dall’aura sognante e crepuscolare al contempo. Le opere di Giuseppe Abbattista sono state presentate da una madrina d’eccezione, l’artista Marisa Carabellese, che ha saputo cogliere, con la consueta lucidità, le linee guida dell’itinerarium artis del molfettese, recentemente reduce da un’altra personale, Involuzione. La Weltanschauung di Abbattista (laureato presso l’Accademia delle Belle Arti, allievo del pittore molfettese Lunanova) è caratterizzata dalla scarnifi cazione estrema della fi gura umana, in un ripercorrere a ritroso l’itinerario evolutivo darwiniano. Così gli individui, ‘ridotti ai minimi termini’ quando non addirittura pitecomorfi , sembrerebbero larve provenienti da un’altra dimensione. In altri momenti, paiono rivivere a tentoni le tappe della conquista della stazione eretta bipede. Anche quando lo sguardo dell’artista si posa sul maximum della beltà, il procedimento appare analogo... Ciò accade, ad esempio, in Citazione n. 2, dove si opera una postmoderna “riscrittura” della Nascita di Venere, capolavoro botticelliano. Abbattista astrae l’immagine della dea dal corteggio di Zefi ri e Ore, dal “nicchio” e dal paesaggio marino, per immergerla, senza volto, in uno sfondo oscuro e donare all’icona della muliebre bellezza una fi ammante coda, che la restituisce al ciclo fi logenetico cui si alludeva precedentemente. Gli echi del passato sono molteplici; in una fi gura ci sembra di ravvisare uno straniante omaggio ai nudi di donna sdraiata della tradizione pittorica europea, dalla Venere di Urbino alla Maya desnuda a Olympia. Il tutto in un trionfo di colori, in cui campeggiano il nero (infi nito possibile o solo il nulla?), il rosso animalesco di alcune sagome e delle code, il giallo “che reca l’impronta di una soff erta presenza umana oppure un ammasso caotico di energia vitale”. Nella consapevolezza che, anche nell’epoca che forse segnerà il culmine della parabola involutiva dell’arte e dell’uomo, la forza creativa che sprigiona da uno sguardo di artista potrà restituire senso e bellezza a un reale che vira inesorabilmente verso l’imbestiamento senza fi ne.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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