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Armatori da Pesca e Federpesca: no al fermo biologico nel 2017 La protesta causata da due anni di ritardo negli indennizzi
16 giugno 2017

MOLFETTA – La Giunta di Federpesca, riunita a Roma anche per affrontare le persistenti difficoltà del settore, ha assunto all’unanimità una posizione netta sulla prospettiva di realizzare anche quest’anno il fermo biologico, senza che siano state corrisposte alle imprese le indennità loro dovute per il fermo osservato obbligatoriamente negli anni 2015 e 2016.

«Un ritardo inaccettabile, frutto di impreparazione ed improvvisazione nel gestire un meccanismo, quello previsto dalle norme comunitarie sin dal 2014, che porta all’esasperazione le imprese destinatarie della misura» dichiara Luigi Giannini, presidente della Federazione, a margine della riunione. «L’interruzione prolungata dell’attività di pesca, imposta nello scorso biennio attraverso il fermo biologico ed il fermo tecnico, ha costretto le aziende a sopportare comunque i costi di armamento del peschereccio, anche in considerazione del ritardo e delle inefficienze derivate dalla corresponsione delle indennità di Cassa Integrazione per gli equipaggi»

Non quest’anno, sostiene con forza la Giunta di Federpesca: nessuno potrà impedire il disarmo generalizzato delle unità da pesca destinatarie della misura, se gli armatori non incasseranno prima le indennità attese da ben due anni. «Che ognuno si assuma le proprie responsabilità e faccia il proprio lavoro - continua Giannini, osservando che - le norme escludono l’impresa dal diritto all’indennità anche per un solo giorno di ritardo nel presentare la documentazione richiesta per l’ammissione all’indennità di fermo, ma poi l’Amministrazione si auto-concede due anni di “flessibilità” nel pagamento».

Sulla misura stessa, anticipata dalla Direzione Generale della Pesca in una recente riunione, molte sono le obiezioni provenute dalla Giunta di Federpesca: si continua a riproporre un fermo davvero poco utile, perché non ne sono chiari gli obiettivi di conservazione delle risorse ittiche e pure trascurato l’impatto commerciale sulle imprese di pesca. Una misura che il Ministero delle Politiche Agricole vorrebbe per di più indennizzare per 26 giornate, a fronte di un’interruzione di 90 giorni, includendo il fermo tecnico. Neanche chiaro, a tutt’oggi, il meccanismo di erogazione dell’indennità giornaliera prevista per gli equipaggi dalla norma introdotta per il 2017 dalla Legge di stabilità: 30 € lordi al giorno, senza una espressa previsione sugli oneri contributivi, senza un preciso meccanismo di erogazione.

Federpesca da sempre sostiene l’opportunità di una modulazione dello sforzo di pesca, anche per periodi più lunghi, ma che passi attraverso la chiusura generalizzata una adeguata fascia di rispetto dalla costa, quella maggiormente deputata alla riproduzione ed all’accrescimento di taglia delle specie ittiche. C’è però chi propende per un fermo sempre uguale a se stesso, che impegni risorse pubbliche teoricamente destinate al parziale ristoro di imprese e lavoratori, ma che si traducono in uno spreco per effetto dei ritardi e delle inefficienze registrate. Ciò anche in considerazione del fatto che molte aziende risulteranno comunque escluse per causa della penalizzazione derivante dal feroce sistema sanzionatorio in vigore.

«A questo punto, per gli imprenditori della pesca italiana, meglio lasciare i pescherecci in disarmo a banchina e andare in spiaggia, chiedendo magari ospitalità sotto l’ombrellone dei politici e degli amministratori che portano la responsabilità del settore» conclude amareggiato Giannini.

Le Associazioni Armatori da Pesca, e Federpesca Puglia condividono le proposte e i contenuti del messaggio dell’organo esecutivo di Federpesca e aggiungono «La misura dell’arresto temporaneo obbligatorio dell’attività di pesca è e deve continuare ad essere un pilastro della politica gestionale della pesca nel nostro Paese, ma le necessarie misure di contenimento dello sforzo di pesca, nel quadro di una indispensabile sostenibilità ambientale, non possono andar disgiunte dalle ugualmente necessarie misure socioeconomiche compensative in favore delle imprese di pesca e dei lavoratori della pesca. In un contesto di crisi ormai strutturale del settore, nei suoi diversi segmenti produttivi, la debolezza economica delle imprese di pesca non potrà sostenere l’impatto di ulteriori e pesanti misure di contenimento dello sforzo di pesca, senza una adeguata garanzia di altrettanto strutturali misure socio economiche compensative. condividendone pienamente contenuti e proposte, con preghiera della massima diffusione. La misura dell’arresto».

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