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Amministrative, il countdown è cominciato: quale politica per risanare Molfetta Speciale elezioni
15 maggio 2013

Ad oggi non ci sono né vincitori né vinti, ma qualcosa comincia a intravedersi. C’è chi gioisce comunque, chi gioisce un po’ meno, chi stappa champagne (pensando di avere la vittoria in tasca) e chi espone la bandiera. Chi vede solo i rischi e i lati negativi, chi invece si nutre di speranza. I sentimenti e le previsioni su questo finale di partita sono tanti ed è giusto che sia così, non si comanda al cuore e nemmeno alla ragione dopo tanti, troppi anni passati sotto una dittatura chiamata PdL berlusconiano. Mentre le bandiere sventolano dalle finestre dei vari partiti e gli “amici” del soggetto che in questi anni ha amministrato la città continuano a congratularsi come se appartenessero a un esercito vincitore, qualche altro partito locale ha contributo a far maturare l’assenza di grandi antiberlusconiani o (antiazzolliniani). La proposta lanciata da Paola Natalicchio, candidata del centrosinistra, può abbattere la satrapia azzolliniana. Per estirparne le radici non serve la frammentazione, ma l’unità d’intenti, proposte e nomi. Al di là della voglia di qualcuno di riconsegnare la città sul piatto d’argento al circo targato Azzollini, per ora nessuno sta uscendo vittorioso. Certamente non Antonio Azzollini, che ha lasciato Palazzo Città con un diktat pazzesco: il suo successore è Ninnì Camporeale, unico candidato su cui confluire. Il dittatore ferito continua a sentirsi il padrone delle regole che s’inventa di volta in volta per non perdere il potere. Quello che sembra certo è che la politica in senso generale, la politica nel senso “alto” che tutti vorremmo che avesse, esce perdente. La situazione locale certifica il fallimento totale della politica e dei politici di questi anni. Una politica frazionata e una politica incapace di essere all’altezza della sfida. Eppure, la sensazione è che all’interno dell’opposizione ci sia chi pensa di potersi attribuire il “merito” dell’addio di Azzollini. Non sono state le forze di opposizione, non è stata la società civile. Nessuno di questi da soli sono riusciti a sconfiggere il senatore e i suoi figlioletti. Ma certamente la politica porta la colpa maggiore per non aver saputo rappresentare anche agli occhi dei molfettesi l’alternativa pronta, unita, preparata, decisa. Unita e non divisa ancora fra maledette rivalità. La Natalicchio ha tentato in tutti i modi di riunire il centrosinistra e indirizzare l’azione politica comunitaria verso il bene della città, eliminando gli interessi personali e di partito. Basterà l’opera di risanamento della Natalicchio affinché la politica cominci a essere quell’insieme di persone competenti e oneste che lavorano per il bene di tutti, senza inseguire il miraggio di un potere che non deve appartenere a nessuno in quanto tale, strumento fine a se stesso? Basterà la Natalicchio perché la classe dirigente sappia aprirsi alle competenze e alle energie, non esclusivamente legate all’età anagrafica, che bussano alle porte che sono state chiuse? In troppi dimenticano che per guidare una città complessa come Molfetta serve avere le “palle quadrate”. Eppure, i politici e i vari candidati tralasciano tutto questo tendendo la mano all’immobilismo perenne. Questi soggetti sono invotabili. È inutile che i vari candidati sindaci si lamentano di aver vissuto negli anni azzolliniani una politica esautorata e accantonata. Tutte le forze politiche hanno fallito. Il loro compito era occuparsi della cosa pubblica, dei cittadini. E non l’hanno fatto, nemmeno in un momento in cui la crisi economica e finanziaria mondiale richiedeva un impegno e uno sforzo massimo. Nessuno è stato capace di dare risposte concrete. Se avessero fatto un qualsiasi altro lavoro, tutti questi signori sarebbero stati già da tempo licenziati. Ma dopo inviti a nozze e divorzi precoci (per matrimonio non consumato) la volontà di creare una coalizione di centrosinistra forte e compatta è andata a farsi friggere. Colpa, probabilmente, di dilettanti allo sbaraglio gettatisi in politica. Forse le sorprese arriveranno proprio in caso di un tanto eventuale ballottaggio. La “love-story” tra i vari candidati sindaci del centrosinistra, del Movimento Linea Diritta, di Rifondazione Comunista, dell’UdC, del M5S è realmente finita o è solo un matrimonio rinviato? È impensabile un loro dietrofront verso il PdL dopo la campagna elettorale impostata sull’antiazzollinismo. La stessa Natalicchio, liberata dalle camice di forza dei militanti (e militarizzanti) politici, aveva però lanciato in autonomia la proposta delle primarie: Maralfa e Gianni Porta si assumono così la responsabilità politica di aver rinnegato l’ultima ancora di salvezza per costruire una valida alternativa per la rinascita di Molfetta, per altro adducendo motivazioni molto frivole, figlie di ragionamenti filosofici spuri che poco riflettono la realtà locale. Il PdL negli ultimi anni è stato la vera macchina di soldi e di voti. Seppur totalmente screditato sul piano personale e politico, dimostratosi incapace di governare, inseguito dai processi per i numerosi reati comuni di cui è accusato si è aggrappato al suo duce sempre e senza timori. Tanti voti li porta una cultura di individualismo menefreghista che si è consolidata negli ultimi 20 anni. Appare francamente disgustoso che le formazioni politiche incapaci di discostarsi dai loro più ristretti interessi di bottega sparino adesso su chi ha dovuto subire le loro scelte prendendo atto che nessuna coalizione di centrosinistra era possibile. Adesso tirano fuori lo sdegno, la sorpresa, il sarcasmo, lo scetticismo. Criticano altri, quando lo sdegno sono loro stessi. Siamo di fronte ad un puro gioco politico condotto da tutti, anche dagli ultimi arrivati, quelli che dovevano essere i “paladini” del cittadino e che si stanno rivelando dei furbi politicanti scaltri e cinici.

Autore: Andrea Saverio Teofrasto
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