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Amianto, questo sconosciuto
15 maggio 2005

E' dal '92 che lo Stato ha dichiarato guerra all'amianto, vietandone la produzione e l'impiego e, quindi, riconoscendone l'alto grado di pericolosità. La questione è nazionale, certo: i ritardi con cui gli organi competenti - Comuni, Asl, Regioni - hanno risposto o ancora aspettano di rispondere concretamente all'esigenza di censire e bonificare siti industriali ed edifici dall'amianto, è cosa che tocca tutto il Paese. Meno consolatorio è il fatto che la Puglia sia una delle regioni del tutto inadempienti in merito [dati da “Il tempo medico”, rivista del settore]. Ma per quali ragioni l'amianto è pericoloso? E' noto che con il nome “amianto” si è soliti designare un gruppo di minerali formato soprattutto da silicati di magnesio, dalla struttura filamentosa. Trattandosi di materiale facilmente lavorabile -perché in fibra- e costituendo un ottimo isolante, è stato per anni largamente impiegato per produrre manufatti e materiali altamente resistenti al calore e ad aggressivi chimici: l'eternit, per esempio, una sorta di cemento/amianto con cui si realizzavano lastre e soprattutto tubature assai adoperate nell'edilizia, o anche altri materiali ad elevato coefficiente di attrito per freni e frizioni di automobili. Dell'amianto ci si serviva nei processi di produzione più disparati: da quelli del vetro a quelli alimentari, dalla installazione dei condizionatori, alla costruzione di apparecchiature igienico-sanitarie, e persino alla sincronizzazione dei film. Tuttavia nell'ultimo decennio è emerso che l'amianto nuoce gravemente alla salute: in particolare a causare malattie respiratorie croniche, tumori ai polmoni - mesoteliomi e carcinomi polmonari - è l'inalazione di fibre di asbesto - cioè l'amianto a fibra più lunga - , dovuta all'alta sfaldabilità e friabilità di questo materiale, perciò facile a disperdersi nell'aria. I medici assicurano - per ora - che l'amianto è nocivo e cancerogeno solo se respirato: è per questo che a esserne vittime sono soprattutto quanti per anni hanno lavorato a contatto con questo materiale, all'interno di stabilimenti siderurgici soprattutto, e anzi danneggiati ne sono stati anche i loro familiari, inalando l'invisibile polvere di amianto, per le cause più fortuite. Il “tempo di latenza” delle malattie da amianto può coprire, del resto, anche decine di anni. La legislazione italiana dal '92 ad oggi e quella europea sin dall' '83 in merito alla “deamiantizzazione” è copiosa e affatto carente; e tuttavia ciò che manca sono gli strumenti, le competenze e naturalmente i mezzi finanziari necessari a elaborare piani di intervento adeguati di bonifica e smaltimento. Massimiliano Piscitelli massimliano.piscitelli@quindici-molfetta.it
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