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Allarme Reset, rischiano di uscire dal carcere molti imputati Le pene verrebbero ridotte del 50%
15 ottobre 2000

Allarme e angosciosa attesa in città per la notizia della possibilità che nel giudizio d'appello possa essere ridotta di circa il 50% la pena inflitta in primo grado ai 111 condannati nel maxiprocesso "Reset-Bancomat". Sembrerebbe impossibile, ma è proprio la legge a consentirlo e ora, dopo la trattativa instaurata nella scorsa udienza tra il sostituto procuratore generale e i difensori degli imputati, sta ai giudici della Corte d'Appello di Bari prendere una decisione. Il maxisconto nascerebbe dal cumulo di due istituti processuali: da una parte la richiesta di essere giudicati con rito abbreviato, che comporta una diminuzione della pena pari ad un terzo, dall'altra la possibilità del cosiddetto patteggiamento "anomalo", con cui gli imputati si dichiarano colpevoli rinunciando alle garanzie che la legge appresta loro nel dibattimento e beneficiano in tal modo di una ulteriore riduzione di pena. E' in virtù di queste procedure penalistiche che i 1.400 anni di reclusione, cui in totale sono stati condannati in primo grado gli imputati, potrebbero ridursi a 700 anni circa! C'era fiducia nei molfettesi da quando il blitz antidroga aveva condotto all'arresto di 116 narcotrafficanti, che avevano fatto di Molfetta il più grande "supermarket" del Mezzogiorno. Il metodo del "bancomat", con cui i tossicodipendenti avevano trafficato sostanze stupefacenti nella nostra città (si trattava di un foro praticato ad un edificio murato nel Centro Storico, in via Mammone) si era radicato da anni. L'organizzazione criminale aveva raggiunto un tale livello di perfezionamento che i clan non si ostacolavano tra loro, ma stringevano accordi di collaborazione spartendosi il territorio. Ci sono voluti molti mesi di indagini da parte dei Carabinieri di Bari e di Molfetta (al comando del cap. Di Tullio), strenuamente coordinate dal pubblico ministero antimafia Michele Emiliano, perché il traffico illecito fosse totalmente azzerato. Ed ora che questi criminali rischiano di cavarsela con poco, non può non avvertirsi un'ondata di delusione e turbamento. "La città sarebbe duramente colpita se la giustizia fallisse - ha commentato preoccupato l'ex sindaco Guglielmo Minervini -; abbiamo faticosamente innescato dei processi per risanare i quartieri che sono stati meta dei narcotrafficanti, ma gli equilibri sono ancora molto fragili e rischiano di spezzarsi se vi sarà questa nuova emergenza pubblica". Ed è vero che l'Amministrazione Minervini ha lavorato sodo per far sì che specie il Centro Storico non fosse più facile nascondiglio per i tossicodipendenti, trasformandolo in più occasioni nella culla di manifestazioni culturali di più o meno ampia portata. Non ha esitato a sottolineare questo impegno per la legalità neppure Giuseppe Lumia, presidente della commissione parlamentare antimafia, anch'egli fortemente deluso dalla possibilità del maxisconto. "Non credo sia giusto - ha dichiarato - ammettere sconti di pena anche per reati di associazione mafiosa ed equivalenti; i processi rapidi dovrebbero diventare prerogativa esclusiva per i reati comuni". Sarebbe dunque il sistema del cosiddetto "doppio binario" la via da percorrere per assicurare l'effettività della giustizia, vale a dire che la legge dovrebbe disciplinare procedimenti per i reati comuni a fronte di procedure speciali per reati come quello in questione. "Il governo ha già sottoposto all'esame del Senato un disegno di legge che modifichi in tal senso l'attuale disciplina, escludendo i mafiosi dall'accesso al rito abbreviato e allo sconto di pena che comporta"- ha concluso Lumia. Questo è un ottimo punto di partenza, ma considerando i tempi lunghi per approvazione, promulgazione ed entrata in vigore degli atti normativi, non c'è dubbio che, qualora la Corte d'Appello concedesse il doppio sconto, i criminali tornerebbero in libertà e grande sarebbe il rischio di una ricaduta nel reato. Già, perché chi si sentirebbe di affermare che in così poco tempo sia stato raggiunto lo scopo della rieducazione sociale dei condannati, che pure è funzione precipua della pena nel nostro ordinamento, riconosciuta e tutelata nella Costituzione? Molfetta, la cui Giunta Comunale si è costituita parte civile all'inizio del processo di primo grado, si ribella. Non è così che vuol veder ripagata la fiducia che aveva riposto nella giustizia. Sarà forse un ennesimo tradimento? E se così fosse, in che modo la nostra città potrà fronteggiare una simile emergenza, specie in questo momento di instabilità politica? Si teme, insomma, che la città torni ai tempi bui dello spaccio di droga, con un potenziale criminale maggiore a tutto danno delle nascenti attività economiche e del rilancio dell’edilizia, una volta avviato il Prg. Ai giudici l'ardua sentenza. A. R.
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