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Ada de Judicibus: nel cerchio del tuo specchio
15 dicembre 2011

L’Università Popolare è stata teatro di un delicato ed elegante incontro con l’autore. Protagonista della serata la poetessa molfettese Ada de Judicibus Lisena che, coadiuvata dalla grazia declamatoria di Lucia Amato, ha condotto per mano l’uditorio, col suo peculiare, pacato, fascino, in un bel percorso tra le pieghe della storia, puntellato da celebri fi gure femminili, rivisitate secondo un’angolazione inusuale. La scrittrice ha dichiarato di non perseguire l’intento di cimentarsi con una “poesia biografi ca”; le sue ariose variazioni storiche, infatti, sono dettate da un intenso moto empatico. Il critico letterario Sandro Gros- Pietro ha, infatti, evidenziato come il signifi cato più profondo di tali liriche sia dettato proprio dalla capacità di immedesimazione dell’autrice nelle dinamiche interiori delle donne cui dona voce. Attraverso la tecnica della “chiave a stella”, la De Judicibus Lisena riesce a riannodare il passato al presente. Sei i testi declamati. Il primo, Nel cerchio del tuo specchio, è stato ispirato da una visita al Museo di Villa Giulia. Molte le suggestioni richiamate dalla scrittrice: la libertà, quasi ai limiti del libertinaggio, della donna etrusca, tacciata dai Romani di eccessivo amore per il lusso; la civetteria che rivive nei campionari di unguenti e belletti; il fatto che la donna antica fosse sostanzialmente indifesa dinnanzi agli assalti della sofferenza fi sica. Anche su un momento lieto come quello del parto aleggiava lo spettro della morte per doglie, all’epoca più che comune. Nasce così l’immagine struggente della sorella etrusca, ad Ada accomunata dalla medesima tensione verso la bellezza e verso la vita. Lo sfuggente mistero dell’eternità (o del nulla) è adombrato nell’“ambiguo sorriso del tuo dio”; vana è l’interrogazione delle allodole, come per l’oraziana Leuconoe lo era il tentativo di conoscere il futuro. La conclusione raggiunge la Spannung estetico-emotiva: “Dove striscia la serpe / e il corvo fa il nido, / nella necropoli amara, / la tua tomba affrescata / invano imita la vita”. La De Judicibus si volge anche verso altri personaggi. Un’eccezione al maschile la scelta dell’imperatore fi losofo Marco Aurelio con cui la poetessa interloquisce, pregandolo di insegnarle l’arte del vivere, da lei non ancora appresa. Altre celebri e inusuali muse della scrittrice molfettese le imperatrici Livia, sposa di Augusto, tacitiana domui Caesarum noverca, e Julia Domna, della dinastia dei Severi. In entrambi i casi, alla poetessa non interessa ripercorrere le tappe di esistenze oscure, segnate da foschi intrighi e tragici eventi; la scrittura coglie la Drusilla in un momento di quiete nel suo orto-giardino personale, vero e proprio Eden agli occhi della De Judicibus. A emergere non è dunque la tessitrice di trame politiche, ma la donna che, nel suo hortus conclusus, dismesse le insegne della regalità, “segue giochi di farfalle / e spazia all’infi nito”. Poeticissima è poi la descrizione del mausoleo della Domna; Ada rimane attratta dall’incessante, avvolgente, moto dei gatti nei pressi della tomba che equivale all’irrompere, anche in quel “mistero di cavità” che è l’opera avvolgente dalla Morte, di un anelito alla vita, cui forse non è estraneo neppure lo spirito della madre di Geta e Caracalla. Conclude la serata la lettera di Eloisa ad Abelardo, che vive dell’arioso respiro della campagna di Troyes e del ricordo dell’amato che si fa “mare/assenza” nei pensieri della donna. E in queste fantasie, la storia non è più eco che si perde in lontananza, ma palpito esistenziale, “social catena”.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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