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A Padova ritratto di Enzo Mandruzzato opera di Marisa Carabellese
15 marzo 2013

Il 10 marzo 2013 è stato l’anniversario della scomparsa di Enzo Mandruzzato. Bolognese di nascita, ma padovano d’adozione, l’intellettuale ha declinato la propria instancabile attività in numerosi rivoli. Celebre saggista, è stato artefice di traduzioni di straordinaria bellezza, capaci di gareggiare con il modello classico di riferimento. Dalle odi e dagli epodi oraziani (efficacissima la sua versione della celeberrima ode I 11 a Leuconoe) alle tragedie eschilee ed euripidee, dai carmina catulliani e gli epigrammi di Marziale sino ai musicali Poemata del Pascoli, quella di Mandruzzato è poesia germinata da altra poesia. È stato, però, artefice anche di raccolte originali, tra le quali Ti perdono la morte e di tre romanzi, da Quinto non ammazzare a I demoni. Per una bibliografia del Mandruzzato e un ricordo dell’autore, rinviamo al numero 91 della rivista barese “La Vallisa”, in particolar modo al bell’articolo di Renato Greco, Gli amici se ne vanno. Proprio nello stesso numero della rivista barese era stato pubblicato un primo ritratto del Mandruzzato per opera della pittrice molfettese Marisa Carabellese. Avviata agli studi artistici dallo scultore Cozzoli, l’artista, a partire dal 1967, ha partecipato a numerose, e prestigiose, collettive e ha allestito numerose personali. Dalle collettive del Nouveau Salon di Parigi (1981) e dell’Artexpo di Los Angeles (1987) sino al Biaf ’90 di Barcellona nel 1990, la sua produzione ha un respiro internazionale. L’ultima personale realizzata a Molfetta, le Congetture sugli architetti contemporanei, è approdata nel 2009 alla Galleria L’Agostiniana di Roma. Figura a tutto tondo, la Carabellese è anche illustratrice (memorabili le sue interpretazioni dei miti classici nei Vortici di Scilla, con le traduzioni di Virgilio Lavore, oppure le sue illustrazioni per Le stelle pazze di Dino Claudio) e autrice di pregevoli racconti, spesso pubblicati dal nostro giornale. Marisa Carabellese ha intrecciato una lunga corrispondenza epistolare con Enzo Mandruzzato; ne è nata un’amicizia che ha percorso gli anni e indotto l’artista a realizzare ben due ritratti dello studioso. Un felice incontro di intelletti, entrambi pregni dell’amore per una classicità tutt’altro che asfitticamente imitata, ma costantemente reinventata, nella più vivida comprensione dell’universalità del suo sentire. Il ritratto pubblicato dalla Vallisa vede Mandruzzato dedito alla sua più quotidiana e frequente attività: la lettura. Gli occhiali inforcati, il viso contratto in una smorfia di concentrazione, quasi a voler suggere il senso dell’esistenza stessa. Sullo sfondo gli scaffali della sua biblioteca, che funge da scenario anche per il secondo ritratto, quello che qui riproduciamo. È importante precisare che il ritratto in questione sarà esposto presso la fondazione Mandruzzato di Padova, proprio perché in esso si coglie l’essenza dell’intellettuale. Inutile sottolineare come si tratti di un ulteriore, importante, riconoscimento al valore dell’artista molfettese, artefice di numerosi ritratti di importanti personalità letterarie, tra le quali Elena Bono. Mandruzzato è rappresentato in un tre quarti che lascia intravedere la sezione del viso lasciata in ombra. La lettura ha ceduto il posto alla meditazione. La canizie ne incornicia il volto rosato e contribuisce, in contrasto col vivo rosso del cardigan, ad accentuarne la gravitas. Sì, perché questa ci sembra la nota dominante, in felice osmosi con le qualità di quel mondo latino che lo scrittore amava. Una gravitas soffusa di quella malinconia di chi ben conosce le asperità dell’umana esistenza ed è capace di decrittare la realtà, effondendo in versi “il tesoro del cuore”, indicando ancora all’uomo le segrete vie della bellezza in un mondo che forse non è mai stato, ma di certo non è più, un “florido giardino”.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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