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A Isabella Nuovo il Premio di studio “Conversano – Maria Marangelli”
15 luglio 2005

Una commissione giudicatrice presieduta dal prof. Pina Belli D'Elia, docente di Storia dell'Arte presso l'Università degli Studi di Bari, e composta da illustri personalità della politica e della cultura (tra cui il prof. Angelo Massafra e il dott. Raffaele Nigro) ha assegnato al volume “Il mito del Gran Capitano. Consalvo di Cordova tra storia e parodia”, di Isabella Nuovo (Palomar, Bari 2003) la vittoria (sezione A – opere monografiche) del prestigioso Premio di Studio “Conversano – Maria Marangelli” (XIX edizione 2004). La professoressa Isabella Nuovo, molfettese, docente di Letteratura italiana del Rinascimento presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Bari, ha consacrato la sua attività di ricerca a tematiche di estremo fascino. Dal giardino all'oikonomìa al rigoglio umanistico-rinascimentale degli studi geografici, con l'anelito all'esplorazione di mondi sconosciuti. Dai moduli della storiografia quattrocentesca al mistero dell'Hypnerotomachia Poliphili, con le sue simbologie recondite, la controversia intorno all'autore e gli interessi antiquari come leitmotiv di un complesso itinerario iniziatico. “Il mito del Gran Capitano” punta l'obiettivo su Consalvo da Cordova. In uno scorcio d'inizio Cinquecento, in cui si assiste alla progressiva affermazione dei capitani d'esercito, spesso potenti al punto da adombrare la gloria dei sovrani, si consumano ascesa e decadenza del trionfatore della battaglia di Cerignola (28 aprile 1503), episodio decisivo nella guerra franco-spagnola per la riconquista del Regno di Napoli. L'analisi comparata dei testi di Paolo Giovio e del Cantalicio, nonché del volgarizzamento dell'opera di quest'ultimo da parte di un letterato cosentino, Sertorio Quattromani, consente alla Nuovo di delineare in nitido affresco un momento decisivo della storia d'Italia. Colpiscono l'estrema competenza nella trattazione di problematiche di strategia militare, come nella sezione sul reimpiego della cosiddetta 'testudo' o sul riuso dell'antica trincea romana congiuntamente alla 'distruttiva azione degli archibugieri', e l'acume con cui la studiosa disegna il profilo del Gran Capitano, stratega esperto, prudentemente immune da tensioni al vacuo eroismo fine a se stesso, ma anche cortigiano caro alla regina Isabella di Castiglia, non sprovveduto in materia di cerimonie e galanterie. La seconda sezione della monografia vive della bizzaria e degli 'umori bollenti e strani' di un letterato norcino, Giambattista Lalli. Autore di un''Eneide travestita' e di una curiosa parodia del Canzoniere di Petrarca, nella “Franceide” l'umbro estroso riconfigura, e dissacra, le ragioni della disfida di Barletta. In un sovvertimento dell'epos paludato che ammicca al Tassoni, i contendenti italici non paiono più animati dal desiderio di rivalersi del condottiero La Motte e dei suoi sberleffi e i protagonisti della competizione sono ridicolmente intenti a palleggiarsi l'origine della sifilide, battezzata 'mal francioso' dagli Italiani e dai Francesi 'mal napoletano'. Se Giunone e Venere sembrano in incipit ravvicinate a due massaie rissose, che si stracciano la cuffia 'e gli altri panni', il Gran Capitano 'ch'a' nemici tremar' fa le budella si configura, negli attimi di quiete dalla battaglia, quale soldataccio avvinazzato e frivolo, sebbene, tutto sommato, simpatico. Un'opera concepita con estremo rigore. Ricchissima la bibliografia, preziosissime le note. Talvolta esse sondano episodi a latere rispetto al filo conduttore della monografia, come quando, sulla scorta di una novella di Bandello, sorridiamo su Machiavelli sbeffeggiato da Giovanni delle Bande Nere per l'inconcludenza nello schierare le truppe. O su Petrarca, che la scherzosa rivisitazione del Grappa vuole contagiato dal 'mal francioso' per opera della Laura gentile. A dispetto dell'amor platonico... Gianni Antonio Palumbo gianni.palumbo@quindici-molfetta.it
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