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A Gerusalemme il Duomo gemello di Molfetta
15 novembre 2008

Odore di Gerusalemme, cantava Fabrizio De Andrè nel 1970, narrando la vita del Cristo filtrata dai Vangeli apocrifi, ed io giovanissimo e rapito da quei versi che parlavano di terre affascinanti e lontane con profumi e nenie a me allora sconosciute, non avrei mai pensato che un giorno quella meravigliosa città di confine fra il sacro (in arabo al-Quds, significa “la (città) santa”) e l'umano sarebbe stata per me una città conosciuta ed amata, visitata e descritta con foto, articoli saggi, studi. L'ultima volta che ho avuto la fortuna di visitarla, o di farmi rapire da lei, è stato nel maggio scorso, in compagnia di due uomini che hanno dedicato tutta la loro vita terrena alla Terra Santa. Il primo padre David Maria Jaeger ofm, mio Presidente pro tempore dello Europe - Near East Centre di cui sono Segretario Operativo, professore di diritto canonico presso l'Ateneo Pontificio “Antonianum”, membro del Venerabile Discretorio di Terra Santa, nonché capo della delegazione Vaticana per gli accordi con lo Stato d'Israele. Per me il carissimo “David”, Israeliano convertito al cristianesimo, sempre in volo dall'America all'Italia per ritornare alla sua Casa Nova in Terra Santa. Poi come secondo eccezionale compagno di viaggio sua Eminenza il Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo che fra le altre nomine dal 1990 è stato delegato Apostolico (rappresentante pontificio in assenza di relazioni diplomatiche) in Israele, artefice dell'Accordo Fondamentale del 1993. Pellegrino in Terra Santa sin dal 1967, subito dopo la Guerra dei sei giorni, ora fra gli altri incarichi, arciprete della Basilica romana di San Paolo fuori le Mura. Entrambi in quel periodo in Israele per l'ennesimo incontro con la delegazione dello stato Israeliano. I loro racconti mentre volavamo verso la nostra meta erano profondi, alternati, armoniosi come due musicisti che partecipano ad un duetto concertistico per un solo attentissimo ascoltatore. I loro reportage di vita vissuta, con gli occhi sognanti di chi, pur rischiando in tempi diversi dai nostri, non aveva rinunciato a visitare quelle terre, alla ricerca, non di speranze ma di certezze puntualmente trovate. David mi regala un ingresso alla città diverso, non da turista, ma da abitante di Gerusalemme. All'arrivo all'aeroporto internazionale Ben Gurion ci dirigiamo in taxi a Tel Aviv dove vive la sua amata sorella che dopo le presentazioni di rito e il consueto omaggio di un mazzo di fiori ci consegna sorridente la sua auto e con questa ci avviciniamo a Gerusalemme, normalmente, con le segnalazioni stradali di una qualsiasi città del mondo. Ma appena si scorgono le mura della città vecchia illuminate dal sole, si odono i profumi ed il vociare del mercato arabo e israeliano tutto cambia. La Città Santa ci prende l'anima e il corpo, come sempre e sempre un po' di più. Visitare la città vecchia divisa in quartiere ebraico, quartiere cristiano, quartiere armeno e quartiere arabo è come visitare un museo vivente. La pianta della città vecchia si rifà ancora al “cardus” romano, come la pianta della nostra città vecchia di Molfetta, gli stessi mattoni bianchi, assolati, le stesse curve, ma qui piene di profumi di incensi, di menta appena tagliata da gustare in un bicchiere di thè caldo, i mercati sempre aperti per turisti e non, i soldati israeliani che dirigono questa immensa marea umana invertendo di colpo i sensi di marcia e i tragitti permessi. Poi il cibo di strada, noi usiamo la “favetta” loro usano una pasta fatta con i ceci base di mille varianti, il loro splendido olio, il loro inebriante e inaspettatamente squisito vino (e ve lo dice chi ne produce di buono nel nostro salento) ottenuto miscelando il terreno fertile alla sabbia e al sole del deserto. Poi ci si mescola a tutti, l'ombelico del mondo come nel medio evo è ancor oggi, “Gerusalemme”. Pellegrini di tutta l'europa dell'est si incontrano a Gerusalemme, insieme agli europei, agli americani, agli africani, agli arabi, agli israeliani. Nessuno fa caso a tè ma tu fai caso a tutti e in poco tempo ti abitui e vai sicuro per i vicoli stretti o per le strade principali. Le letture del mio amico Franco Cardini, della giornalista Simonetta della Seta, di Davide Silvera, una delle migliori guide di Gerusalemme, ora sono realtà che vivo cibandomi degli stessi cibi, degli stessi dolci, respirando la stessa aria piena di incensi e spezie, puzza di mercato e profumo di pane venduto per strada, assieme alla carne, al pesce, alle sete, alle immagini Sacre, ai bambini che corrono fra le donne velate e affrettate per la spesa quotidiana. David che mi aspetta alla monumentale Porta di Damasco, ingresso principale della città Vecchia (già visitata con quella bellissima compagna di viaggi che è la mia amatissima moglie Chiara), serba per me un regalo atteso e allo stesso tempo insperato. Lo speciale permesso per passare la notte nella Basilica del Santo Sepolcro. Assisto, per la prima volta al rito di chiusura della porta del Santo Sepolcro restando dentro e non fuori con la ressa dei turisti che scattano foto al monumentale portone in legno. Allo sbattere del portone, mentre si serrano le antiche serrature, tutti i monaci francescani, greci, etiopi, armeni, si sciolgono in un sorriso, ora faccio parte di quel luogo Santo, il mio sudore si mescolerà per tutta una notte con i mille incensi di quella immensa Basilica che si sviluppa ora su tre livelli. Immensa, illuminata solo dalle candele e dalle scie degli incensi. Stendersi a pregare per ore dove, di giorno, la calca permette di sostare alcuni secondi, ascoltare il silenzio, di quel luogo, visitare la grotta sotterrane dove fu ritrovata la Vera Croce, le cappelle più nascoste che di notte hanno tutte le porte aperte, mentre di giorno sono sprangate. Poi di colpo alla mezzanotte tutte le campane interne suonano, si battono i legni sacri, gli incensieri pieni di sonagli rumorosi e gentili prendono a benedire tutta la Basilica e si susseguono sino all'alba i riti di tutti gli ordini presenti nel Sepolcro per rendere omaggio alla “Tomba Vuota” alla vittoria sulla morte, al Salvatore del mondo. Alle cinque del mattino, il guardiano arabo la cui famiglia da generazioni possiede le chiavi, riapre il portone a chi ha avuto la fortuna di passare la notte dentro e alle prime suore che accorrono alla prima funzione dei pellegrini. Dopo aver assistito alla prima messa nel Santo Sepolcro esco e dopo pochi passi sento, immancabile la sensazione di essere solo. Ora restituito al mondo mi sentivo solo. Dentro la Basilica enorme e vuota non lo si avverte mai. David me lo aveva detto, ma non gli avevo creduto, ora attraversando il mercato arabo deserto e con i negozi chiusi alle prime luci dell'alba, sorrido pensando che dovrò offrirgli un caffè mentre mi guarderà trionfante e felice. Passeggiando per le mura con Padre Michele Piccirillo ofm., il principale archeologo del- la Custodia di Terra Santa, mi spiega che le nostre processioni, non sono un retaggio della dominazione spagnola, ma sin nel primo medio evo si usava in Terra Santa fare delle processioni, anche con statue lignee “animate” per spiegare ai pellegrini che riuscivano ad arrivare sin qui cosa era successo in quei luoghi che stavano visitando ed ogni luogo aveva le sue statue. Oggi a malapena è permessa la Via Crucis senza statue ma con le croci di legno che vengono lasciate fuori dal Santo Sepolcro, per essere riusate il giorno dopo. Io gli parlo dell'uscita di Cristo Morto alle tre di notte con le luci delle candele e della luna, li sul porto della nostra città vecchia, di tutte le processioni della nostra Settimana Santa e lo vedo sognante, rapito pensare a come dovevano essere quei luoghi quando si vivevano lì quei momenti. Qui la messa in latino o le preghiere in latino sono una esigenza per permettere a tutti di capire e di capirsi. Poi entro nella chiesa gemella del nostro Duomo, chiesa crociata, Sant'Anna nei pressi della Piscina Probatica. Le imitationes ad vera similitudinem degli ipsissima loca o gli exemplum, sono le testimonianze di chi è riuscito a partire e a tornare e voleva far vedere a chi era rimasto ciò che c'era in Terra Santa. Il nostro porto, insenatura naturale presente nelle carte nautiche medioevali e nelle rotte per la Terra Santa, come buona parte dei porti pugliesi, il Duomo e Sant'Anna presso la Piscina Probatica, l'Ospedale dei Crociati, identico nelle sue mura interne, alle ancora esistenti “Stalle di Salomone”, il sepolcro di Cristo presso la Basilica della Madonna dei Martiri, con documenti che attestano che quelle pietre (62), portate dal pellegrino molfettese di Terra Santa, Francesco Lepore,( XV sec.) con cui è stato riprodotto minuziosamente il sepolcro in Gerusalemme, vengono dalla Gerusalemme medioevale, l'icona della “Madonna dei Martiri” la Vergine Maria con Gesù bambino in un dipinto su legno di cedro, di chiara scuola orientale, realizzato secondo la tipologia dell'Elousa, ovvero della “Madonna della tenerezza”(XIV sec.), le processioni, la forma della città vecchia, la stessa cristianità, primo ed unico legante, oggi come allora, dei paesi che si stringeranno per formare l'Europa. E mi chiedo se esiste veramente l'occidente o se noi siamo veramente “oriente” perché abbiamo sviluppato e fatto nostra una religione che è nata e si è diffusa da prima in oriente ed ora è pienamente la base del nostro modo di “essere”e di concepire leggi e schemi sociali. Per entrare in oriente oggi basta entrare in una chiesa qui da noi, mentre in buona parte del medio oriente oggi le poche chiese che resistono agli attacchi di fondamentalisti sono controllate dai militari. Quanti pensieri, mentre assonnato guardo Padre Pierbattista Pizzabballa ofm, attuale Custode di Terra Santa che mi appunta sul petto la Decorazione della Croce d'oro del Pellegrino, creata da S.S. Leone XIII, dicendomi:”ora che hai anche questa non possiamo darti altro, ma speriamo che tu continuerai a venire in questi luoghi ancora e con altri”. Il suo sorriso è sicuro e incontra il mio. Entrambi certi che chi è venuto, anche una sola volta, oggi come ieri, in questi luoghi vorrà tornarvi sempre. Unico viaggio, da cui, con la mente, con gli occhi, con gli odori, i sapori e i ricordi, non si torna, mai, indietro.
Autore: Girolamo A. G. Panunzio
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