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A Genova si voleva creare un clima di paura G8 TESTIMONIANZE: Un ragazzo molfettese racconta la sua esperienza
15 settembre 2001

C’erano anche tanti ragazzi molfettesi a Genova, durante i giorni in cui si svolgeva il summit degli otto paesi più industrializzati del mondo e parallelamente si snodavano per le vie della città le numerose manifestazioni di protesta del popolo anti G8. Dalla nostra città sono partiti ragazzi, e non solo, provenienti da esperienze e realtà diverse, uniti però dall’intento di dimostrare pacificamente il dissenso verso la politica neo liberista di cui il G8 è sicuramente l’emblema più significativo. Gennaro, volontario dell’associazione Duomo, che si occupa del doposcuola per i bambini del quartiere vecchio di Molfetta, ci ha raccontato l’esperienza vissuta personalmente a Genova. Perché hai deciso di partecipare alle manifestazioni contro il G8, com’è maturata in te questa scelta? “Non ho mai fatto politica sino all’anno scorso, non sono iscritto ad alcun partito ma, circa un anno fa ho iniziato a sentir parlare del movimento anti globalizzazione e del popolo di Seattle. Ho seguito con attenzione quanto successo a Praga, poi a Nizza e infine a Napoli. Mi sono reso conto che la protesta aveva temi ben fondati, precisi e soprattutto da me condivisi. Io considero la politica neo liberista attuata dai pochissimi potentati economici, di cui il G8 è il simbolo, una sorta di neo colonialismo. Questo, trovo, sia inaccettabile; non possiamo permettere che i principi della democrazia partecipata siano sacrificati in nome degli interessi, meramente economici, dei soli paesi più ricchi del mondo. Questo mio dissenso ho deciso di manifestarlo scendendo in piazza, Genova è stata l’occasione per farlo.” Cosa ti aspettavi di trovare a Genova, prima di partire? “Ero certo che avrei incontrato tanta altra gente che, come me, desiderava sfilare per le strade della città pacificamente, con cartelloni e striscioni. Avrei, soprattutto, voluto girare per le piazze tematiche che si sarebbero dovute tenere, partecipare ai dibattiti ed agli incontri di approfondimento. La mia idea era quella di conoscere le associazioni presenti alla manifestazione, di venire a contatto con la loro esperienza. Insomma mi aspettavo di vivere un’esperienza sicuramente positiva, qualcosa che avrei ricordato piacevolmente, pur conscio dei rischi che avrei potuto correre se ci fossero stati degli scontri”. Che cosa è successo a Genova, cosa hai visto? “L’idea che mi sono fatto è che a Genova si è cercato di evitare le libere manifestazioni, si è creato un clima di paura. La maggior parte di noi era occupata, soprattutto, a scappare per sfuggire a “situazioni calde”. Mi sono trovato letteralmente recluso nel mio spezzone di corteo, come molti altri, mi era impossibile spostarmi in altre zone della città, unirsi ad altri cortei era del tutto impossibile, la città era blindata, paralizzata…altro che libertà di manifestare! Non ho potuto vedere molto di ciò che accadeva oltre il mio spezzone di corteo, il 20 luglio ho partecipato al corteo dei disobbedienti, il 21 ero con i ragazzi di Rifondazione. Abbiamo evitato lo scontro riuscendoci quasi sempre. Dopo il corteo del 21, però, siamo dovuti tornare allo stadio Carlini, dove eravamo ospitati, per raggiungerlo abbiamo attraversato le montagne perché nel centro della città sembrava essersi scatenata una guerra civile”. C’è qualcosa che ti ha colpito particolarmente e che vuoi far sapere alla gente? “Mi ha colpito molto l’appoggio dei genovesi. Molti di loro hanno disobbedito alle ordinanze del sindaco mostrando le mutande stese ai balconi. Altri, durante le manifestazioni, ci hanno incoraggiati fornendoci cibo ed acqua, sentivo che gridavano i nostri slogan. Personalmente ho avuto netta l’impressione che fossero dalla nostra parte. E poi un’altra cosa: ho visto una banca, se non ricordo male una filiale della BNL, completamente rasa al suolo. Per farlo devono essere serviti come minimo 20-30 minuti, nessuno è intervenuto, i teppisti agivano indisturbati. Ho pensato che la cosa fosse davvero molto strana”. Che idea ti sei fatto sui cosiddetti black bloc? “Sicuramente si trattava di gente che non era a Genova per manifestare, non penso che avessero la minima idea di ciò che facevano o del significato di termini quali capitalismo o neo liberismo. Non ho condiviso il loro metodo di lotta, distruggevano tutto in pochi minuti, erano molto organizzati, agivano indisturbati, per questo credo che fra di loro ci fossero degli infiltrati, forse anche esponenti dell’estrema destra”. Dopo questa esperienza, cosa pensi del movimento anti global? Credi che saranno organizzate altre manifestazioni? “La riunione del G8 a Genova è stata per l’Italia il momento del battesimo di un grande movimento di opposizione, l’inizio di una corrente di pensiero realmente alternativa. Per quanto riguarda l’esito delle manifestazioni, spero che sia l’inizio di una grande partecipazione di massa; spero, soprattutto, che le violenze subite a Genova dalle forze dell’ordine, cioè da chi invece avrebbe dovuto garantire la sicurezza dei cortei e la libera manifestazione di pensiero, non siano un motivo di scoraggiamento, spero, ancora, che non ci si fermi proprio adesso, che si uniscano le risorse per dare consistenza e forza al movimento anti global. Per quanto mi riguarda, sono attualmente impegnato a dar vita, a Molfetta, al comitato per la creazione di Attac, una delle associazioni mondiali anti global che svolge azioni non violente con l’intento di ristabilire la giustizia economico-sociale nel mondo. La vera battaglia ormai si combatte non con la violenza ma con l’informazione che crea consapevolezza”.

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