“Voltagabbana? Ben vengano, siamo aperti alla società”
Intervista al vice sindaco e commissario politico di An, Mauro Magarelli
Nello scorso numero di QUINDICI abbiamo iniziato un viaggio fra le formazioni politiche di centro destra alla ricerca delle ragioni del loro successo elettorale. Questo mese abbiamo incontrato Mauro Magarelli, nella sua doppia veste di assessore al bilancio e vice sindaco e di commissario della locale sezione di An.
Commercialista e insegnante, 38 anni, militante dall’82 prima nel Msi e, dopo la svolta di Fiuggi, in Alleanza nazionale, al suo primo incarico amministrativo, dal 1999 svolge appunto a Molfetta la funzione di commissario in attesa della scelta del presidente della sezione cittadina.
Quella di commissario è una situazione straordinaria, quando si arriverà alla scelta di un vero e proprio presidente locale?
“Anche a livello provinciale c’è una situazione di commissariamento, l’incertezza generale ha determinato il congelamento del mio ruolo fino al congresso cittadino, previsto per il prossimo autunno. Si individuerà allora il nuovo presidente”.
Anche a Molfetta esiste la lotta interna fra le due “anime” (correnti) che fanno capo una a Tatarella-Marmo e l’altra a Amoruso-Silvestri? Qual è maggioritaria?
“Ci sono queste due componenti, oltre quella che fa capo all’assessore Tammacco che ha come riferimento regionale Attanasio. Ma non ci sono divisioni, andiamo d’accordo. La maggioranza è del gruppo Amoruso, in cui io mi riconosco”.
Quanti sono gli iscritti a Molfetta?
“Nell’anno 2000 abbiamo avuto 160 tesserati, anche senza allargare più di tanto la platea. Per il 2001 la campagna tesseramenti terminerà il 30 ottobre, ho già inviato un primo blocco di 60 nominativi, fra settembre e ottobre ne manderò degli altri. Spero di mantenere o addirittura di incrementare il numero dello scorso anno. Anche tenendo conto dell’apertura del partito alla società civile, a gruppi che portano nuove risorse umane”.
L’impressione dall’esterno è che, annusato il vento favorevole, in molti si siano affrettati a salire sul carro del vincitore. Prova ne è che alcuni degli eletti consiglieri non hanno una storia di militanza nel partito. Prendiamo l’assessore Tammacco o De Nicolò, transitato da molte formazioni.
“Tammacco si è avvicinato al partito dalla campagna regionale dello scorso anno, quando, assieme a Giancola, un altro dei neoeletti consiglieri comunali, è stato sostenitore del consigliere regionale Attanasio, entrambi hanno quindi già un anno di militanza alle spalle. De Nicolò, in effetti, è entrato a fra parte della nostra famiglia all’ultimo momento, ma doveva pur collocarsi nell’ambito di uno schieramento e si è sempre dichiarato vicino alle tesi del centro destra”.
Di centro destra? Ma se nel febbraio dello scorso anno entrava nei socialisti!
“E’ un passaggio che mi è sfuggito”.
Non vi imbarazza incoraggiare la pratica del trasformismo?
“Il nostro partito è aperto alla società civile, non ci possiamo chiudere. Siamo stati tacciati in passato proprio di fare le “analisi del sangue” a coloro che entravano nel partito, cosa mai vera. E’ chiaro che un partito più cresce, più diventa appetibile e più proseliti riesce a fare nell’ambito della società”.
Qual è la base sociale di Alleanza nazionale a Molfetta?
“Non esiste un gruppo sociale di riferimento. Anche nel fare la lista, io ed Enzo Tatulli che ha lavorato con me, ci siamo dati il criterio di rappresentare tutti gli strati della popolazione, tutte le categorie professionali, dall’imprenditore, all’insegnante, al professionista. Il successo elettorale è dovuto forse proprio alla qualità della lista, tutti hanno riconosciuto che quella di An fosse la migliore fra quelle in lizza”.
Aspirate ad essere gli eredi della Dc?
“No, noi siamo la destra e tutto ciò che ha a che fare col centro non ci riguarda”.
Ritiene ci siano altre ragioni al successo di An nelle ultime elezioni comunali?
“Penso che, oltre la lista che ha tirato per la qualità dei suoi componenti, ci siano stati degli episodi che hanno influenzato positivamente il risultato. La stessa presenza di Fini a Molfetta, un segnale importante per la città, oltre che i valori e il programma di Alleanza nazionale che hanno trovato consenso fra la gente comune, in fondo il nostro elettorato di base”.
Non vi creato qualche problema (soprattutto a lei da sempre militante di destra), dovervi riconoscere a livello locale in un sindaco che proprio di destra non può dirsi? Del resto anche la vostra base giovanile non ha nascosto l’imbarazzo e l’ostilità verso di lui, nel giornale di partito?
“Nessun problema. Sin dagli anni ’80 ho sempre guardato con ammirazione a Tommaso Minervini, pur appartenendo a forze diverse, per la sua competenza, per l’accuratezza con cui preparava i suoi interventi consiliari. Poi gli eventi sono cambiati e ci siamo trovati nella fase pre-elettorale a valutare l’opportunità di far nostro il suo progetto civico, che ha trovato pienamente concordi non solo la dirigenza del partito, ma anche la base. Lo abbiamo ritenuto all’altezza del ruolo che poi è andato a ricoprire e del resto il suo programma è un programma di destra, quindi gli elementi di convergenza c’erano”.
Eppure durante il suo comizio a Molfetta, durante la campagna elettorale, Fini ha tuonato contro i voltagabbana e voi gliene avevate messo uno accanto sul palco.
“Quella di Tommaso Minervini è semplicemente una storia diversa e del resto nel mio partito ci sono tanti casi di storie come la sua, persone che ricoprono attualmente incarichi importanti all’interno di An, anche ministri. Non si può essere riduttivi nelle valutazioni e quindi chiudersi. Se l’esperienza di Minervini in questo caso o di qualunque altra persona è tale da arricchire il partito, secondo me è da accogliere e da farne tesoro. Personalmente, nell’attuale ruolo di assessore al bilancio, sto imparando molto da lui”.
Qual è la sua valutazione della prima seduta di Consiglio comunale quella del 6 luglio?
“Sono rimasto molto deluso dall’atteggiamento della minoranza, che mi è sembrato solo strumentale. Spero che l’opposizione sia costruttiva e non denigratoria. Era la seduta di insediamento, è vero che all’ordine del giorno c’erano punti che poi non sono stati discussi, che il dibattito è stato affrettato, ma era stata programmata una manifestazione, il concerto verdiano, di cui la sinistra era stata informata. Dal momento che era la seduta di insediamento, bisognava rispettare le scelte che erano state prese dalla maggioranza. E’ stata una caduta di stile da parte dell’opposizione”.
Cosa c’è di vero nelle voci che avreste fatto fatica a riconoscervi nel nome di Pino Amato quale presidente del consiglio?
“Nulla, del resto la sua elezione con 21 voti sta a testimoniare che tutti i consiglieri di An lo hanno votato, non c’è stato nessun tentennamento su questa decisione, né valutazioni difformi da parte di chicchessia”.
Lella Salvemini