di Ignazio Pansini
Sulla storia del Seminario di Molfetta nella seconda metà dell’Ottocento e sulla figura di Giovanni Panunzio ha pubblicato numerosi lavori Giovanni De Gennaro. Conosciamo l’instancabile attività del grande educatore, volta alla istituzione di una scuola nella quale i fondamenti laici e civili del nuovo stato unitario si ponessero in continuità e non in rottura con i valori più autentici della morale cristiana.
Sappiamo anche dei turbinosi contrasti con il Seminario, del suo Convitto, del forzato trasferimento a Giovinazzo, del ritorno a Molfetta, del travagliato “pareggiamento”, infine dell’edificazione del Liceo Statale, che iniziò i corsi regolari esattamente un secolo fa, sotto la sua presidenza.
Come ben documenta De Gennaro, alla lunga diatriba non furono estranei, anzi ebbero gran parte, le coeve contrapposizioni politiche e partitiche che animarono Molfetta nell’ultimo quarto di secolo, fino alla Grande Guerra, rendendola una delle città più vive della provincia.
Panunzio non nascose le sue simpatie per il Partito Repubblicano, per i numi tutelari della democrazia pugliese, Bovio ed Imbriani, e non volle candidarsi nelle file del partito solo per non dovere abbandonare l’abito talare, cui, nonostante tutto, fu sempre e coerentemente fedele. Naturalmente dalla sua scuola e dai suoi docenti, sempre da lui accuratamente scelti, uscirono giovani profondamente segnati dall’impronta democratica e repubblicana. E come spesso accade, l’alunno prosegue lungo la strada indicatagli dal maestro, e raggiunge mete che il primo prevede, e forse condivide, ma che non può insegnargli. Molti di questi giovani si scontrarono subito a livello locale e nazionale con il socialismo, prima positivistico, poi più coerentemente marxistico. E’ una pagina splendida della storia politica e sociale della Nazione che sorprende, nei suoi momenti e protagonisti più lucidi, e nei temi dibattuti, per la sua attualità. In realtà, il sorgere dei grandi partiti della sinistra, socialista e poi comunista, sorretti anche da una complessa elaborazione teorica, relegarono il radicalismo repubblicano in posizioni sempre più minoritarie. Le polemiche ed i contrasti, vivissimi fino al primo dopoguerra, ammutoliti dal fascismo, riemersero nel secondo, quando il Movimento Azionista raccolse l’eredità più democraticamente avanzata del partito che era stato di Chiesa, Conti e Ghisleri. E proprio la progressiva evoluzione in senso riformista dei partiti di classe, rivalutò molte delle antiche istanze della democrazia non marxista: l’improponibilità in Italia della soluzione rivoluzionaria, la tutela delle autonomie e delle minoranze, il recupero delle classi medie. Ma la vittoria, se pure stentata e sempre pericolante della democrazia liberal-democratica, nell’attuale versione global-cibernetica, non autorizza l’indiscriminata e legalizzata criminalizzazione di chi tuttora ritiene irriducibile il contrasto tra capitale e democrazia, lo professa e lo manifesta nelle piazze della Repubblica ( vedi i recenti inauditi fatti di Napoli).
Ma qual’ era la vita nelle scuole dell’arcidiacono? Qual’ era l’argomento dei temi, quante le ore di lezione, quante quelle pomeridiane di studio? Come trascorrevano i convittori le ore di libertà? Avevano feste, ricorrenze, cerimonie di premiazione? Come ben sanno tutti gli studiosi che si occupano di storia della scuola da questa angolazione, i documenti non meramente amministrativi sono scarsi e lacunosi. Queste carte, di norma, non sono presso gli Archivi di Stato, giacciono erraticamente presso gli stessi Istituti scolastici o presso privati che hanno conservato le memorie dei loro avi.
Proprio queste ultime, rivenienti da un archivio privato molfettese, ci consentono di penetrare nel famoso convitto di Giovanni Panunzio e di avere un’ulteriore conferma di quanto la memorialistica di tanti ex alunni ci aveva fatto sospettare: lo straordinario carisma di questo sacerdote.
E’ il 24 giugno del 1890, giorno onomastico del Direttore. Da poco ha potuto riaprire il suo Convitto grazie ad un accordo tra l’Amministrazione comunale e il Vescovo: è un periodo tranquillo dopo tante burrasche, bisogna festeggiare degnamente. La Quarta Sezione Convittori ha il compito di addobbare con bandiere, stelle e propri cognomi una parete del portico.
Pubblichiamo il disegno preparatorio. Alle altre pareti vi sono numerosi festoni tricolori con i seguenti motti: “Libertà, Uguaglianza, Fratellanza”; “Amore, Libertà, Lavoro”; “Scienze, Lettere, Arti”; “Vivano le Illustrazioni Pugliesi: Panunzio e Bovio”; “Viva il Padre dei Giovani”. Al centro della parete più grande, una grande iscrizione: “La Quarta Sezione, riconoscente, devota al Direttore Giovanni Panunzio nel suo giorno onomastico”.
Nel pomeriggio il “Cavaliere e Direttore d’orchestra”, professor Francesco Peruzzi, porta i suoi musicanti nel Convitto e inizia il concerto con il seguente programma: “Marcia Militare, Dancing, Rataplan, Parisienne, Pezzo Sinfonico, Skating, Mazurka”. La festa si conclude così tra brindisi, musica, discorsi e battimani.
Concludo con il tributo di un grande discepolo al maestro. Giovanni Panunzio morì a 85 anni, il 22 novembre 1913. Sette giorni dopo un suo ex alunno, Piero Delfino Pesce, repubblicano di sinistra, perseguitato ed incarcerato dal fascismo, scriveva sul suo giornale, l’”Humanitas” di Bari, l’orazione funebre al maestro. Ecco le ultime formidabili parole: “Morì sulla breccia, insegnando. Aveva detto che voleva morire così, e il destino dovette obbedirgli. Egli, che aveva invidiata la sorte di un suo grande ammiratore, Matteo Renato Imbriani, fulminato mentre levava la sua voce di tribuno, fu più fortunato di lui, cui toccò una gran lunga agonia. Egli non vide il volto della più forte; egli ebbe la illusione di essere passato senza essere stato vinto. Dalla cattedra all’aldilà: dal rogo ove brucia eternamente il pensiero, al mondo ove il pensiero è fatto di luce pura. E così sia! O nelle assemblee di popolo, levando contro Verre e contro Seiano la parola flagellatrice, o tra il fumo sanguigno delle barricate rivendicando col diritto alla violenza i diritti contro la libertà, così sia dei suoi discepoli che meglio lo hanno compreso e che lo hanno più amato!”