“Il Consiglio comunale ha commesso una serie di errori”
Parla Mariano Caputo sull’incompatibilità tra consiglio comunale e Asi
Il consiglio comunale ha decretato l’incompatibilità fra la carica di consigliere comunale e quella di membro del consiglio di amministrazione dell’Asi per Mariano Caputo eletto nelle liste del Ppi, invitandolo a optare per una delle due cariche, penala decadenza dalla seconda. Sulla vicenda, che appare abbastanza complessa, con risvolti non solo giuridici, ma anche umani e morali, abbiamo sentito lo stesso consigliere Caputo, per dare ai lettori la possibilità di fare liberamente le proprie considerazioni su questo caso, che sta animando il dibattito politico- amministrativo.
Avvocato Caputo, in questa intricata vicenda, tra le altre cose, lei appare come colui che non vuol mollare le poltrone.
“Immagino che per molti è comodo e strumentale dipingermi in questo modo, ma le poltrone non c’entrano niente. Sono un avvocato e il rispetto della legge è il mio credo, che non baratterei per nessuna poltrona al mondo e chi mi conosce lo sa bene. Di fronte ad una questione di incompatibilità, avrei fatto le mie scelte nel ’98, ma l’incompatibilità non esisteva allora e non esiste oggi”.
Eppure c’è la delibera 65/98 che parla chiaro, in base alla quale il Consiglio comunale da deliberato la sua decadenza dall’Asi.
Quella delibera è stata fatta male perché non è conforme alle leggi che disciplinano i diritti soggettivi e quindi le incompatibilità, inoltre è incompleta perché parla genericamente di rappresentanti del Comune, senza specificare quali sono le nomine del Comune, cioè del sindaco, e quali quelle di competenza del Consiglio comunale, secondo quando prevede la legge. Perché se è considerata di nomina del sindaco, il Consiglio comunale non ha titolo a sancire la decadenza dall’Asi, se invece è considerata di nomina del Consiglio comunale l’incompatibilità non sussiste, perché nella logica della legislazione vigente, il rappresentante del Consiglio comunale non può che essere un consigliere comunale. Inoltre l’incompatibilità sussiste per le nomine in enti strumentali al Comune, per esempio le municipalizzate, ma non è il caso dell’Asi. Tutto ciò l’avevo fatto notare con una lettera al presidente del Consiglio comunale, Fiorentini e al segretario generale, Lentini, il quale per iscritto mi confermò la sussistenza del contrasto tra la delibera in oggetto e la legge.
Molti sostengono che la vicenda si sarebbe chiusa se lei avesse scelto, quando la questione è stata presentata nel Consiglio comunale.
“Sarebbe stato comodo anche per me, ma per motivazioni giuridiche ed etiche sono stato costretto a contestare la delibera del 65/98. Inoltre per coerenza avrei fatto un torto alla mia etica personale e professionale, perché ripeto, giuridicamente l’incompatibilità non esiste”.
Si, ma ci sono anche questioni di principio che non si possono ignorare.
“Guardi sulla questione morale non accetto insegnamenti da nessuno, specie da chi adegua i principi alle proprie esigenze politiche del momento. In scienza e in coscienza mi ritengo nel giusto e di aver scelto anche per senso di responsabilità verso la città”.
Si spieghi meglio.
“Se avessi ceduto alle pressioni superficiali di alcuni e quindi avessi preso atto della presunta incompatibilità, comunque avessi scelto, sia di rimanere in Consiglio comunale sia di optare per l’Asi, le conseguenze sarebbero state devastanti per la città. Perché in questo caso qualunque cittadino, e sono convinto che qualche consigliere comunale era già pronto a farlo, sarebbe stato in diritto di chiedere l’annullabilità di tutti gli atti sia del Consiglio comunale che dell’Asi dal ’98 ad oggi. Per non parlare poi della sciagurata eventualità per Molfetta di non avere un proprio esponente nel C.d.a. dell’Asi, proprio nel momento storico cruciale per lo sviluppo economico della città”.
Lei ha impugnato al Tar la delibera di decadenza dall’Asi. Un contenzioso legale è sempre un’incognita per tutti, non si poteva evitare di arrivare a tanto?
“Questa questione è stata affrontata e gestita male. In primo luogo dal presidente del Consiglio comunale che per 18 mesi non ha affrontato la questione da me sollevata, omettendo un atto dovuto. Poi dallo stesso Consiglio che pur chiedendomi, ai sensi della L. 241, controdeduzioni, a cui ho dato seguito depositando i pareri tecnici giuridici degli avv. De Marco e Dodaro, non ha preso posizione, limitandosi ad una semplice non condivisione dei pareri. Anche in questo caso il Consiglio comunale ha brillato per leggerezza, perché sempre per la L. 241, avrebbe dovuto chiedere il parere tecnico di un giurista terzo. Insomma, di fronte ad una serie di illegalità di metodo e di merito, non potevo fare altro che rivolgermi al giudice naturale: il Tribunale amministrativo regionale”.
Francesco del Rosso