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Zona artigianale, è industrializzazione selvaggia Casillo chiede decine di ettari a ridosso del Pulo e nessuno si oppone
15 ottobre 2003

Il 26 giugno scorso si approva in Consiglio Comunale la prima variante al Piano regolatore generale della città di Molfetta. Si prevede, così, l'ampliamento della zona artigianale per altri 70 ettari, altri 700mila mq, altri 70 campi di calcio. A est dell'attuale zona artigianale, a due passi dal Pulo. A giustificare l'operazione è la constatazione dell'esaurimento dell'area artigianale e della zona Asi previste nel piano regolatore appena approvato. Stando ai dati forniti dall'Ufficio tecnico, saremmo di fronte a ben 580 ettari (zona Pip + Asi) completamente saturi di aziende e lunghe liste di imprenditori pronti a insediarne di nuove. Com'era lecito aspettarsi, l'amministrazione comunale non ha fatto di meglio che stravolgere la pianificazione territoriale che la città si era data e andare ben oltre i limiti dello sviluppo che i pianificatori avevano posto alla sua espansione, cercando di conservare quei fragili equilibri fatti di rapporti, pesi e indici tra agro e edificato. La posta in gioco, evidentemente, è troppo alta per rispettare i sani principi dello sviluppo sostenibile sanciti dalla Carta di Aalborg, pur sottoscritta dal Comune di Molfetta nell'ormai lontano 1998. Il più recente protocollo d'intesa siglato tra il Comune e la Casillo Partecipazioni srl il 30 dicembre 2002, non dà proprio scampo. La possibilità offerta dall'imprenditore foggiano di realizzare a Molfetta una “piattaforma logistica mediterranea” è una vera tentazione, un vero regalo di Babbo Natale a cui non si può proprio dire di no. E il no non viene nemmeno dalle opposizioni. Al signor Casillo nessuno, proprio nessuno può dirgli di no. Peccato che a rovinare la festa ci siano cittadini e ambientalisti. Dure le osservazioni presentate dal Forum Agenda 21 della città di Molfetta e da Legambiente. “L'ampliamento della zona produttiva appare un atto dovuto e innescato dalle richieste di insediamento che pervengono allo Sportello Unico; tale approccio contrasta con i prìncipi di sostenibilità dello sviluppo – scrive il Forum Agenda 21 - che prescrivono l'esecuzione di presidi cautelativi dell'integrità delle risorse ambientali non rinnovabili, ivi compreso il territorio”. “Si chiede - continua il testo delle osservazioni - che preliminarmente al consumo di ulteriori porzioni di territorio rurale sia eseguita una verifica del carico massimo di insediamenti produttivi tollerabile dal territorio molfettese”. Ad oggi, ben l'11% dell'intero territorio comunale è occupato da insediamenti industriali e artigianali. Non è difficile prevedere che a colpi di varianti questa percentuale possa aumentare, e che, tra nuovi insediamenti produttivi, infrastrutture viarie, insediamenti turistici e residenziali si possa letteralmente consumare l'intero territorio rurale ancora intatto. E se il territorio si consuma, gli uliveti scompaiono (260mila sono, secondo Legambiente, gli alberi di olivo abbattuti per far fronte agli insediamenti industriali molfettesi), le costruzioni rurali vengono demolite o abbandonate a se stesse, i muretti a secco si distruggono, l'intero paesaggio rurale si trasforma e la nostra identità è smarrita per sempre. Per non parlare del territorio non direttamente coinvolto dai nuovi insediamenti. “In relazione alla contiguità con l'area archeologico-geologica del Pulo nonché alla prossimità con l'area protetta 'Torre Calderina' si evidenzia – scrive il Forum Agenda 21 -, come sia necessario verificare l'impatto sul profilo dell'orizzonte prodotto dai nuovi insediamenti produttivi al fine di accertare la compatibilità ambientale nonché l'esistenza e l'eventuale consistenza di effetti di decremento del valore percettivo dei beni tutelati dal Piano Paesistico regionale”. Chi mai potrà compensare il decremento della qualità ambientale e territoriale che potrebbe prodursi recando danno a beni così rilevanti nel disegno del territorio molfettese? Quanto influirà un simile intervento sul potenziale valore attrattivo di tipo turistico posseduto dalla dolina carsica e dalla costa di ponente? Difficile trovare risposte a queste domande negli atti ufficiali che accompagnano la variante, così come è difficile immaginare come, per l'ennesima volta, sia stato possibile pianificare un insediamento artigianale così cospicuo all'interno di una lama. “Gli elaborati grafici – scrive il locale circolo Legambiente - non riportano la presenza delle lame ricadenti nell'area interessata dall'intervento (come invece riportato nella relazione geologica allegata al Prg), né tanto meno, sono individuate le aree annesse e di pertinenza a tali sistemi tutelati inequivocabilmente dal Piano paesistico. Si chiede, pertanto, una accurata perimetrazione di tali ambiti e un adeguamento del progetto di variante che tuteli tali sistemi considerandoli invarianti strutturali del territorio”. A questo punto la parola torna al Consiglio Comunale, che entro la fine di ottobre dovrà discutere le osservazioni presentate dal Forum e dall'associazione ambientalista. Al Consiglio la facoltà di decidere se perseguire gli obiettivi sanciti dalla carta di Aalborg o quelli fissati dal protocollo con la Casillo Partecipazioni srl. Massimiliano Piscitelli
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